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Gli negano il diritto di agibilità – il TAR condanna il Comune di Genova

Genova – Dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, la sentenza N. 63/19 pubblicata il 28 gennaio ha avuto l’effetto di un terremoto sull’Amministrazione civica di Genova.
Il 16 gennaio 2019 in camera di consiglio i magistrati Dott.Giuseppe Daniele, Dott. Paolo Peruggia e Dott.Paolo Nasini, si sono espressi accogliendo pienamente il ricorso contro il Comune di Genova avente ad oggetto la certificazione di agibilità rilasciata ai sensi dell’art. 37, l.r. n. 16 del 2008.
Infatti, come rilevato fin da subito dal progettista incaricato da parte ricorrente geometra C.B. , il Comune non ha correttamente interpretato l’istanza, o il responsabile del procedimento Geometra Rolla Roberto ha ritenuto per motivi personali di valutare il rilascio del decreto di agibilità, in contrasto con i dettami urbanistici vigenti.
Una attenta riflessione porta a conclusioni spiacevoli, ravvisando pretestuosi ed infondati ostacoli normativi.
Veniamo ai fatti:
Con ricorso depositato in data 22.12.2011, l’anziana signora oggi 98 enne E.D. impugnava il provvedimento n. 278 /2011 emesso, dal Comune di Genova ed avente ad oggetto la certificazione di agibilità rilasciata ai sensi dell’art. 37, l.r. 16/2008, relativa al vano cucina ovvero al volume costituente un ampliamento dell’immobile sito in Genova, nella parte in cui non prevedeva l’agibilità per l’intero immobile.
Con il ricorso si chiedeva anche l’annullamento di tutti gli atti consequenziali alle numerose relazioni del tecnico progettista incaricato geometra C.B., dove il Comune di Genova si esprimeva graniticamente: “con riferimento alla richiesta di rettifica del provvedimento di agibilità … si rappresenta quanto segue … non può essere accolta la richiesta di rettifica del
provvedimento”.
A sostegno dell’impugnazione la ricorrente deduceva, i seguenti motivi:
1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37, l. r. Liguria n. 16 del 2008, 24 e 25, dpr. 380 del 2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà con altro provvedimento della stessa P.A.: in particolare, secondo le ricorrenti, il Comune avrebbe reso, in modo del tutto illegittimo, un certificato di agibilità parziale valutando unicamente la parte dell’immobile oggetto dei lavori relativi all’ampliamento dell’immobile, in tal modo rendendo la certificazione sostanzialmente inutile data a causa della sua incompletezza, atteso che l’immobile non possedeva un pregresso certificato di agibilità;
2) violazione e/o falsa applicazione artt. 37, l. r. Liguria n. 16 del 2008, 24 e 25,
dpr. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto di motivazione: secondo parte ricorrente, essendo la certificazione di agibilità finalizzata a valutare se l’immobile presentava i requisiti igienico sanitari richiesti dalla legislazione vigente e fosse conforme alla normativa urbanistica ratione temporis applicabile, il fatto di avere, il Comune, limitato la certificazione ad una sola parte di detto immobile senza dar conto di eventuali elementi ostativi per il rilascio di una certificazione integrale, aveva reso illegittimi entrambi i provvedimenti impugnati.
Infatti, emerge chiaramente l’errore in cui è incorso il Comune resistente limitando l’accertamento e l’adozione del certificato di agibilità alle sole opere eseguite da parte ricorrente in forza delle pratiche edilizie del 2009 e del 2010.
Gli interventi realizzati sull’immobile, infatti, non hanno una loro autonomia funzionale e strutturale e hanno inciso in modo potenzialmente non irrilevante sulla struttura dell’immobile, sicchè per le ragioni sopra espresse era necessario che l’Ente territoriale procedesse ad una verifica complessiva dell’intero immobile e non solo delle parti di esso interessate dalle nuove opere: a nulla rileva, per contro, che l’immobile, precedentemente all’esecuzione delle opere, non fosse dotato di certificato di agibilità, posto che, come detto, l’esecuzione delle opere indicate negli artt. 24, d.p.r. n. 380 del 2001 e 37, l.r. Liguria n. 16 del 2008, sopra visti comportano comunque la necessità di procedere ad un nuovo esame integrale delle condizioni dell’intero immobile.
