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I Balcani e l´impero turco all´inizio del XX secolo

La fine della Grande Guerra vede anche quella dell’impero ottomano, specialmente in termini geografici: perse le province arabe, l’unità territoriale è compromessa dagli accordi di spartizione fra le potenze europee, nonostante le proposte del presidente americano Wilson.
E’ un periodo di grande caos politico, che dopo il termine delle ostilità in Europa, si trascina diversi strascichi bellici soprattutto da parte turca, sul fronte orientale contro armeni e sovietici, e su quello meridionale contro i francesi che occupano la Cilicia e contro i greci che avevano occupato Smirne con il benestare delle potenze alleate dell’Intesa, fino all’evacuazione dei presidi stranieri dal suolo turco e la formazione del nuovo stato sovrano, la Repubblica di Mustafà Kemal (nella foto).
Nel frattempo, a livello internazionale, si assiste all’affermazione della Russia all’Est e l’uscita degli USA dalla scena internazionale, con il conseguente isolazionismo che avrebbe posto delle rigide limitazioni all’ingerenza nella politica europea soprattutto a danno delle minoranze armene.
La grande opera di Mustafà Kemal, non a caso detto “Ataturk” (Grande Padre della nazione turca) e del movimento nazionalista da lui diretto, raggiunge risultati più che notevoli, permettendo alla Turchia di mantenere il possesso della Anatolia e della Tracia orientale, ma nonostante le concessioni, gli alleati occidentali mantenevano il controllo degli Stretti, imponendo il disarmo delle truppe turche e l’occupazione di posizioni altamente strategiche per i commerci, con i conseguenti enormi guadagni.
Per cercare di tenere il paese a livelli internazionali, il sultano Mehmed VI tenta in ogni modo di ingraziarsi le potenze europee, specialmente l’Inghilterra, dando inizio a feroci repressioni delle minoranze che abitavano i possedimenti sotto occupazione britannica, manifestando una volontà di rinnovamento e allo stesso tempo scaricando la responsabilità di ogni azione militare e politica sull´amministrazione precedente. Il risultato è un clima di terrore che tuttavia non porta i risultati sperati dal sultano, il cui obiettivo era il potere assoluto con il sostegno degli europei. Le potenze dell’Intesa infatti decidono di inviare a Smirne una forza di occupazione a comando greco, che viene recepita dalla Turchia come un’ulteriore volontà di sottolineare il ruolo di paese sconfitto nella guerra mondiale appena conclusa, soprattutto tesa a indebolire l’autorità del sultano e a rafforzare invece i movimenti all’opposizione.
Nel 1919-’20, la resistenza alla volontà del sultano è ancora molto viva all’interno dello stesso governo turco, specialmente all’interno del ministero della Guerra e negli alti comandi delle forze armate, dove agisce appunto Mustafà Kemal, il quale combatte strenuamente la politica di influenza e spartizione straniera dei territori interni. Una delle opposizioni interne più forti, che solo apparentemente era stata sconfitta, si definiva “Organizzazione Speciale”, e proprio intorno a questa si forma il nucleo di quello che in breve diventa la “Organizzazione Rivoluzionaria Islamica”, capace di strutturare un vero e proprio governo parallelo a quello del sultano di Costantinopoli, che ha la propria roccaforte ad Ankara ed è guidato dai nazionalisti. Sorprendentemente, i due governi non entrano da subito in aperta opposizione dando il via a pericolosi disordini, ma per qualche mese manterranno un dialogo a distanza tramite i reciproci rappresentanti.
Nell´autunno del 1919, per esempio, l´azione politica di Kemal ottenne come risultato la caduta del governo e la nomina di un nuovo gabinetto secondo il principio della difesa degli interessi nazionali. Durante il congresso del movimento nazionalista, però, nell´estate del ´19 a Erzurum, quando Kemal si rifiuterà di rispondere all´appello di ritorno all´ordine del governo di Costantinopoli, viene definito il Patto Nazionale, in cui si ribadisce che non verrà accettata nessuna spartizione territoriale a favore di etnie minoritarie, concluso dalla Camera dei deputati nel 1920.
