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Etiopia. L’ingiusta guerra contro il Tigray danneggia anche Addis Abeba

 

Siamo al 125simo giorno di guerra in Tigray. Il conflitto fratricida sta creando seri problemi al governo federale e al Premier Abiy Ahmed Ali. Quella che doveva essere una rapida operazioni di pulizia contro la dirigenza del TPLF si è trasformata in una guerra regionale ed etnica di lunga durata. L’immagine internazionale di Abiy (vincitore del Premio Nobel per la Pace 2019) è seriamente compromessa a causa dei crimini di guerra e alle pulizie etniche commesse sulla popolazione Tigrinya dai soldati federali, eritrei e milizie Amhara.
Il conflitto, ufficialmente vinto il 28 novembre 2020 come da dichiarazioni del Premier etiope, è ora nella fase di escalation con pesanti scontri in varie zone del Tigray. Un conflitto dagli esiti e durata incerti. Ma che impatto ha sulla economia nazionale?
Un pool di giornalisti ed economisti internazionali hanno provato ad analizzare le conseguenze economiche del conflitto, arrivando a conclusioni devastanti. La crescita economica etiope ha subito un brusco arresto da quando l’ex capo della terribile INSA (Ethiopian Information Netework Security Agency): Abiy Ahmed Ali ha ricevuto dalla compagine di governo sotto guida del TPLF, l’incarico di Primo Ministro nel 2018. La INSA, ideata da Abiy e la dirigenza TPLF nel 2008 fu istituita nel 2011 con l’intento di difendersi dagli attacchi esterni cybernetici contro la sicurezza nazionale.
La INSA è stata soggetto di numerose accuse e denunce da parte delle associazioni internazionali in difesa dei diritti umani in quanto di fatto era uno strumento di spionaggio dei cittadini etiopi indirizzato contro oppositori, dissidenti, media indipendenti, voci critiche. Tramite largo uso di spyware illegali la INSA ha contribuito a impedire la libertà di stampa e di pensiero, sopprimere l’opposizione e imporre le opinioni monolitiche del regime. La INSA era protetta da totale immunità e dalla mancanza di controlli da parte di magistratura e Parlamento. Un pieno mandato dato dalla dirigenza del TPLF al loro esperto di sorveglianza sociale: Abiy che gli ha permesso di intraprendere azioni intrusive e illegali che violano le leggi sulla privacy e la libertà di parola.
L’Etiopia, sotto la guida della coalizione di governo controllata dalla dirigenza TPLF aveva raggiunto una crescita economica a 2 cifre diventando un esempio di miracolo economico nel continente. La quota della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà è diminuita dal 30% nel 2011 al 24% nel 2016. Il segreto del successo economico era basato sul capitalismo di Stato. Nel piano di sviluppo economico 2017 – 2022 il TPLF aveva previsto di espandere le infrastrutture e trasformare il paese in un polo produttivo grazie ad investimenti pubblici e all’espansione del settore industriale tramite joint venture con investitori privati dove lo Stato giocava un ruolo di primo piano.
La politica di liberalizzazione del mercato portata avanti dal Premier Abiy e incoraggiata da Banca Mondiale, FMI e speculatori privi di scrupoli quali il magnate George Soros, ha fatto scattare il lento declino economico. Dal 11,4% di crescita registrata nel 2012 si passa ad un 7,4% nel 2019. Le principali cause del declino economico sotto l’ex capo della terribile INSA, sono principalmente due. L’instabilità politica che invece di diminuire (come la coalizione di governo e il TPLF speravano ponendo alla guida del paese Abiy) sono aumentate causando un impatto negativo sui investimenti esteri diretti, turismo ed esportazioni. Il secondo motivo risiede in una convulsa e disorganizzata trasformazione del settore privato sganciato dalle grandi linee direttive statali dei piani quinquennali di sviluppo socio economico. Una delle principali cause del fallimento dei parchi industriali sorti nel paese.

