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Midnight in Paris (voto 9)

Woody Allen oltre ad essere uno dei maggiori registi viventi è anche il più europeo fa i cineasti americani. Ne dà prova questo straordinario Midnight in Paris (Mezzanotte a Parigi) che mette assieme l’autore ironico e riflessivo sull’esistenza con il creatore fantasioso capace di immaginare le situazioni più originali. Gil, sceneggiatore hollywoodiano con aspirazioni da scrittore, e la fidanzata, quasi moglie, fanno un viaggio di piacere a Parigi con obiettivi opposti. Lei è la classica statunitense che visita l’Europa come se andasse fra i selvaggi, lui adora il vecchio continente e lo guarda con gli occhi di chi si avvicina a un mondo ricco di storia e sede delle radici della cultura, quelle stesse che hanno costruito l’intellettualità americana. Sarà ricompensato con una sorta di sortilegio: a mezzanotte, a un certo angolo di strada, una vecchia auto passerà a prenderlo per trasferirlo nella Parigi degli anni fra le due guerre ove avrà modo di incontrare, chiacchierare, bere con monumenti dell’arte come Ernest Hemingway, Pablo Picasso, Gertrude Stein, Man Ray, Salvator Dali, Luis Buñuel. Un viaggio fantastico e affascinante nel passato che ne apre altri, come una galleria di specchi, che portano alla Belle Époque, all’ancien regime, giù sino alla fine dei tempi poiché c’è sempre un’epoca che crediamo d’oro, migliore di quella in cui viviamo. E’ questo il senso profondo del film: l’invito a smettere di sognare, fantasticare sul passato per vivere il presente con la coscienza delle sue contraddizioni, ma anche con la consapevolezza della sua inevitabilità. Il film è perfetto nella confezione, giustamente misurato nell’equilibrio fra ironia a malinconia, preciso nella riflessione sullo scorrere del tempo e sull’impossibilità di sfuggire alla propria condizione storica. Vi ritroviamo il meglio della parte fantastico/filosofica tipica del cinema di questo cineasta, senza gli appesantimenti moralistici che si scorgevano in alcuni dei suoi ultimi lavori.

(umberto@uerre.it)

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