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Palermo, sigilli all’hotel Elena, dell’ex magistrato Sciacchitano. È abusivo

Sulla carta non esiste ma è gestito dalla moglie dell’ex magistrato Sciacchitano. Fuorilegge pure l’insegna.

Cinque ore di controlli per scoprire che niente era in regola. Dai lavori di ristrutturazione in corso alle fatture mai emesse, dalle insegne abusive alle licenze inesistenti. Eppure in quell’albergo dismesso dal 2014, a due passi dalla stazione centrale, transitavano un centinaio di persone alla settimana. I vigili urbani, dieci giorni fa, hanno messo i sigilli all’hotel Elena di proprietà di Giusto Sciacchitano, ex magistrato ed ex procuratore aggiunto della direzione nazionale antimafia.

A gestire l’hotel Elena ogni giorno era la moglie di Schiacchitano, Maria Galasso, di 78 anni, che ha dovuto rispondere alle domande del nucleo accertamenti tributari della polizia municipale. Lei accoglieva gli ospiti e decideva le tariffe. Anche orarie se era questa la richiesta. Il caso è saltato fuori dopo la puntata della trasmissione “ Le iene” di domenica scorsa. L’hotel Elena, su due piani per 834 metri quadrati, sulla carta non esiste. All’interno, però, erano in corso lavori di ristrutturazione non autorizzati per rifare tutta la pavimentazione che hanno fatto scattare il sequestro penale. Ma la grande insegna sulla stazione centrale continuava giornalmente ad attrarre ospiti che venivano dirottati a 7 appartamenti sul retro con ingresso da via Palmeri. In tutto 130 metri quadrati per un totale di 18 posti letto per un costo da 25 a 35 euro a persona, rigorosamente in contanti.

A parte il sequestro penale per i lavori di ristrutturazione abusivi, i vigili hanno contestano una serie di illeciti amministrativi. La mancata segnalazione certificata di inizio attività all’ufficio Attività produttive del Comune per oltre mille euro di sanzione, le tre insegne pubblicitarie abusive per un totale di 1236 euro di multa e oltre 300 euro per la mancata agibilità delle stanze ce venivano affittate. Inoltre la gestione era completamente in nero: né fattura, né ricevuta. E gli ospiti che non venivano mai segnalati alla questura. All’appello mancava anche il pagamento della tassa sui rifiuti (Tari) al Comune degli ultimi sei anni per quasi mille metri quadrati di superficie.

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