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Denuncia o morte: il post della Taffo fa polemica, ma non è facile essere un social media manager

Per Taffo “se non ci sono commenti negativi vuol dire che il post è piatto”, ma l’esperto in comunicazione Francesco Nicodemo non ci sta: “Certe cose vanno trattate con delicatezza. Non credo gli abbia fatto bene”.

Il lavoro del social media manager non è facile. Bisogna intercettare gli interessi del pubblico, studiare i feedback, promuovere il nome dell’azienda, e così via. Su quale sia il modo migliore per farlo, però, si è aperto un dibattito.

Tutto è iniziato lunedì 25 novembre, quando la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ha chiamato i comunicatori a esprimere messaggi sul tema, senza sconfessare il proprio ruolo professionale. Sui profili social dell’azienda di onoranze funebri Taffo, il compito è stato eseguito alla lettera. “Ci sono solo due tipi di donne”, recita l’immagine pubblicata sul profilo Taffo, e poi una linea immaginaria si biforca: “quelle che denunciano” e una bara.

https://www.facebook.com/onoranzefunebritaffo/posts/2372569412848756

Non è la prima volta che Taffo fa parlare di sé per i suoi contenuti social, che spesso trattano un delicato taboo come la morte in maniera leggera e ironica. Questa volta, però, nonostante le buone intenzioni di un’immagine presumibilmente fraintesa, la mossa è stata poco apprezzata. Il post è stato velocemente raggiunto da like, condivisioni e commenti. Molte reazioni al post criticavano l’implicita colpevolizzazione, l’eccessiva semplicità nell’affrontare un tema tanto delicato, la generalizzazione, la leggerezza con cui è stata solcata la linea tra chi ha il coraggio di denunciare e chi perde la vita.

Ma il social media manager di Taffo, la mente dietro la polemica, rivendica la sua decisione. “Nessuna giornata contro la violenza sulle donne ha mai avuto questo riscontro come questa volta, dovreste dirmi grazie”, dichiara a OggiNotizie Riccardo Pirrone, creatore della pubblicità della discordia. “Abbiamo ricevuto messaggi di persone che hanno subito attacchi di violenza, per farsi aiutare”, spiega Pirrone che nell’immagine ha inserito il numero antiviolenza 1522. Le critiche, dopotutto, non devono accecare solo perché luccicano, è un problema di visibilità: “Molti che apprezzano la pubblicità la condividono o mettono like al post, quindi non c’è il commento. I commenti negativi, quando ci sono, sembrano di più ma non lo sono. Penso che le aziende sui social debbano trattare anche di questi temi”. E aggiunge: “Gestisco campagne anche per alcune note ong internazionali e mi concedono di fare post alternativi alle classiche pubblicazioni”.

L’immagine incriminata sul profilo di Taffo, sostiene Pirrone, era piaciuta al suo team composto soprattutto da donne, e dall’azienda arrivano parole di sostegno, “tanto è vero che mi hanno fatto fare anche un secondo post”. Una seconda immagine, rivolta agli uomini, che non è però un contentino per chi critica. “È social media marketing. Funziona così, riesco a dare molta più forza mettendo nuova benzina sulla polemica”. L’obiettivo per un social media manager, polemiche a parte, resta far girare il nome dell’azienda. “Se non ci sono commenti negativi vuol dire che non ho detto nulla, vuol dire che ho fatto un post piatto”, racconta Pirrone.

Come in tutte le professioni, però, ci sono diverse scuole di pensiero. Francesco Nicodemo, digital strategist ed esperto di comunicazione, spiega a OggiNotizie che la strategia del “purché se ne parli” è un po’ datata: “Certe cose vanno trattate con delicatezza. A volte si pensa che poiché quello che funziona sui social è il numero di like e di condivisioni, quello basti, ma non è così. Un social media manager dà visibilità al marchio, rinforza la sua reputazione, come se stesse lavorando alla vetrina di un negozio sul corso principale della tua città. Non credo che un post così provocatore, su un tema così delicato, abbia fatto bene a Taffo”.

Il compito del social media manager è comunicare efficacemente un messaggio, rendendo immediato un contenuto mantenendolo comprensibile. È un mestiere nuovo, in continua evoluzione, i cui meccanismi si trasformano in fretta: i social possono cambiare le regole del gioco modificando un algoritmo, adottando nuovi standard per la visibilità o imponendo diverse condizioni per la promozione dei contenuti, e proprio quando si comincia a trovare la strategia vincente si rischia di dover ricominciare daccapo su una nuova piattaforma, abbandonandone una ormai in disuso. “Siamo in una fase empirica, embrionale. L’unico modo per migliorare è stare in rete”, conclude Nicodemo. “Per questo è importante imparare dagli errori”.

Di A.C.

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