Intanto, il governo del sultano appare sempre più debole e incapace di fronteggiare le agitazioni interne e difendere i propri interessi, in conseguenza della firma del Trattato di Sèvres. A peggiorare la situazione di assoluta instabilità interna, continuano i massacri indiscriminati degli armeni, in particolare nella provincia di Marash, episodio che spinge le potenze europee a rafforzare i presidi militari per il controllo delle zone di occupazione, fino a stabilire un forte presidio armato nella stessa Costantinopoli, episodio che è prologo ad una ondata di arresti di personaggi chiave del fronte nazionalista di opposizione. Tutto questo, però, non fa che aumentare la rabbia degli stessi movimenti nazionalisti, specialmente della grande fazione guidata da Mustafà Kemal, che aveva il sostegno della maggior parte dell’esercito e della popolazione di fede musulmana.
E’ fatale che dopo non molto tempo, le forze opposte si fronteggino in campo aperto, con la vittoria dei nazionalisti e la cocente sconfitta delle forze del sultano. Al tempo stesso sono sconfitte anche le truppe di occupazione, in particolare quelle francesi e quelle greche a Smirne, conquistata e saccheggiata dai turchi nel settembre 1922. Il 24 luglio 1923, alla firma del trattato di Losanna, l’unico rappresentante ufficiale per la Turchia è Mustafà Kemal.
Il trionfo dei nazionalisti, però, è motivo di inasprimento delle vicende che vedono lo sterminio delle minoranze armene, fino ad un vero e proprio genocidio che si attenua solo al termine della guerra greco-turca del 1920-’22, durante la quale i movimenti ultra-nazionalisti di Kemal promuovo una linea politica di integrazione di tutti i territori turchi con massacri indiscriminati delle minoranze.
Celebri, in questo periodo, gli articoli di un giovane corrispondente del “Totonero Star” che assiste impotente alla guerra fra Turchia e Grecia, Ernest Hemingway e che in occasione della Conferenza di Losanna intervista Benito Mussolini facendone un ritratto che anticipa i tempi della dittatura in Italia.
Con il trattato di Losanna del 1923, Turchia e potenze europee decidono arbitrariamente di chiudere la questione armena con un muro di silenzio che dura oltre mezzo secolo e che solo negli anni Sessanta comincerà ad essere demolito dalla storia e dalle testimonianze che chiedono a gran voce il riconoscimento ufficiale del genocidio, con battaglie legali e diplomatiche non ancora terminate al giorno d’oggi, poiché l’attuale governo turco non è intenzionato a riconoscere le proprie responsabilità.
Dall’altra parte del Mare Egeo, in Grecia, la situazione è altrettanto instabile. Il sovrano è Costantino I (celebre per aver presieduto il Comitato Organizzatore delle priome Olimpiadi dell’era moderna) educato in Germania, ufficiale dell’esercito prussiano alla fine dell’800, dove conosce e sposa la figlia del Kaiser Guglielmo II nell’ottobre 1889. Diventa sovrano di Grecia nel marzo 1913 in seguito all’assassinio del padre, proseguendone l’opera nelle guerre balcaniche.
Il periodo delle guerre balcaniche combattute nel 1912-13 merita un breve approfondimento, dal momento che proprio negli instabili equilibri di quest’area si sviluppano i germi di quella che sarà la prima guerra mondiale.
