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Trading online: bisogna pagare tasse?

Quando si parla di trading online è naturale chiedersi quale metodologia d’investimento è la più adatta per non incappare in truffe, o domandarsi se è un momento propizio per iniziare ad investire online.

Dunque, prima di lanciarsi di colpo in un’attività del genere spinti dalla voglia di ottenere profitti, è sempre bene considerare l’altro aspetto: quello delle tasse da pagare allo stato.

Per maggiori info leggi Guidatradingonline

in modo da non essere impreparati sull’argomento e partire con la giusta consapevolezza.

Trading: quali tasse si pagano?

Prima di tutto, è bene confortare i traders che potrebbero spaventarsi col leggere “tasse” accanto a “trading online”. Rispetto a tutte le altre attività, si tratta di contributi abbastanza vantaggiosi.

Infatti, coloro che si sono già affermati nel settore, non riportano lamentele riguardo ai costi da dover affrontare, poiché viene esercitata una pressione fiscale minore piuttosto che sulle altre attività finanziarie.

In più, pratica trading mediante specifiche piattaforme non implica costi di gestione o tassazioni fisse da pagare con scadenze precise.

E, un ulteriore vantaggio, riguarda i piccoli traders indipendenti che vogliono accedere ai mercati finanziari solo per tentare di incrementare i propri risparmi: non bisogna possedere partita IVA o versare contributi all’INPS.

Imposte sul trading: come calcolarle

Com’è naturale che sia, solo coloro che ottengono una “plusvalenza”, cioè riescono ad ottenere ricavi concreti dalla propria attività di trading, allora dovranno pagare delle tasse.

Una volta che si è registrato un concreto incremento del proprio capitale, la cifra ottenuta sarà quella sulla base della quale si calcoleranno le imposte da pagare.

Al contrario, i traders che versano un deposito ma non riescono a raggiungere risultati positivi, dunque, non ottengono ricavi dalla propria attività, non dovranno pagare nulla. In tal caso, si parla di “minusvalenza”.

Analizzando meglio quest’ultimo concetto, i traders potrebbero scoprire ulteriori informazioni importanti e, per loro, anche vantaggiose.

Come sfruttare le minusvalenze?

Quando, a fine anno, bisogna fare la dichiarazione dei redditi, è necessario menzionare sia una chiusura con plusvalenza che con minusvalenza.

Se si dichiara una minusvalenza, cioè l’anno precedente è stato chiuso in negativo, sarà possibile sottrarla dalle plusvalenze ottenute successivamente.

Per esser più chiari, è possibile sottrarre la minusvalenza precedente dalla plusvalenza, dunque una chiusura positiva dell’anno successivo, in modo da far bilanciare i conti.

Per i principianti, è bene essere al corrente del discorso che riguarda le minusvalenze registrate negli anni precedenti (fino a 5), poiché potrebbero avvalersi di tale espediente per pagare meno tasse.

Quali broker scegliere?

Anche se è uno degli aspetti più sottovalutati nel mondo del trading online, i traders più attenti potrebbero servirsi di questa lista di broker, così da esser certi di avvalersi di professionisti che, annualmente preparano un resoconto con i risultati ottenuti dai loro clienti.

Tutto ciò è utile per aiutare il trader ad elaborare una precisa dichiarazione dei redditi. Si tratta esclusivamente di broker autorizzati ad operare a livello Europeo, grazie alla supervisione di specifici organi che ne controllano il funzionamento al fine di tutelare l’interesse dei traders stessi.

Tra i broker più apprezzati, è possibile menzionare:

  • Investous;
  • eToro;
  • Trade.com;
  • Plus500.

Sono state menzionate tali piattaforme perché appaiono efficienti e funzionali da un punto di vista di trading, ma trasparenti in termini fiscali, così da soddisfare a pieno le esigenze di un trader che ha intenzione di operare in maniera chiara e registrare i propri risultati, a prescindere che siano positivi o negativi.

Trading online: come si pagano le tasse?

Il processo di pagamento delle tasse può essere anche preoccupazione del broker, nel momento in cui si decida di fare del trading amministrativo. In questo caso, il broker inizierà a preoccuparsi personalmente della situazione fiscale dei propri utenti.

Il broker sarà visto come un “sostituto d’imposta”, poiché autorizzato a fornire direttamente i soldi allo stato e, a sua volta, il cliente non avrà più responsabilità al riguardo.

Esiste una seconda modalità: il broker non si farà carico della situazione fiscale del cliente, e, di conseguenza sarà lo stesso cliente a provvedere al pagamento delle proprie tasse.

Si consiglia se si è poco pratici nel settore, di recarsi direttamente da un commercialista, in modo da ottenere le direttive necessarie per non incappare in errori del genere.

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