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Come muore uno statista: la fine di Aldo Moro

Aldo Moro è morto, lo ha comunicato una telefonata delle Brigate Rosse.

“Pronto, Brigate Rosse. Potrete trovare il corpo di Aldo Moro in una Renault Rosa in Via Caetani. Non chiamate nessuno”. Tuuuu Tuuuuu. Telefono appeso.

Così la famiglia di Moro ha appreso della morte di Aldo. Una telefonata anonima. Hanno rischiato più che per dispacciare un comunicato. Certo si tratta di una notizia importante. La mente della Dc, il nemico numero uno delle Brigate Rosse, il grande mediatore ormai non c’è più. E per di più, lo hanno ucciso loro. Hanno messo fine alla sua vita perché lo stato italiano non voleva contrattare. Nessun partito avrebbe mai ceduto i terroristi in carcere per riavere Aldo Moro. “La linea dura è l’unica linea che capiscono”. Questa era stata la dichiarazione ufficiale della Dc dopo aver pensato tanto. Anche il Pc era d’accordo. La famiglia Moro no. Loro, fino alla fine, hanno provato a stabilire una linea con i terroristi. Non era una questione politica. Non rivolevano indietro il presidente della Dc. Volevano indietro il marito, il padre, il nonno.

 

Cosa hanno avuto invece.

Non hanno avuto nulla di tutto ciò. Hanno avuto un cadavere in una macchina. Un’intera città è stata paralizzata. La tensione che si poteva tagliare con il coltello. Hanno avuto genitori spaventati che portavano via i figli da scuola perché era stato trovato il cadavere di Aldo Moro. Abbandonato in via Caetani, proprio in mezzo alle sedi di Dc e Pci. Coincidenze? Probabilmente no. Le Brigate Rosse ci tengono molto al simbolismo, in ogni loro gesto. Non è un aspetto secondario. Quando si parla solo tramite comunicati e azioni eclatanti, la simbologia vuol dire tutto. Così Aldo Moro viene ritrovato in un’auto rossa. Rossa come i comunisti. Ma rossa anche come i papaveri del ricordo, che testimonia la morte da martiri.

Trattative fallimentari.

Sul delitto Moro se ne sono dette tante. Si è detto veramente di tutto. Inefficienza delle forze dell’ordine, chiaro depistaggio. Si è persino fatta una seduta spiritica per ritrovare Aldo Moro. Evidentemente non è servita a nulla. Alcuni hanno pensato che fosse tutto organizzato. Alcuni ipotizzano la partecipazione dei servizi segreti. Forse a torto, forse a ragione. Quello che è certo, è che il grande mediatore è stato eliminato una volta per tutte. Le Brigate Rosse hanno provato a bussare alla porta dello Stato e lo Stato non gli ha aperto. Del resto, come avrebbero potuto? Ormai da anni le Brigate Rosse erano delle mine vaganti che seminavamo il terrore. Certo, non erano solo loro. Il terrorismo nero e il terrorismo rosso si erano equamente impegnati a diffondere terrore in Italia. Ormai il telegiornale sembrava un bollettino di guerra. Non c’era più pace.

I risvolti dell’omicidio.

Ma la morte di Aldo Moro avrebbe davvero cambiato qualcosa? Non tutti i brigatisti ne erano convinti. Adriana Faranda, anni dopo, ha dichiarato a Ezio Mauro di essere sempre stata contraria. Pensava che non sarebbe cambiato nulla con la sua morte. Anzi, pensava che uccidendolo le cose sarebbero peggiorate. Dargli la libertà, farlo tornare al suo ruolo, quello sarebbe stato il vero cambiamento. Dopo un sequestro di 55 giorni, chiuso in vano in cui a malapena entrava un letto, l’onorevole Aldo Moro forse non sarebbe più stato lo stesso. Forse non si sarebbe mai più ripreso.

 

Non sarebbe più stato un mediatore, non avrebbe più provato a far entrare i comunisti al governo. O forse tutto il contrario. Forse, proprio dopo aver visto la rabbia proveninete dalla pancia del paese avrebbe cambiato idea. Parliamo però di supposizioni. La storia non si fa con i se e con i ma. Si fa con i fatti. Nel caso specifico, con i proiettili. Già, con i proiettili. Del resto, come si sarebbe potuta concludere una storia di violenza iniziata con l’omicidio di cinque persone che avevano come colpa essere la scorta di uno dei promotori del compromesso storico? La storia è iniziata con 91 proiettili, finirà con un intero caricatore per il presidente della Democrazia Cristiana.

 

La morte di un uomo di Stato.

Così muore un uomo di Stato. Lasciato nel bagagliaio di una macchina rubata e con la targa cambiata. Appositamente parcheggiata in via Caetani a Roma, tra la sede del Pci e la sede della Dc. Adesso in quella via c’è una targa per ricordare Aldo Moro. Per ricordare chi cosa ha fatto e perché è morto. La domanda è, chi ricorderà una pezzo della nostra storia, così doloroso che di solito non si studia? Perché è questa la verità, abbiamo targhe per tanti morti, ma memoria per pochi. Anzi, quasi nessuno.

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