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Caso Vannini: è stato omicidio volontario

La Corte di Cassazione ha stabilito che quello di Marco Vannini è stato un omicidio volontario. Per questo ha chiesto un processo.

La Corte di Cassazione ha stabilito che quello che è avvenuto nel 2015 a Ladispoli è stato omicidio volontario. Marco Vannini, che all’epoca era solo un ragazzo, è stato ucciso dal padre della sua ragazza Antonio Ciontoli.

Secondo la pg Elisabetta Ceniccola, la prima sentenza, che riduceva la pena di Ciontoli da 14 a 5 anni, è stata un errore. Per mettere ordine nel caso Vannini è necessario ricominciare da capo.

“Tutti gli imputati per 110 minuti hanno mantenuto condotte omissive, menzognere e reticenti di fronte agli operatori sanitari”, spiega Ceniccola. “Ciontoli ha agito e ha avuto l’adesione di tutti per evitare conseguenze per lui dannose dal punto di vista lavorativo.

Vannini non è morto per il colpo d’arma da fuoco, ma per il ritardo di 110 minuti nei soccorsi. La situazione era sotto gli occhi di tutti gli imputati, in maniera ingravescente di minuto in minuto. Vi era un’altissima probabilità dell’evento morte: chi mette una bomba su un aereo può prevedere un’esplosione, e in questo caso man mano che passava il tempo il proiettile si trasformava in una bomba.

Questa vicenda è gravissima, quasi disumana: viene contestato un reato di omicidio all’interno di mura domestiche. Marco era in casa della sua fidanzata, era il fidanzato di Martina Ciontoli e come tale doveva essere trattata.”

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