Gli stati della Lega Balcanica (Serbia, Montenegro, Grecia e Bulgaria) in un primo tempo si coalizzano per strappare la Macedonia e la Tracia all’autorità turca, in seguito si scontrano fra loro per l’egemonia del territori conquistati e per la loro spartizione. Fra i principali motivi della contesa il mancato completamento del processo di modernizzazione dei balcani promesso dal sultano turco, per cui i paesi balcanici continuavano a vivere in condizioni di estrema arretratezza e disagio, e inoltre in continue lotte interne fra loro. La Serbia nel 1877-’78 (guerra russo-turca) aveva approfittato della situazione e si era annessa molti territori, e anche la Grecia aveva occupato la Tessaglia nel 1881. Da parte sua, la Bulgaria, diventata principato autonomo nel 1878, aveva occupato la Rumelia orientale nel 1885. I restanti territori, ovvero la rimanente Rumelia, la Tracia e la Macedonia, erano gli obiettivi a cui mirava la Lega Balcanica a danno dell’Impero Ottomano.
La questione si ripropone in tutta la sua gravità quando, nel 1908, il partito dei Giovani Turchi costringe il Sultano a ripristinarae la Costituzione Ottomana che era stata da poco abrogata suscitando, in tal modo, le mire espansionistiche dell’Austria-Ungheria che occupa ufficialmente la Bosnia-Erzegovina, di fatto già amministrata dal 1878. Davanti a questo, la Bulgaria si proclama Regno Indipendente nell’ottobre 1908 e la Grecia si annette l’isola di Creta, scongiurata all’ultimo momento da una coalizione delle potenze europee.
La Serbia nulla può contro l’occupazione austriaca della Bosnia e deve riconoscerne la sovranità nel marzo 1909, ponendo un freno alle aspirazioni dei nazionalisti serbi, ma rivolgendo verso sud le proprie aspirazioni espansionistiche, cioè il Kosovo e le province di Novi Pazar (il Sangiaccato).
Le aspirazioni serbe causano di conseguenza il risvegliarsi di quelle bulgare: con l’appoggio della RUSSIA nell’aprile 1909 la Bulgaria annuncia le proprie pretese sulla Tracia ottomana e la Macedonia.
In Grecia intanto, l’estate 1909 è caratterizzata da profonde agitazioni interne proposse dalle alte sfere dell’esercito che chiedevano una riforma costituzionale che portasse al riconoscimento della sovranità su Creta e esautorasse il re dalla guida delle forse armate per manifesta incapacità. Nel 1910 poi, vi sono le rivolte in Kosovo sostenute dal partito dei Giovani Turchi, e la dichiarazione di indipendenza del regno del Montenegro.
Da ricordare che proprio durante le guerre balcaniche avviene il primo bombardamento aereo della storia: il 16 ottobre 1912 un aereo bulgaro in volo su Edirne, sgancia alcune bombe sulle linee dell’esercito turco.
In questi anni, grazie alla mediazione sovietica, gli stati balcanici concludono diversi accordi: nel marzo 1912 fra Bulgaria e Serbia, nel maggio seguente fra Grecia e Bulgaria, e fra Serbia, Bulgaria e Montenegro nell’ottobre 1912. Erano però accordi basati su principi troppo labili per poter durare: proprio dalle dispute sorte in seguito scoppia la prima guerra balcanica, premessa alla prima guerra mondiale. E’ infatti a causa dell’espansione serba che la monarchia austro-ungarica si mette in allarme, allargando l’allarmismo anche alla Germania, che vedeva nella Serbia una minaccia all’ingerenza russa verso il Mediterraneo. La Serbia, che nel frattempo cresce a livello militare e diplomatico, viene quindi a costituire un pericolo per gli Imperi Centrali che, quando l’arciduca Francesco Ferdinando è assassinato a Sarajevo, nel giugno 1914, hanno mano libera nel dichiarare guerra. Complessivamente, le guerre balcaniche causano la morte di oltre 250mila persone e la spartizione dei territori ottomani in Europa.
