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Regolamento Ue su imballaggi. Greenpeace: «Sulla plastica nessun approccio ideologico e di retroguardia, l’Ue segua la scienza al contrario dell’Italia»

La bozza di regolamento europeo sui rifiuti da imballaggio circolata nelle scorse settimane ha scatenato molte critiche da parte dell’industria italiana, delle filiere del riciclo nazionali e del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica On. Gilberto Pichetto Fratin. In attesa di visionare il testo finale, la cui pubblicazione è attesa per domani, Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace, dichiara:

«Ci auguriamo che l’Europa abbia l’ambizione di tradurre in atti concreti i principi contenuti nelle varie direttive comunitarie approvate negli anni scorsi, introducendo finalmente obiettivi ambiziosi e vincolanti volti a prevenire la produzione di rifiuti e che favoriscano il ricorso crescente a imballaggi riutilizzabili. Si tratta delle direttrici da seguire per realizzare una vera economia circolare e ridurre drasticamente la nostra dipendenza dalle materie prime e dagli idrocarburi come gas e petrolio da cui si produce la plastica».

Stando ai dati più recenti diffusi da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), solo la metà degli imballaggi in plastica immessi al consumo nel nostro Paese trova una nuova vita in prodotti riciclati. L’altra metà finisce bruciata negli inceneritori, smaltita in discarica o dispersa nell’ambiente. Numeri che testimoniano come siamo ancora lontani da una vera circolarità nel settore. Oltre ad aggravare la contaminazione ambientale queste inefficienze si traducono in un aggravio di costi a carico della collettività. Ammonta infatti a 760 milioni di euro il contributo italiano alla plastic tax europea, una misura nata per incentivare il riciclo a scapito delle frazioni non riciclabili. Proprio sulla quantità di imballaggi in plastica non riciclate viene calcolato il contributo di ogni Stato membro dell’Unione e che, in Italia, doveva essere coperto almeno in parte dalla plastic tax nazionale (recentemente rinviata dal governo).

In merito alla proposta di regolamento, nelle scorse settimane in Italia si è scatenato un acceso dibattito che vedeva contrapposti riuso e riciclo. Secondo Greenpeace si tratta di una narrazione fuorviante, visto che riciclo e riuso sono azioni sinergiche e non antitetiche come il Ministro Pichetto Fratin e l’industria hanno fatto credere. Se dovesse essere inserito nella proposta europea l’obbligo di utilizzare packaging fabbricato con plastica riciclata, è necessario sviluppare filiere di riciclo altamente performanti basate su sistemi di raccolta efficienti come, ad esempio, il deposito su cauzione o DRS per i contenitori per bevande. Riguardo il riuso invece, secondo i dati evidenziati dal recente lavoro delle Nazioni Unite, nell’ambito della “Life Cycle Initiative” – in cui è stata condotta un’ampia revisione dei principali studi basati sulla metodologia LCA (Life Cycle Assessment) presenti nella letteratura scientifica internazionale – i benefici ambientali dei prodotti riutilizzabili (inclusi gli imballaggi) sono notevoli rispetto al monouso, indipendentemente dal tipo di materiale. Tant’è che numerosi stati europei (ad esempio Austria, Francia, Portogallo) e alcune multinazionali (ad esempio Coca Cola) hanno già scelto di ricorrere a quantità crescenti di contenitori riutilizzabili negli anni a venire.

«Il nostro governo e il Ministro Pichetto Fratin, anziché lanciarsi in battaglie ideologiche di retroguardia e prive di fondamento scientifico, cambino approccio seguendo la scienza. Solo così riusciranno a traghettare il settore della plastica monouso verso un futuro a minore impatto ambientale» continua Ungherese. «Se proseguiranno gli attuali orientamenti dell’esecutivo, già tradotti in atti concreti col recente rinvio della plastic tax, il nostro Paese volterà le spalle al mare e all’ambiente, continuando a dare nuova linfa a un settore inquinante ancorato su logiche produttive che appartengono al passato. Una situazione ancora più paradossale quella italiana visto che, proprio in queste ore, in Uruguay si discute del Trattato globale per porre fine all’inquinamento da plastica e su cui l’Italia non ha ancora espresso una posizione» conclude Ungherese.

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