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La crisi non è finita

Ascoltando le dichiarazioni dei potenti del mondo, italiani compresi, sembra che la grave crisi economica sia ormai agli sgoccioli. Le parole di altri, poi, inducono a pensare che sia stato un grave abbaglio collettivo. Ma noi preferiamo seguire i dati sulla produzione industriale e sulla disoccupazione, piuttosto che valutare i famigerati sentiment.
Ci ha colpiti in particolare una dichiarazione del ministro Scajola, la quale dimostra una scarsa conoscenza della teoria economica. In particolare un mancato appeal con gli economisti “di destra” che ci piacerebbe questo governo volesse seguire (Hayek e Mises in particolare), piuttosto che snocciolare luoghi comuni keynesiani come fa Obama.
Ebbene, è di ieri la notizia che in agosto l’inflazione italiana è salita dello 0,4%. Per il ministro si tratterebbe di un segnale che la ripresa è iniziata. Invece, duole dirlo, si tratta di una lettura erronea del dato, che risente anzitutto delle spese per le vacanze, cui gli italiani sembra non rinuncino anche a costo di indebitarsi. Inoltre, i dati sono “drogati” dalle continue iniezioni monetarie con cui i governi mondiali credono di poter guarire il paziente, dimenticandosi la diagnosi: il tracollo deriva proprio da una disinvolta politica monetaria attuata a partire dalla bolla della new economy (2001). Insomma, si intende guarire il drogato in astinenza con ulteriori dosi. Questo non può far altro che dare la sensazione illusoria di una ripresa, cui seguiranno invece crisi più gravi e più frequenti.
La moneta non è neutrale. Come ha ben spiegato Hayek (nobel nel 1974) tra il 1928 ed il 1933, l’accrescimento della quantità di moneta nel sistema modifica radicalmente la struttura produttiva, orientandola verso settori più capital-intensive. Il flusso monetario aggiuntivo può giungere in due modi, uno sano e uno insano. Nel primo caso si tratta di un’accresciuta quantità di risparmio, dovuta ad un cambio strutturale nelle preferenze dei consumatori. Nel secondo caso, invece, è la politica bancaria che esercita una modificazione artificiosa, operando una disinvolta politica del credito, sostenuta da tassi di interesse troppo bassi. In gergo si dice che il tasso naturale (quello che garantisce l’equilibrio tra risparmi e investimenti) si situa al di sopra di quello reale (e conosciuto dagli operatori del settore, che sulla base di esso operano le proprie decisioni di investimento). Ciò può avvenire anche senza che le banche centrali modifichino i tassi; infatti, un’eccessiva richiesta di fondi, dettata da aspettative di profitto favorevoli, porta il tasso di equilibrio a salire; in tal caso, le banche centrali dovrebbero reagire alzando i tassi e non assecondando scelte economiche semplicemente euforiche.
Una crescita iniziatasi per l’aumento del tasso di risparmio è senz’altro sostenibile, proprio perché modifica il sistema in modo strutturale. Il punto di equilibrio cui si tende si è modificato, è più alto. Il boom indotto da un tasso reale al di sotto del livello di equilibrio, al contrario, si interrompe quando l’espansione monetaria non è più sostenibile, a causa dell’inflazione indotta. A questo punto si genera la crisi, che è tanto più grave quanto più ampia e artificiosa era stata l’espansione del credito.
In quest’ultima evenienza la deflazione è assolutamente necessaria, per guidare il sistema all’equilibrio precedente al boom. Le iniezioni monetarie dei governi, invece, tendono a rallentarla, nel tentativo di proseguire con l’illusione della ricchezza artificiale. È un concetto duro da digerire, ma i debiti, prima o poi, si pagano. Così è assolutamente stolto pensare di uscire dalla crisi senza danni. Un tossicodipendente può uscire dalle sue violente crisi solo arrivando a schiumare. È doloroso, sì, ma assolutamente necessario. E, di solito, tale processo si accompagna ad una rinnovata consapevolezza. Quando, invece, l’astinenza è placata da nuove dosi, si continuano a produrre gli stessi perniciosi effetti.
I governi mondiali lo capiranno? Non siamo sostenitori della decrescita. Ma di una crescita sana, sostenuta dal risparmio reale. Certo, essa è più lenta e faticosa, ma più duratura. Le onde effimere, invece, si infrangono sugli scogli.
 

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