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Nuovi OGM, Greenpeace: la deregolamentazione della Commissione europea non garantisce sicurezza e diritti dei cittadini

La proposta odierna della Commissione UE di deregolamentare i cosiddetti “nuovi” organismi geneticamente modificati (OGM), ottenuti con l’impiego di nuove tecniche genomiche (NTG), non garantisce la sicurezza e il rispetto dei diritti dei consumatori: questo il commento di Greenpeace alla proposta resa oggi pubblica a Bruxelles. 

Secondo l’organizzazione ambientalista, la proposta della Commissione eliminerebbe o quanto meno indebolirebbe le procedure di sicurezza sui prodotti OGM ottenuti con tecniche di editing genetico (tra cui mutagenesi e cisgenesi), molti dei quali sarebbero esentati dall’etichettatura. Verrebbe posto fine anche al diritto dei governi nazionali di vietare la coltivazione di queste piante geneticamente modificate sul proprio territorio.

«Prima che un OGM possa finire sulle nostre tavole o nei nostri campi deve superare una valutazione scientifica del rischio, avere una tracciabilità ed essere chiaramente etichettato. Le aziende biotech hanno a lungo considerato queste basilari procedure di sicurezza un’inutile seccatura, ma è inconcepibile che la Commissione UE adotti lo stesso approccio», dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «I cittadini europei si aspettano giustamente che sia dimostrata la sicurezza dei prodotti prima della loro immissione sul mercato: è quindi irresponsabile evitare l’applicazione delle procedure di sicurezza per i nuovi OGM».

I prodotti ottenuti con queste nuove tecniche di gene editing (editing genomico) sono attualmente regolati dalla normativa UE sugli OGM che contiene al suo interno misure di salvaguardia, come la valutazione scientifica dei rischi per la salute e per l’ambiente prima di autorizzarne la coltivazione o di immetterli sul mercato. La normativa specifica inoltre che i prodotti contenenti OGM debbano essere etichettati in maniera chiara. I governi nazionali dell’UE, dal canto loro, possono anche vietare la coltivazione di alcuni OGM sul proprio territorio.

La proposta di deregolamentazione della Commissione UE ha suscitato la preoccupazione e l’opposizione di agricoltori biologici, agricoltori convenzionali e retailer, nonché di alcuni Paesi membri come Austria e Lussemburgo. Anche l’opinione pubblica europea si è espressa chiedendo che i nuovi OGM siano etichettati e regolamentati.

Con la sentenza del luglio 2018 la Corte di giustizia europea ha rilevato che i rischi legati alle nuove tecniche di mutagenesi potrebbero essere simili a quelli degli OGM “classici”. Per questo motivo, la Corte ha affermato che l’esclusione di queste nuove tecniche dalle esistenti norme sugli OGM vanificherebbe lo scopo stesso delle norme esistenti – proteggere la salute e l’ambiente – e non rispetterebbe il principio di precauzione.

La legislazione esistente sugli OGM non è un divieto, ma garantisce piuttosto l’attuazione del principio di precauzione in nome della sostenibilità, come richiesto dall’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’UE:  valutazione del rischio e  tracciabilità sono alla base del principio stesso, per garantire che i potenziali rischi non si trasformino in danni in assenza di prove scientifiche conclusive.

L’introduzione nell’ambiente di qualsiasi organismo creato artificialmente con le nuove tecniche genomiche è un classico caso in cui va applicato il principio di precauzione. Questo è il motivo per cui la Corte di Giustizia europea ha stabilito che le NGT rientrano nell’ambito di applicazione delle normative esistenti. 

Il Parlamento europeo dovrà ora decidere quale commissione dovrà guidare l’elaborazione della propria   posizione sulla proposta, mentre i Paesi membri dovranno designare  i ministri  incaricati di concordare la loro posizione comune.

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