Secondo il tribunale, Pizzichemi è “un faccendiere che vive ai margini di quella che può essere considerata una zona grigia, fatta di connivenze e collusioni tra mafia e poteri pubblici”
Questa mattina un’operazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, coadiuvata da quella di Bologna, ha permesso di sequestrate dieci tra appartamenti e terreni a Reggio Calabria e Bologna, una rivendita di tabacchi in un noto centro commerciale bolognese e altre disponibilità finanziarie. Due milioni di euro: è questo l’ammontare dei beni sequestrati a Alberto Pizzichemi, imprenditore 48enne di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria). La misura è stata disposta sull’intero patrimonio dell’imprenditore e su tutti i beni riconducibili a lui, anche se intestati a prestanome.
Il Pizzichemi, proprietario di una ditta di autotrasporti e di altre attività, avrebbe avuto contatti con le cosche Iamonta, attiva nella fascia ionica della provincia reggina, e Piromalli, della Piana di Gioia Tauro.
Il cognome dell’uomo non è nuovo alla Dda di Reggio Calabria che ha richiesto la misura: l’imprenditore, infatti, anche se formalmente incensurato e già assolto in via definitiva dall’accusa associazione mafiosa, era già stato rinviato a giudizio nel 2010 per tentata estorsione e segnalato per una frode fiscale messa a segno nel 2011 con un giro di false fatturazioni.
L’indagine è scattata in seguito a dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno fatto emergere operazioni sospette da parte di intermediari bancari e finanziari: secondo le ricostruzioni delle fiamme gialle, dal 1991 Pizzichemi e i suoi familiari compivano operazioni finanziarie “sproporzionate rispetto al loro reddito”.
Il tribunale, non a caso, lo aveva identificato come “un faccendiere che vive ai margini di quella che può essere considerata una zona grigia, fatta di connivenze e collusioni tra mafia, imprenditoria e poteri pubblici”.