A fronte di un certificato solo parziale, come tale illegittimo ed inefficace, sussiste certamente l’interesse di parte ricorrente all’impugnazione, impregiudicata ogni valutazione in ordine alla possibilità di una integrazione del predetto certificato per mezzo dell’istituto della segnalazione certificata di agibilità introdotta dal d.lgs. n. 222 del 2016.
A poco sono servite le memorie difensive depositate dal Comune di Genova, evidentemente basate sulle asserzioni del responsabile del procedimento geometra Roberto Rolla,  successivamente trasmesse all’avvocatura del Comune, avvocati difensori Domenico Masuelli e Caterina Chiesa.
Una palese distorta interpretazione del diritto così come recita la sentenza del TAR per la Liguria nr.63/19 :
Il certificato di agibilità (abitabilità) è un documento la cui funzione precipua è quella di attestare la regolarità urbanistica del bene, in tal modo garantendo,
nell’ottica della sicurezza dei traffici, l’interesse dell’acquirente, assicurando la capacità del bene di assolvere alla funzione economico sociale cui è destinato e, quindi, tutelandone il legittimo godimento e la commerciabilità.
All’acquirente di un immobile va riconosciuto un interesse specifico e tutelato a che lo stesso sia perfettamente conforme alla normativa urbanistica ed edilizia (Cons.Stato , sez. IV , 24/10/2012 , n. 5450).
Pertanto, è rilevante che il provvedimento certificativo sia il più possibile completo e preciso.
In particolare, l’istituto in esame, sin dall’origine, ha avuto la funzione di rendere “certa” la sussistenza delle condizioni idonee a garantire “la vivibilità e la salubrità degli ambienti” (si veda il r.d. 27 luglio 1934, n. 1265).
Poco rileva, ai fini della fattispecie che ci occupa, il fatto che, nel passato, la normativa facesse riferimento sia all’”agibilità” che all’abitabilità, in quanto, con l’entrata in vigore del d.p.r. n. 380 del 2001, è “scomparso” il termine “abitabilità” (che si riferiva sostanzialmente agli immobili ad uso abitativo) in favore dell’unitaria espressione “agibilità degli edifici”.
E’ significativo, al riguardo, che il titolo III del d.p.r. n. 380 del 2001 è rubricato “Agibilità degli edifici”, con ciò intendendosi l’unità immobiliare o fabbricato nel suo complesso.
L’art. 24, comma 1, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, recante “certificato di agibilità,” (ora “agibilità” in seguito alla riforma operata dal d.lgs 222/16 che ha introdotto la c.d. segnalazione certificata di agibilità) definiva la funzione ed il contenuto di tale atto quale volto ad attestare <>.
La previsione di cui sopra laddove, in particolare, non fa riferimento tanto alla “conformità dell’edificio al progetto approvato”, ma alla garanzia che, nonostante gli interventi eseguiti, sussistono le condizioni di <<sicurezza, igiene, salubrita’, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati>>, fa comprendere come il certificato di agibilità non assume esclusivamente la ristretta funzione di garantire la conformità delle opere al progetto approvato, ma è volto ad accertare ed attestare che a seguito delle opere eseguite l’edificio (fabbricato) nel suo complesso abbia i requisiti sopra descritti e, quindi, sia, secondo la sua destinazione, effettivamente agibile, cioè utilizzabile secondo l’uso determinato.
D’altronde, poiché plus semper in se continet quod est minus, il certificato di agibilità continua pur sempre a svolgere la sua funzione di accertamento della conformità o meno delle opere al progetto approvato.
A conferma di quanto sin qui detto, infatti, si richiama l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale <> (Cons. Stato , sez. IV , 24/10/2012 , n. 5450).