La cronica mancanza di valuta pregiata non è stata risolta portando ad una graduale ma significativa riduzione dei progetti di sviluppo infrastrutture e un aumento delle importazioni e del debito estero. Dal 2018 la sostenibilità del debito etiope è stato classificato ad alto rischio a causa del peggioramento della economia nazionale dettato anche da deboli performance delle esportazioni.
Altri fattori, non certi minoritari, sono: l’eccessiva dipendenza dalle esportazioni agricole, la carenza di valuta estera, di un inadeguato approvvigionamento elettrico, lo scarso accesso al credito, le debolezze nella catena di approvvigionamento e la riduzione della capacità produttiva per le imprese manifatturiere che si è attestato nel 2019 al 57%. La disoccupazione giovanile è ora elevato, in particolare nelle aree urbane (25%). Una disoccupazione causata anche dalla mancata preparazione scolastica dei giovani in quanto l’Istruzione ha subito negli ultimi 5 anni un preoccupante degrado qualitativo. Il settore privato, nazionale e straniero, non più sottomesso al capitalismo di Stato, non è stato in grado di stimolare l’economia e i consumi privati.
Nel 2020 altri due fattori esterni si sono aggiunti a peggiorare la situazione: l’invasione di locuste e la pandemia da Covid-19. Dalla fine del 2019 l’Etiopia sta vivendo la peggiore invasione di locuste da decenni. Il fallimento del governo federale a controllare l’invasione di questi voraci insetti ha minato la produzione agricola, minacciando la sicurezza alimentare e il sostentamento di milioni di etiopi.
Come il resto del mondo, l’Etiopia sta vivendo l’impatto sociale ed economico senza precedenti della pandemia COVID-19. Lo shock COVID-19 dovrebbe essere transitorio con una potenziale ripresa possibile nel 2021, ma l’impatto economico negativo complessivo sull’Etiopia sarà sostanziale. L’impatto economico di COVID-19 include l’aumento del prezzo degli alimenti di base, l’aumento della disoccupazione, il rallentamento della crescita e l’aumento della povertà.
Pur non essendo ancora disponibili i dati sulla crescita economica del 2020, gli esperti economisti internazionali prevedono una misera crescita del 2,1%. La crescita prevista nel 2021 è pari a 0 secondo le previsioni del FMI. Come nel conflitto in Tigray, anche nella catastrofica situazione economica assistiamo ad una tattica di negazione della realtà promossa dal governo federale che rigetta i dati internazionali affermando una crescita economica per il 2020 del 6% e prevedendo un leggero aumento di 0,7 punti nel 2021.
Le previsioni di crescita zero fatte dal FMI si basano sul impatto del COVID-19 e della guerra in Tigray i principali fattori che hanno abbassato le proiezioni di crescita. Secondo stime approssimative il conflitto in Tigray costerebbe al governo federale 1,2 milioni di euro al giorno. Il conflitto sta anche gravando sul drammatico calo della produzione. Il Tigray ospita una parte importante della produzione manifatturiera e mineraria del Paese. Pur assicurando uno sviluppo socio economico nazionale, è innegabile che la coalizione di governo guidata dal TPLF ha incoraggiato e favorito investimenti produttivi in Tigray che ora ospita 5.120 piccole, medie e grandi imprese manifatturiere. Sono stati inoltre creati due importanti parchi industriali: quello tessile vicino alla capitale regionale, Mekelle e quello agroindustriale a Baeker. In Tigray sono presenti anche diversi investitori internazionali, tra cui Velocity Apparelz (Emirati Arabi Uniti), DBL (Bangladesh), Indochine Apparel (Cina), Calzedonia (Italia) oltre ad investitori turchi ed egiziani.
