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Esiste ordine al confine della soggettività?

Si può ancora dare un senso alla carattere normativo della natura umana?

Lo sperimentiamo ogni singolo giorno: il mondo ha una facciata ordinata e regolare. Lo intuiamo quando osserviao il moto periodico degli astri o il siccedersi delle stagioni. Formalizzare queste regolarità è il fulcro della ricerca delle leggi della natura, ovvero di quele espressioni nelle uali si condensa il minimo di parole possibili con il massimo delle informazioni. La cui scoperta, a seguito della nascita della scienza, è considerata il suo fine ultimo. Tuttavia, su cosa sia davvero una legge di natura non esiste ancora accordo. C’è chi sostiene che is tratti del tentativo umano di ordinare tutto ciò che altrimenti risulterebbe privo di significato, e chi invece sostiene che l’oridine biologico sia oggettivo e di conseguenza del tutto indipendente da dalla nostra osservazione. Si tratta di una disouta che ha radici molto indietro neo tempo e che si ripropone ancora ai giorni nostri come irrisolta, nonostante gli svariati tentativi di scienziati e psicologi di trovare metafore esplicative. L’ultima metafora in ordine cronologico potrebbe, per esempio, essere quella di “software”: se la natura rappresenta “l’hardaware”, allora le sue leggi sono il software ed a partire da quale il mondo calcola da un istante all’altro il suo stato successivo.

La nascita del concetto di legge di natura avviene in epoca moderna, nel momento in cui, da normativa, diventa descrittiva. Per Platone ed Aristotele infatti si può parlare di legge soltanto in ambito della polis greca. Gli astri non seguono le leggi e di conseguenza il concetto di legge natura dovrebbero escludersi a vicenda. Nel crisitanesimo non esiste una legge di natura che sia autosufficiente, dal momento che l’azione di natura presuppone sempre la creazione divina. E’ a partire da Cartesio che il concetto inizia a mutare: pur essendo vero che la realtà di un singolo rappresenta un tasello essenziale per dare origine al mondo, bisogna anche considerare che la natura si dispiega quasi autonomamente. Proprio in questo modo i fenomeni si possono studiare prescindendo dal momento iniziale. A dare il colpo di grazia alla legge normativa è l’affermarsi dei modelli meccanicistici dell’universo. La macchina che esegue i movimenti non può essere considerata dotata di capacità mentali autonome ma soltanto automatizzate.

Su cosa sia considerata ai nostri giorni una legge di natura il dibattito resta aperto. Si può far coincidere il concetto di legge di natura con quello di regolarità assumento in questo modo una posizione di carattere minimalista. Ancora più minimalista è chi nega in toto l’esistenza delle leggi di alun tipo poichè non esisterebbe nessuna teoria che spieghi tutte che prticamente gli scienziati attribuiscono alle leggi naturali. Una terza posizione è quella di chi considera la legge di natura come una relazione fra universali, proprietà che tutti i sistemi fisici hanno in comune e che ci per,ettono di riconoscerli. Si tratta, tuttavia, di una posixione di stampo prettament4 platonico in quanto gli universali risulterebbero scuissi dallo spazio e dal tempo.

Comunque la si interpreti, nell’idea di legge è implicito il tentativo umano di minimizzare ciò che non si riesce a capire in ciò che non si riesce a costruire. Era così che già dai tempi antichi quando si usava l’iconoclastia del mondo-animale ed in seguito nel Seicento quando la concezione di universo veniva raffigurata come un orologio. Come ho già mezionato all’inizio di questo articolo , si può rappresentare metaforicamente la nostra società come un software che, nel suo connettere univeralmente e nel suo accesso al sapere onniscente, rappresenta il tentativo più risucito ell’uomo di avvicinarsi al divino. C

Articolo a cura di Francesca Tinelli

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