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Ponte Morandi: tutto era prevedibile e nulla si è fatto

Il ponte aveva manifestato problemi già un anno dopo la costruzione quando lo stesso Ing. Morandi si accorse che i cedimenti erano superiori al previsto

GENOVA – Soccorsi sospesi nell’area della tragedia di Ponte Morandi. Ormai da circa un’ora le operazioni di scavo e ricerca sono state interrotte per il pericolo di crollo una parte del pilone autostradale rimasta pericolante, nella zona di via Campi. Sono in corso le verifiche di stabilità da parte dei vigili del fuoco.

Il pilone rimasto in piedi dopo il crollo della campata centrale del ponte preoccupa i residenti dell’area urbana sottostante che temono possa crollare.

Intanto sono due le inchieste aperte sulla tragedia di ieri: una  della Procura di Genova, che indaga per disastro colposo e omicidio plurimo, l’altra dal ministero delle Infrastrutture. Nessun giro di parole per il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, che in seguito a un sopralluogo nella zona del ponte, ha dichiarato:

L’incidente «non è stata una fatalità, ma un errore umano».

Secondo quanto emerso in queste ultime ore, il ponte aveva manifestato problemi già un anno dopo la costruzione, nel 1966, quando lo stesso Ing. Morandi si accorse che i cedimenti erano superiori al previsto.
Nel breve, la progettazione non teneva conto dell’aria di mare portata dal vento in Val Polcevera: l’attacco acrilico rendeva il calcestruzzo debole, portando al degrado del copriferro e quindi all’ossidazione delle armature, soprattutto quelle degli stralli. Inoltre, sul lungo periodo, non si era forse previsto lo sviluppo del traffico su gomma che ha portato, sul ponte, un carico decisamente superiore a quello di progetto. Le pile del ponte erano costituite da una serie di bilancini in calcestruzzo precompresso su cui poggiavano, oltre alle campate del ponte, anche gli altissimi portali su cui sono ancorati gli stralli.

Da ciò che ho osservato, possono essersi verificato uno di questi due eventi:

1) Ha ceduto una pila. A quel punto gli stralli non sono più stati in grado di sostenere da soli le campate che sono crollate.

2) Hanno ceduto i tiranti precompressi (magari sono collassate le armature pretese all’interno) e di conseguenza le campate non hanno più avuto sostegno e sono cadute, sbriciolando anche la pila centrale.

In ogni caso: la teoria del fulmine è una assurdità pazzesca

Il degrado degli stralli è comprovato dal fatto che, sulla campata di Sampierdarena (la più lunga del ponte) gli stralli erano stati rinforzati con enormi tiranti di acciaio. L’Ing. Brencich, nell’intervista del 2016, ha sostenuto più volte che gli interventi di manutenzione effettuati – come quelli eseguiti sul ponte dopo soli 30 anni di vita – sono indice dell’enorme degrado strutturale cui era sottoposto l’intero viadotto. E in effetti, affidare al cemento armato precompresso anziché all’acciaio un ponte di quelle dimensioni è stato un azzardo fisico enorme.

La statica di un ponte strallato si basa sul fatto che sia le pile sia gli stralli offrono al ponte la possibilità di vincolo. Gli stralli andati in crisi hanno tolto alle campate crollate il sostegno offerto dai loro vincoli e, di conseguenza, le campate in questione sono divenute “labili”, ossia prive di equilibrio statico e sono crollate.

La riprova che gli stralli necessitavano interventi di consolidamento, è data dal fatto che che, a fine anni ’90,  su quelli che componevano la campata finale (lato Sampierdarena erano stati applicati tiranti di acciaio di grosse dimensioni perché le armature pretese all’interno degli stralli stavano cedendo.

Intanto, continua a crescere in maniera repentina e preoccupante il bilancio dei morti. In base agli ultimi dati ufficiali fornito dalla prefettura di Genova le vittime sono 37. Di queste, cinque non sono state ancora identificate. I feriti sono 16, di cui 12 in codice rosso. Tutte queste cifre sono ancora provvisorie e come teme anche il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, «il bilancio potrà essere ancora più grave».

 

A cura di Claudia Bortolotti

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