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Per la transizione ecologica non solo giustizia ambientale ma anche giustizia sociale. Alla vigilia della Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza Legambiente presenta i dati del dossier “Migranti ambientali”.

Per la transizione ecologica non solo giustizia ambientale ma anche giustizia sociale. Alla vigilia della Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza Legambiente presenta i dati del dossier “Migranti ambientali”.

Nel mondo oltre il 40% della popolazione vive in contesti di estrema vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Crescono le migrazioni a causa della crisi climatica, entro il 2050 ben 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a spostarsi.

L’associazione: “Serve cambio di paradigma immediato mettendo al centro la giustizia climatica e offrendo protezione alle comunità più vulnerabili”.

>> scopri le iniziative di Puliamo il Mondo su https://puliamoilmondo.it/
>> scarica il dossier “Migranti ambientali, gli impatti della crisi climatica

Costruire territori di pace dove giustizia ambientale significa anche giustizia sociale, da un lato riqualificando e ripulendo spazi pubblici, dall’altro restituendo agli abitanti luoghi più inclusivi in cui i diritti e l’accoglienza non sono negati a nessuno, specie alle fasce più emarginate della popolazione, in fuga da una guerra, dagli effetti dei cambiamenti climatici o semplicemente in cerca di un futuro migliore. Questo l’obiettivo della trentesima edizione di Puliamo il Mondo, la storica campagna di volontariato di Legambiente (edizione italiana di Clean up the World) il cui messaggio è quest’anno proprio “per un clima di pace”; oltre mille gli eventi in tutta Italia nel weekend dal 30 settembre al 2 ottobre e che continueranno fino a fine mese, a cui aderiscono studenti, amministrazioni comunali, realtà aziendali e ben  40 associazioni che si occupano di ambiente, salute, migranti, comunità straniere, richiedenti asilo politico, detenuti, disabilità, salute mentale, discriminazione basata sull’orientamento sessuale e in prima linea proprio sul tema integrazione e inclusione sociale. Ad aprire la serie di appuntamenti l’iniziativa di pulizia di oggi a Roma alle ore 10 presso piazza di Porta San Lorenzo.

In questo quadro, Legambiente, alla vigilia della Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza* del 3 ottobre, presenta i dati del dossier “Migranti ambientali, gli impatti della crisi climaticaper ricordare che nel mondo esistono popolazioni e gruppi sociali più fragili, che pagano il prezzo più alto della crisi climatica: persone con limitato accesso a servizi e risorse o che vivono in uno stretto rapporto di sussistenza socioeconomica con il territorio circostante. Secondo l’IPCC, oltre il 40% della popolazione mondiale (tra i 3,3 e i 3,6 miliardi di persone) vive in contesti di “estrema vulnerabilità ai cambiamenti climatici”, individuando ben 127 rischi che riguardano gli insediamenti, le infrastrutture, l’economia, le strutture sociali e culturali, la sicurezza idrica e alimentare, la salute e il benessere degli individui, gli sfollamenti e le migrazioni*. Tra le macroregioni più a rischio l’Africa occidentale, centrale e orientale, l’Asia meridionale, l’America centrale e meridionale, i piccoli stati insulari in via di sviluppo e l’Artico: in queste aree, tra il 2010 e il 2020 la mortalità umana a causa di eventi estremi come inondazioni, tempeste e siccità è stata 15 volte superiore rispetto alle regioni che presentano una minore vulnerabilità.

Un’umanità (forzatamente) in cammino. Nel mondo, a fine 2021, sono 89 milioni e 300 mila le persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie case in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e altre motivazioni: parla chiaro l’ultimo rapporto statistico annuale dell’UNHCR, “Global Trends”. Un dato estremamente alto, mai registrato prima dall’Agenzia delle Nazioni Unite, che segna un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente e che è raddoppiato nell’arco di 10 anni. Non solo. Secondo il rapporto” Groundswell” della World Bank, a causa della crisi climatica, entro il 2050, 216 milioni di persone in sei diverse regioni del mondo potrebbero essere costrette a spostarsi all’interno dei loro paesi. Per cui un’azione immediata e concertata per ridurre le emissioni globali e sostenere uno sviluppo sostenibile, inclusivo e resiliente – in linea con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici – potrebbe ridurre la portata della migrazione climatica fino all’80%, riducendo la portata degli sfollamenti a circa 44 milioni di persone.

“Per un’agenda di pace e sviluppo occorre un cambio di paradigma immediato che metta al centro la questione della giustizia climatica – dichiara

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