Dopo pochi mesi dalla fine della prima guerra balcanica e dalla Pace di Londra con la quale il sultano turco Abdul Hamid accettava l’indipendenza albanese, Romania, Montenegro, Grecia e Turchia si alleano con la Serbia che era stata attaccata dalla Bulgaria. Nell’agosto 1913, dopo poco più di un mese, l’offensiva bulgara è respinta rovinosamente dall’alleanza balcanica e si conclude la Pace di Bucarest, con la Grecia che guadagna definitivamente Creta, Salonicco, l’Epiro e la Macedonia meridionale. Il Montenegro si annetteva parte dell’Albania settentrionale e Novi Bazar, la Serbia raddoppiava il proprio territorio e la Romania si estendeva in Silistria, Dobrugia e in alcune zone costiere sul Mar Nero, e l’Albania si trasformava in principato sotto il governo del tedesco Giglielmo di Wied. Tale soluzione andava bene soprattutto per Costantino I di Grecia, il quale era legato alla Germania da diversi motivi personali. La sua politica è infatti filoprussiana, ma non mostra espressamente il proprio favore per le Potenze Centrali piuttosto che per la Triplice Intesa e per cause di politica interna viene a trovarsi in posizione decisamente imbarazzante quando, allo scoppio della prima guerra mondiale, deve scegliere da che parte schierarsi. Nel governo greco, infatti, il primo ministro Eleutherios Venizelos non faceva mistero delle proprie simpatie per le potenze europee avverse alla Germania e se la Grecia avesse scelto quest’ultima, sarebbe risultata una scelta decisamente controproducente, non solo perché il bacino del Mediterraneo era saldamente controllato dalla Triplice Intesa, ma soprattutto perché allearsi alla Germania significava stringere accordi anche con Turchia e Bulgaria, con le quali non vi erano rapporti distesi dopo le vicende delle due guerre balcaniche.
Dopo un primo periodo di neutralità e di concessioni alla Triplice Intesa specialmente riguardo l’uso dei porti, le simpatie di Costantino I si manifestano apertamente in occasione della drammatica vicenda di Gallipoli: Venizelos viene dimesso nell’ottobre 1915 nonostante il favore popolare e la carica di primo ministro è affidata in successione ad una serie di personalità manovrate dal sovrano.
Ma Venizelos non si mostra disposto ad accettare l’imposizione del re e, dopo essersi ritirato a Salonicco, crea un governo rivoluzionario con l’aiuto degli alleati occidentali, dando inizio, nel 1916, alla guerra civile. Da parte sua, Costantino I si vede rifiutare il coinvolgimento della Germania ed è costretto a lasciarae il paese nel giugno 1917, rifugiandosi in Svizzera e lasciando il trono al figlio Alessandro. Il 27 giugno 1917 la Grecia entra in guerra a fianco della Triplice Intesa contro gli Imperi Centrali.
Nell’ottobre del 1920 però, Alessandro muore e, dopo il rifiuto del fratello Paolo di assumere la reggenza, la Grecia deve affrontare un plebiscito grazie al quale la popolazione sceglie il ritorno di Costantino.
Dopo la fine della Grande Guerra e l’annessione della Tracia orientale e Smirne con il Trattato di Sevres dell’agosto 1920, è la Turchia a non accettare la sistemazione territoriale, dando inizio alla guerra greco-turca. Nel settembre 1922 Costantino è nuovamente costretto ad abdicare dopo la cocente sconfitta inflitta dai turchi a Smirne e in Anatolia, e viene sostituito dal figlio primogenito Giorgio II. Dopo aver lasciato la Grecia, muore in esilio a Palermo, nel 1923.
La guerra greco-turca termina quindi con la disfatta di Atene, ma sancisce anche la fine dell´Impero Ottomano. Atatürk fonda la Turchia moderna, mentre i Greci abbandonano le coste dell´Anatolia. In seguito alla pace di Losanna si giunge, infatti, ad uno scambio forzato di popolazioni fra le due sponde dell´Egeo e anche la Grecia diventa repubblica.

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