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60° anniversario dei Trattati di Roma: “Legittimo aspettarsi di più, soprattutto sull’immigrazione”

Roma – Quando nel 1957, sei Stati (Italia, Francia, Germania Ovest*, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) firmarono a Roma due Trattati, uno istitutivo della “Comunità economica europea” e l’altro della “Comunità europea per l’energia atomica”, ricordati come Trattati di Roma, di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario, il progetto era chiaro: creare un mercato comune e avvicinare, con il tempo, le politiche economiche degli Stati membri dell’Unione Europea, adottando una politica comune nel campo dell’energia atomica.

Perché proprio l’energia atomica?
La disponibilità di energia condiziona lo sviluppo di un paese e anche la sua crescita economica. Quando i Trattati furono firmati, le condizioni di estrazione del carbone ormai non erano favorevoli; le risorse idriche non creavano grandi vantaggi e anche il petrolio dava i suoi problemi: non dimentichiamo che, proprio in quegli anni, c’era stata la crisi di Suez, che aveva mostrato a tutti come la dipendenza dei paesi europei da quelli extraeuropei per la produzione di petrolio creava anche problemi politici. Altre fonti di energia non erano ancora state ben sviluppate e restava solo di concentrarsi sull’ energia atomica. L’obiettivo dei Trattati era quello di realizzare uno sviluppo economico comune a tutti gli Stati, una crescita economica continua, un miglioramento della vita dei popoli e relazioni più forti tra gli Stati. In particolare, con il “Trattato istitutivo della Comunità economica europea” nasceva una Comunità di durata illimitata, dotata di poteri attribuiti dagli Stati. Gli Stati hanno, quindi, deciso di dare alla Comunità economica europea alcune competenze. Questi Trattati sono stati più volte modificati e di questi interventi vanno ricordati in particolare il “Trattato di Maastricht”, il “Trattato di Nizza” e il “Trattato di Lisbona”, di cui è possibile richiamare le novità principali:

Novità Trattato di Maastricht del 1992:

* Ciò che prima era Comunità economica europea diventa Unione Europea (perché non interviene più solo sull’economia, ma anche in altri settori);

* Nasce l’Unione Economica e Monetaria;

* Si inizia a parlare di Cittadinanza Europea;

* La Comunità inizia a preoccuparsi anche di temi diversi da quello economico: di sanità, di educazione, di cultura.

Novità Trattato di Nizza del 2001:

* Riguardavano principalmente le istituzioni europee e le procedure per l’adozione degli atti.

Novità Trattato di Lisbona del 2007:

* Modifiche istituzionali necessarie, visto che l’Unione Europea iniziava a crescere.

La modifica più importante è stata, quindi, quella realizzata con il Trattato di Maastricht.

Nessuna comunità, nazionale, locale o internazionale può crescere se, accanto all’economia, non si preoccupa dei diritti dei cittadini. I Trattati e, più in generale, lo spirito dell’Unione Europea nel corso degli anni si sono preoccupati di assicurare ai cittadini il diritto di vivere in pace. Già quando fu

istituita la “Comunità economica del carbone e dell’acciaio”, nel 1951, si voleva mettere in comune quello che aveva scatenato i conflitti mondiali (ovvero la produzione di carbone e acciaio). Anche dietro alla scelta di creare la “Comunità europea dell’energia atomica” non c’erano solo le ragioni economiche illustrate in precedenza: c’era anche la volontà di trattare in modo comune un tema delicato. Accanto all’uso in ambito energetico, l’energia atomica può essere impiegata anche nelle guerre. Il Trattato, quindi, oltre ad assicurare che la politica in questa materia fosse comune, per evitare eventuali conflitti tra gli Stati per lo sfruttamento di questa nuova fonte di energia, ha garantito anche che l’utilizzo dell’energia atomica fosse solo per motivi pacifici.

Ma va sottolineato anche un altro aspetto. La crescita nel settore dell’energia atomica porta allo sviluppo economico del Paese, ma richiede una crescita a livello industriale e, prima di tutto, un forte investimento nella ricerca. Senza ricerca un Paese non può crescere.

Con i Trattati di Roma sono state gettate le basi per quella che oggi è l’Unione Europea: un soggetto che tutela i diritti dei cittadini europei, che vuole garantire a tutti i cittadini europei lo stesso stile di vita, che vuole assicurare a tutti gli Stati membri una crescita economica adeguata. Un soggetto che sa bene quanto importanti siano valori come la cooperazione, la cultura, la ricerca. Un soggetto che sa bene quanto sia importante investire nel settore pubblico, ma che forse spesso finisce per preoccuparsi nel modo sbagliato di economia. L’Unione Europea, secondo me, dovrebbe essere più vicina ai suoi cittadini, capirne i bisogni, riempire quei vuoti lasciati troppe volte dagli Stati; dovrebbe, cioè, tornare alle origini, a quei valori che hanno ispirato i Trattati di Roma e il Trattato di Maastricht. L’importanza di celebrazioni come questa di oggi ci servono proprio a fare un bilancio tra ciò che avremmo dovuto fare e ciò che abbiamo fatto.

Molti passi sono stati fatti dagli anni ‘50 ad oggi e tanti altri si spera di farne: «il futuro non è scritto e nessuno è preparato al futuro. Ma se dovessimo immaginarlo lo vorremmo con più integrazione, più solidarietà, come ci hanno insegnato i leader che 60 anni fa hanno dato il via ad una grande avventura di pace e collaborazione fra i popoli e che noi abbiamo il dovere di tramandare alle generazioni future», con queste parole David Sassoli (PD), vicepresidente del Parlamento Europeo, ha introdotto l'incontro dei parlamentari europei eletti in Italia, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

I 27 Paesi dell’UE (resta fuori la Gran Bretagna) sottoscriveranno in questi giorni la Carta di Roma, per «ritrovare il senso di una prospettiva storica» e rilanciare l’idea di un’Europa unita, formata da Stati in grado di cooperare proficuamente e da cui oggi «è legittimo aspettarsi molto di più, soprattutto sull'immigrazione».

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