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Il presidente Emiliano al summit su equità e salute

Questa mattina, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è intervenuto in qualità di vicepresidente della Conferenza delle Regioni al primo summit su “Equità e Salute in Italia”, organizzato a Roma dall’associazione Salutequità

“Pur rappresentando la Conferenza delle Regioni – ha esordito Emiliano, collegandosi dalla presidenza della Regione Puglia – non mi posso dimenticare di essere il presidente di una Regione del Sud che avverte in modo significativo il problema del rapporto tra equità e salute. Infatti, a causa del criterio della spesa storica che ancora oggi presiede al meccanismo di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale, il sistema in cui viviamo assegna a Regioni con risorse umane e finanziarie diverse gli stessi obiettivi sanitari. In altre parole, il Sud deve rispettare i medesimi livelli essenziali di assistenza del Nord, ma con meno personale e meno soldi. La situazione è aggravata dal sistema del controllo della parità dei bilanci in Sanità. Inoltre, poiché le premialità legate all’adempimento dei LEA sono pesanti, chi non rispetta i livelli essenziali perde soldi. A pagare, però, non sono i presidenti di Regione o i ministri della Salute, bensì le cittadine e i cittadini. Questi problemi non riguardano tanto la Puglia, che da anni si colloca stabilmente nel novero delle Regioni adempienti, ma interessano tutte le Regioni del Mezzogiorno”.

“Un generale miglioramento dei livelli di assistenza al Sud – ha proseguito Emiliano – si potrebbe ottenere con l’ausilio di quella che io chiamo ‘sanità pubblica di proprietà privata’. Si tratta, però, di un meccanismo difficilissimo. Infatti, come sapete, c’è una norma in base alla quale se un cittadino pugliese andasse a farsi curare in Lombardia, la Puglia dovrebbe pagare rimborsi a piè di lista senza poter sindacare sulla spesa, ma se un gruppo imprenditoriale presente in Lombardia dovesse avere un ospedale in Puglia, noi non potremmo sfondare il nostro tetto di spesa sanitaria. Questa norma, con tutta evidenza, serve a tenere in equilibrio finanziario la sanità delle Regioni più ricche. Il sistema dei tetti di spesa alla sanità privata, inoltre, ha un legame con il blocco delle assunzioni”.

“In questo scenario – ha aggiunto il presidente della Regione Puglia – mi pare evidente che non stiamo riuscendo a garantire il rispetto dell’articolo 3 della Costituzione italiana e la questione forse andrebbe posta alla Corte Costituzionale. I criteri di cosiddetta ‘spesa storica’ sono compatibili con la Costituzione? È possibile dire a un cittadino del sud che la sua aspettativa di vita è inferiore di due o tre anni a quella del nord? È possibile imporre alle Regioni gli stessi obiettivi sanitari pur in presenza di dotazioni strutturali e infrastrutturali differenti? È compatibile tutto questo con il principio di eguaglianza? Io credo che il principio di base da adottare sia di una chiarezza elementare: lo Stato deve dettare regole più eque e agli stessi livelli essenziali di assistenza devono corrispondere le stesse dotazioni di investimenti e personale. E anche sulla spesa sanitaria andrebbe fatto un ragionamento complessivo”.

“Tutti questi elementi – ha riflettuto Emiliano – attengono al principio di eguaglianza, che noi stiamo ponendo all’attenzione dei vari governi che si sono succeduti in questi anni. Su questi temi, però, la vera differenza che percepiamo non è ideologica, ma territoriale; non è la differenza tra destra e sinistra, ma tra nord e sud. Ci sono fattori che consentono alla forza politica del nord di imporre la propria visione a svantaggio delle Regioni meridionali. Questo argomento è parte imprescindibile del rapporto tra equità e salute. È sconfortante che, proprio mentre discutiamo di equità, si utilizzi l’autonomia differenziata per aumentare, in uno scenario già così drammatico, i fattori di concorrenza sanitaria a favore delle Regioni più ricche e a danno di quelle più povere. Se attraverso l’autonomia differenziata il Nord potesse adottare politiche stipendiali diverse da quelle del Mezzogiorno, non rimarrebbe più nessuno a lavorare nei nostri ospedali, con conseguenze gravissime sul sistema economico, sociale, sanitario e demografico”.

“Vi ringrazio – ha concluso il vicepresidente della Conferenza delle Regioni –  perché è la prima volta da quando sono presidente di Regione che qualcuno pone pubblicamente il tema del rapporto tra equità e salute. I dati sono sotto gli occhi di tutti. Credo che sia nell’interesse di tutti attuare politiche di riequilibrio nelle aree in cui i cittadini hanno bisogno di salute. Non dobbiamo mai dimenticare che sono le persone a pagare le conseguenze di questo sistema di differenze”.

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