Il parco industriale tessile nel Tigray si è sviluppato grazie ad una politica di facilitazioni agli investimenti stranieri iniziata dal TPLF e continuata da Abiy. Salari tra i più bassi per la produzione tessile: 26 euro al mese; dagli 8 ai 10 anni di esenzioni fiscali, e zero tasse sulle esportazioni. Gli accordi commerciali preferenziali del paese con gli Stati Uniti (African Growth and Opportunities Act) e l’UE (Everything But Arms) sono stati incentivi per i produttori tessili, principalmente del sud-est asiatico. A titolo di esempio le condizioni create dal governo etiope permettono agli investitori indiani di risparmiare il 9,6% sui costi di produzione rispetto a vestiti prodotti in India.
Nella prima fase del conflitto il governo federale e le truppe eritree si sono concentrati sulla sistematica distruzione delle fabbriche e delle infrastrutture del Tigray. Fonti all’interno di società straniere, che hanno chiesto l’anonimato, hanno riferito al mensile di informazione Africa Report di aver subito danni pesanti ai loro stabilimenti che hanno compromesso l’attività produttiva.
Altri investitori stranieri sono stati più espliciti con Africa Report. Il Direttore Generale della zona industriale egiziana in Etiopia: Alaa Al Saqati, ha riferito al mensile africano di aver subito una perdita secca di 2 milioni di dollari a causa dei bombardamenti dei stabilimenti produttivi e infrastrutture. Gli investimenti egiziani in Tigray ammontano a circa 10 milioni di dollari. Gli investitori egiziani hanno tentato causa contro il governo federale richiedendo il risarcimento per le loro perdite causato dalla decisione del Premier Abiy di risolvere una disputa politica con il TPLF con un conflitto armato. La causa sta peggiorando i già tesi rapporti tra Addis Ababa e il Cairo.
La regione del Tigray è il secondo produttore di semi di sesamo nel paese (31% della produzione nazionale) preceduto dalla regione Amhara: 44%. Nel 2018, i semi oleosi, come il sesamo, hanno rappresentato $ 363 milioni di esportazioni per l’Etiopia, classificandola come il terzo produttore mondiale. Ma da novembre c’è stata “interruzione dell’offerta a causa dei combattimenti nella regione”, ha riferito a gennaio l’Ethiopian Commodity Exchange. Ora la produzione di semi di sesamo potrebbe essere seriamente compromessa se risulteranno veritiere le notizie che le truppe etritree hanno distrutto i raccolti e le coltivazioni di sesamo.
Le risorse minerarie del Tigray hanno anche attratto investimenti stranieri interessati ad oro, metalli di base, minerali industriali, carbone, pietre preziose e altri minerali e minerali. Tuttavia, il 60% -80% dei minerali viene estratto da produttori artigianali, mentre l’80% -95% viene estratto artigianalmente per minerali da costruzione come basalto, pomice e calcare. Nell’affare sono entrate società minerarie come Altus Strategies (Gran Bretagna), ASCOM (Egitto) e Newmont (USA) che hanno contribuito a rendere il Tigray il più grande produttore di oro dell’Etiopia con esportazioni registrate nell’anno fiscale 2019-2020 pari a 145 milioni di dollari.
Ora la maggior parte delle piccole miniere artigianali sono state distrutte e le attività estrattive delle società minerarie straniere bloccate. Come conseguenza diretta del conflitto del Tigray, l’Etiopia sta perdendo 20 milioni di dollari al mese in esportazioni, secondo il ministero del Commercio e dell’industria.
L’impatto del conflitto in Tigray sull’economia nazionale si fa già sentire: l’inflazione, scesa al 18,2% a dicembre 2020, è tornata a salire a gennaio 2021, raggiungendo il 19,2%. L’ultima prospettiva regionale del FMI prevedeva un tasso di crescita del PIL dello 0% per l’Etiopia nel 2021. Il conflitto nel Tigray, insieme alle conseguenze complessive di Covid, significa che il paese dovrà impiegare diversi anni per recuperare un tasso di crescita a due cifre.

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