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Covid: Sci, stop fino al 5 marzo. Garavaglia contro l’ordinanza Speranza: “E’ mancato il rispetto”

 

Le piste da sci restano chiuse almeno fino al 5 marzo. Lo ha deciso il ministro della Salute Speranza sentito il Cts che giudica la riapertura troppo rischiosa.

Ma lo stop del governo non ferma lo sci nella Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia (Vco), in alta Ossola: i gestori della stazione sciistica hanno deciso di aprire gli impianti. “Ancora venerdì la Regione ci aveva assicurato l’apertura e noi abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. Così lo abbiamo fatto”, dice Luca Mantovani, titolare della società che gestisce gli impianti nella valle a ridosso del Canton Ticino. I ministri Giorgetti e Garavaglia chiedono indennizzi adeguati per la montagna. Ira di Fontana, Zaia, Bonaccini e Toti che vogliono “allargare la cabina di regia alle istanze dell’economia”.

Nell’ordinanza del ministro Speranza sullo sci “è mancato il rispetto per i lavoratori della montagna. Per l’Italia serve un modello buono, come quello del Veneto”. Lo ha detto il ministro del turismo, Massimo Garavaglia, in collegamento con l’emittente tv Telenuovo. “Non entro nel merito del metodo – ha aggiunto – ma non può funzionare così”. “Invece del bonus monopattino, parliamo di incentivi per chi lavora in montagna. Non si deve parlare di turismo, ma di industria del turismo”, ha concluso Garavaglia, precisando che “il ministero del Turismo è stata una richiesta esplicita di Salvini. Soddisfatti che Draghi l’abbia accolta”.

‘C’e’ stato un danno per una scelta del governo e i danni vanno indennizzati’: lo ha detto il ministro del Turismo Massimo Garavaglia dopo un incontro con gli operatori della montagna, i rappresentanti degli enti locali insieme al presidente della Lombardia Attilio Fontana e in collegamento il ministro delle per gli Affari regionali Mariastella Gelmini e il governatore del Piemonte Alberto Cirio.

La decisione sugli impianti di sci è stata condivisa nel governo. Lo confermano fonti di Palazzo Chigi interpellate dall’Ansa. Le stesse fonti rimandano alla nota diffusa dal ministero della salute in cui si ricorda che “il provvedimento tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante VOC B.1.1.7, detta variante UK e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus SARS-CoV-2 ha portato all’adozione di misure analoghe in Francia e in Germania”. Nella nota della Sanità si ricorda che sono previsti, “al più presto”, ristori per il settore.

Attacca Matteo Salvini: “I ministri hanno la nostra fiducia ma serve cambiare cambiare qualche tecnico. La comunità scientifica è piena di persone in gamba”.

Intanto “La Regione Piemonte ha previsto di stanziare immediatamente 5,3 milioni di euro come ristori per gli impianti sciistici penalizzati da una politica di chiusura intempestiva e annunciata con nessun anticipo”. Così il governatore Alberto Cirio, che ha riunito la giunta in seduta straordinaria per affrontare la mancata ripartenza dello sci. La Regione, che scriverà al Governo per sollecitare l’attivazione di ristori e un ulteriore indennizzo per le false partenze, valuta con l’avvocatura di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori degli impianti, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni.

Covid, stop allo sci fino al 5 marzo

Secondo la Coldiretti, la chiusura degli impianti anche nell’ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti non solo sulle piste da sci ma sull’intera economia che ruota intorno al turismo invernale che ha un valore stimato prima dell’emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera. La chiusura degli impianti anche nell’ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti non solo sulle piste da sci ma sull’intera economia che ruota intorno al turismo invernale che ha un valore stimato prima dell’emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera. Per la Coldiretti, lo stop alla ripresa dello sci è una decisione destinata ad avere effetti non solo sulle piste, ma anche sull’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subito un calo di fatturato fino al 90%. Proprio dal turismo invernale – sottolinea la Coldiretti in una nota – dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento. “Con le presenze praticamente azzerate nel momento più importante della stagione, si guardava – conclude la Coldiretti – con speranza all’ultimo scorcio seppur con il pesante limite allo spostamento tra regioni ma le aspettative sono andate all’ultimo momento deluse”.