Quindi, fermo l’oggetto plurimo dell’accertamento sotteso al rilascio del certificato, rimane centrale, in specie ai fini della decisione che ci occupa, precisare e sottolineare come la verifica che compete al Comune ha ambito applicativo più ampio e riguarda comunque l’intero edificio, al fine di verificare che, a seguito degli interventi eseguiti, pur conformi al progetto assentito, siano garantite, nel complesso, le caratteristiche indicate dall’art. 24.
Ecco allora che quanto indicato dall’allora vigente comma 2, in forza del quale <>, non significa che il certificato riguarda esclusivamente la conformità delle opere predette al progetto e/o la sussistenza dei requisiti indicati dall’art. 24 limitatamente alle opere realizzate, ma impone un accertamento, comunque globale con riferimento all’intero fabbricato o unità immobiliare autonoma e indipendente, comprese le parti di esso/essa eventualmente non interessate dai lavori, qualora vengano poste in essere le opere indicate nella predetta norma.
L’art. 37, l. r. Liguria n. 16 del 2008 (recante Certificato di agibilità) prevede testualmente che <<1. Il certificato di agibilità attesta che l’intervento realizzato corrisponde al progetto approvato con permesso di costruire o presentato con DIA e che lo stesso risponde ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico richiesti dalla normativa vigente in relazione alla destinazione d’uso dell’immobile o del manufatto oggetto dell’intervento. Nel certificato di agibilità dovrà essere indicata la destinazione d’uso del progetto approvato anche per effetto di eventuali modifiche al progetto originario a seguito di varianti allo stesso apportate>>.
Il comma 8 della predetta norma, significativamente, prevede che <>.
E’ evidente come il riferimento all’immobile contenuto nel comma 8 che precede conferma quanto sin qui detto con riferimento alla necessità che la valutazione e quindi il rilascio del certificato di agibilità riguardi l’intero fabbricato interessato dai lavori: il comma 1, poi, è sostanzialmente omologo all’art. 24, d.p.r. n. 380 del 2001.
In giurisprudenza è stato, quindi, affermato che <> (Cons.Stato sez. IV, 24/04/2018, n.2456).
<> (T.A.R.Valle d’Aosta, 02/05/2018, n.27).
Sul piano amministrativo, appare evidente l’abuso d’ufficio, un’ipotesi di reato plurioffensivo, nei confronti di parte offesa e del tecnico progettista, andando a ledere il patrimonio del terzo danneggiato dall’abuso nonché l’onorabilità e credibilità del geometra professionista incaricato.
Il soggetto attivo del reato è proprio colui che esercita il proprio potere, quale pubblico ufficiale nello svolgimento delle funzioni assunte.
Il funzionario, per propria ed ingiustificata volontà, è ritenuto colpevole non solo per il provvedimento amministrativo, bensì per qualunque specie di atto o attività, volta a danneggiare anche l’immagine del professionista, attraverso l’ausilio di strumenti pubblici utilizzati a finalità privata.
Una condotta che lascia spazio a molti dubbi, certamente non attribuibili al Dirigente Dott.Paolo Berio, bensì al funzionario responsabile del procedimento.

IL CASO:
Un altro esempio di anomalia si rileva in un decreto di agibilità, dove emerge un eccesso di “generosità”, di dubbia interpretazione, dove il funzionario “distratto” redige il provvedimento nr.4 del 14 gennaio 2013 a firma dell’inconsapevole Dirigente del personale Dott.P.B..
All’istanza per il rilascio del decreto di agibilità, all’epoca dei fatti, sussisteva l’obbligo di allegare una scheda tecnica associata alla singola unità immobiliare per la quale si chiedeva il provvedimento di agibilità; pertanto ad una scheda corrispondeva  un immobile e non a più unità immobiliari,  con differente destinazione d’uso (nello specifico caso abitazione e parcheggio).

A seguito di un importante intervento di ristrutturazione in località Genova Nervi,  un elegante complesso residenziale è stato oggetto dell’istanza di rilascio del decreto di agibilità, attribuendo ad una sola scheda tecnica  due unità immobiliari dove,  per il Comune di Genova Settore Edilizia Privata,  la seconda unità doveva essere destinata a spazio di manovra e non a parcheggio,  la cui destinazione d’uso è ben diversa così come  il commisurato valore commerciale.

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