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Mari in pericolo, Greenpeace: «La pesca aumenta del 22% nelle aree da proteggere, serve subito ratificare il Trattato oceani e tutelare 11 milioni di km2 in più ogni anno»

I mari del pianeta subiscono gli effetti sempre più impattanti delle attività umane: pesca industriale, acidificazione, deossigenazione, inquinamento, trasporto marittimo, a cui si aggiunge la recente minaccia dell’estrazione mineraria in acque profonde, il cosiddetto deep sea mining. È perciò necessario ratificare al più presto il Trattato globale sugli oceani e proteggere circa 11 milioni di km² di oceano in più ogni anno, da oggi fino al 2030.

Lo evidenzia l’indagine di Greenpeace “30×30: dal Trattato globale sugli oceaniall’adozione di efficaci misure di protezione del mare”. Il rapporto propone una roadmap politica per arrivare a proteggere il 30% degli oceani entro il 2030 (il cosiddetto obiettivo 30×30 per la salvaguardia della biodiversità) che vede come primo passo la ratifica del Trattato da parte degli Stati durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite in programma il prossimo 20 settembre.

Il rapporto descrive nel dettaglio le minacce che gli oceani si trovano a fronteggiare e include una nuova analisi globale sulla pesca nelle aree di alto mare, cresciuta dell’8,5% tra il 2018 e il 2022. Paradossalmente, proprio nelle aree di alto mare che sarebbe opportuno proteggere in via prioritaria, le ore di pesca sono cresciute ancora di più, con un aumento del 22,5% dal 2018 al 2022. I palangari, in particolare, rappresentano oltre i tre quarti del totale dell’attività di pesca in alto mare a livello globale, si caratterizzano per migliaia di ami con esca e possono essere lunghi più di 100 km: un tipo di attrezzo distruttivo che comporta alti livelli di catture accidentali. Questi dati evidenziano che si sta andando nella direzione opposta rispetto a quella delineata nel Trattato.

«Il Trattato è una vittoria storica per i mari, ma in assenza di misure concrete gli impatti sulla vita marina peggiorano di giorno in giorno», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Ora tutti i Paesi, Italia inclusa, devono procedere con urgenza alla ratifica e iniziare a creare una rete efficace di santuari marini anche nelle loro acque territoriali e nelle Zone Economiche Esclusive. La scienza è chiara: solo proteggendo almeno il 30% degli oceani entro il 2030 daremo ai mari del pianeta la possibilità di rigenerarsi e prosperare».

Greenpeace ha inoltre collaborato con l’attrice Jane Fonda, l’attore Simon Pegg e la cantautrice Camila Cabello per produrre un cortometraggio animato che racconta il viaggio di tre creature marine, intente a fuggire dalle minacce descritte nel rapporto, alla ricerca di un santuario nell’oceano.

«Il tempo sta per scadere: mancano poco più di sei anni al 2030, e non è molto, se si considera tutto il lavoro che dobbiamo ancora fare», osserva l’attrice premio Oscar, Jane Fonda. «Questo Trattato non può contribuire al 30×30 senza le ratifiche che ci consentiranno di definire aree protette in alcune delle zone più importanti degli oceani, per salvaguardare la biodiversità e la stabilità del nostro clima. I governi devono convertire in legge questo storico Trattato il più rapidamente possibile, non tra 10 anni, quando sarà troppo tardi».

Sull’obiettivo del 30×30 il governo italiano si è già impegnato ufficialmente in occasione della conferenza sulla diversità biologica del 2022. Greenpeace Italia ha lanciato una nuova petizione con un appello ai ministri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e per la Protezione Civile e le Politiche del mare per chiedere un processo rapido di ratifica del Trattato globale sugli oceani.

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