L’inizio della stagione sciistica slitta ancora, stavolta al 5 marzo, provocando l’ira delle Regioni, degli operatori del settore e della Lega. L’ennesimo stop al turismo invernale, a poche ore dalla programmata riattivazione degli impianti, rischia di diventare la prima grana del governo Draghi. E all’orizzonte delle future misure anti-Covid, su cui pesa l’incognita delle varianti del virus, emerge anche il parere del consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi, per il quale è “urgente cambiare subito la strategia di contrasto al SarsCov2: è necessario un lockdown totale in tutta Italia immediato, che preveda anche la chiusura delle scuole facendo salve le attività essenziali, ma di durata limitata. Ne parlerò col ministro Speranza questa settimana”, annuncia. Parole che, assieme all’ordinanza firmata in serata dal ministro della Salute che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo (data di scadenza dell’ultimo Dpcm), scatenano la reazione del Carroccio, deciso a chiedere “un cambio di squadra a livello tecnico, aldilà di Speranza”, al dicastero della Salute. “Non si può – dicono i capigruppo leghisti, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari – continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi-Arcuri-Speranza. Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati”.

Ad insorgere sono anche i gestori degli impianti, insieme ai maestri di sci e a tutti gli operatori della montagna, che parlano di “stagione ormai saltata nonostante quanto investito per l’apertura” e chiedono ristori. La scintilla dello scontro è scattata dopo una giornata di appelli alla prudenza arrivati innanzitutto dal Comitato tecnico scientifico che ha risposto alla richiesta di Speranza di “rivalutare la sussistenza dei presupposti per la riapertura” dello sci. Nel fornire il suo parere – e “rimandando al decisore politico la valutazione relativa all’adozione di eventuali misure più rigorose” – il Cts aveva spiegato che alla luce delle “mutate condizioni epidemiologiche” dovute “alla diffusa circolazione delle varianti virali” del virus, “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni” per la riapertura. Una linea condivisa dallo stesso Ricciardi, a cui poi ha replicato il segretario della Lega: “Prima di terrorizzare gli italiani, fai il favore di parlarne con il presidente del Consiglio”, ha detto Salvini rivolgendosi al consulente del ministero della Salute. La cui linea, però, viene recepita in serata dall’ordinanza Speranza. La chiusura degli impianti non è quello che Lega e Governatori si aspettavano, ma il colpo viene incassato con l’assicurazione che la montagna verrà risarcita: il provvedimento, infatti, impegna “a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori”. Gli stessi ministri leghisti Giorgetti e Garavaglia sono intervenuti per ribadire il concetto e alzare la posta: “non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più”, hanno sottolineato. “Allibiti” i governatori, in particolare per il metodo e la tempistica dell’annuncio di chiusura. Il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha espresso “stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza per domani”. E il valdostano, Erik Lavevaz, aggiunge: “una chiusura comunicata alle 19 della vigilia dell’apertura, prevista da settimane, dopo mesi di lavoro su protocolli, assunzioni, preparazione delle società, è sinceramente inconcepibile”. Per il governatore lombardo, Attilio Fontana, “è un colpo gravissimo al settore” e per il friulano Massimiliano Fedriga “l’indecisione del Cts penalizza imprese e lavoratori”. Anche per il veneto Zaia “la decisione arriva troppo tardi”. Il presidente della Liguria – dove alcuni ristoranti sono rimasti aperti in occasione di San Valentino nonostante l’entrata in vigore dell’ordinanza sulla fascia arancione – ha aggiunto: “La gente non può scoprire domenica sera che cosa potrà fare lunedì mattina, non è possibile che tutte le volte che l’Italia prende una decisione la revoca a 24 ore di distanza”. Stessi toni dal Coordinatore della Commissione Turismo della Conferenza delle Regioni, Daniele D’Amario, che ha commentato: “è una mazzata”. Ora, con l’ultimo dpcm in scadenza proprio il 5 marzo, la partita si giocherà proprio sulla linea da adottare in merito alle nuove misure anti-Covid, forse anche prima di quella data. Da un lato c’è la linea del consulente alla Salute, Walter Ricciardi, per il quale è “necessario adottare una drastica strategia no-Covid come hanno fatto i Paesi dell’Asia o Germania e Stati Uniti”, attuando “un lockdown totale immediato ma di durata limitata”, magari aspettando di poter imprimere la giusta spinta alla campagna vaccinale. Dall’altro chi annuncia un cambio di passo in direzione opposta, a partire da una nuova squadra invocata da una parte consistente della stessa maggioranza di Governo.

 Il direttore di Funivie svizzere respinge le accuse di Walter Ricciardi, consigliere del ministro italiano della salute, secondo le quali la Confederazione elvetica che ha mantenuto aperti gli impianti da sci, è stata la porta di ingresso per la variante britannica del coronavirus in Europa. “Si tratta di speculazioni”, ha affermato il direttore di Funivie svizzere Berno Stoffel citato dalla Radio svizzera italiana Rsi. E non ci sono evidenze di una responsabilità elvetica nella diffusione di questa variante: le misure di protezione adottate negli impianti sciistici “sono efficaci”, ha spiegato.

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