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Omicidio Estermann – Un delitto collegato al caso Orlandi e all’attentato a papa Wojtyla. PARTE 2

Nel febbraio ’99 il caso viene definitivamente archiviato come omicidio-suicidio, a fronte di numerose verifiche necroscopiche, anatomiche e istopatologiche, tossicologiche, balistiche e molto altro, fra cui circa 38 audizioni di persone informate sui fatti, cinque rapporti del Corpo di Vigilanza, rilievi tecnici e fotografici.
Molte cose non quadrano. Non quadrano per niente, a cominciare dalla lettera del caporale: una accurata perizia calligrafica rivela incoerenze di forma ed evidenzia che non è scritta con la calligrafia di Cédric Tornay. E inoltre, se il colonnello Estermann al momento dell’omicidio era al telefono con qualcuno, dove sarebbe finito questo prezioso testimone? Di lui non vi è mai stata traccia.
A mettere in dubbio la versione vaticana, anche la posizione dei corpi, specie quella del presunto omicida-suicida. Secondo la versione ufficiale, il giovane, dopo aver sparato al comandante e alla signora, si è inginocchiato e, piegandosi in avanti, si è sparato in bocca con la pistola d'ordinanza, che sarebbe poi finita sotto il suo corpo. La ricostruzione evidenzia l’impossibilità che si sia verificata questa versione. Cédric Tournay doveva essere privo di sensi quando è stato colpito dal proiettile, per il semplice fatto che se si fosse sparato, come afferma la versione ufficiale, non si sarebbe piegato in avanti, ma sarebbe balzato all’indietro, per effetto dello stesso colpo sparato dalla bocca alla base del cranio. Inoltre, secondo la versione ufficiale sono stati sparati cinque colpi, (due al colonnello Estermann, uno alla moglie, uno a Tournay e uno al soffitto), senza silenziatore. Possibile che nessuno abbia udito ben cinque spari?
La madre del caporale Tournay, Muguette Baudat, è sempre stata convinta che la morte del figlio sia stata una messinscena ben architettata da una organizzazione occulta all’interno del Vaticano, che aveva lo scopo di coprire verità scottanti. Ma che cosa poteva giustificare tutto questo?
Alla signora Baudat è stato negato di conoscere gli atti dell'inchiesta, anche dopo l'archiviazione, e ai suoi avvocati Jacques Verges e Luc Brossollet, è stato impedito sia di partecipare allo svolgimento dell'inchiesta, sia l'accesso alla relativa documentazione. Gli stessi hanno poi pubblicato, nel 2002, un libro-inchiesta con le loro verità sui fatti descritti.
E veniamo quindi alla nostra inchiesta, che trae spunto da una recente conferenza stampa, nella quale è stato ipotizzato un collegamento fra la morte del comandante Estermann, il rapimento di Emanuela Orlandi e l’attentato a Giovanni Paolo II. Un’ipotesi suggerita proprio dagli stessi legali Brossollet e Verges, che hanno offerto prove inequivocabili della “commedia” orchestrata in Vaticano, a partire da una autopsia disposta dalla madre del caporale Tournay, eseguita il 14 maggio ’99 all’Istituto Medico Legale di Losanna, che smentisce completamente la versione ufficiale, nella quale è stata scoperta la frattura alla base del cranio, in corrispondenza del colpo dietro l’orecchio sinistro che il caporale avrebbe ricevuto prima di morire e che ha anche provocato un’emorragia con presenza di sangue e muco nei polmoni. Un'altra scoperta ribalta la tesi che il caporale si sia ucciso con la sua pistola, poiché il nuovo esame autoptico ha stabilito che a uccidere il giovane è stato un proiettile da 7mm. Infine, la rottura degli incisivi, a riprova che un'arma gli è stata introdotta a forza in bocca.
A margine di tutto questo, l’articolo pubblicato in Germania dal quotidiano “Berliner Kurier”, secondo la quale il colonnello Alois Estermann sarebbe stato un informatore, se non un agente attivo, della tristemente celebre STASI, la polizia della Germania Orientale, con il nome in codice “Werder”. Stessa versione la offre anche il giornale polacco “Super Express”, dopo avere intervistato il “capo”, Markus Wolff detto “Misha”, ed anche Pietro Orlandi è della stessa opinione.
Secondo le rivelazioni dei giornali, sembra che Estermann fosse un agente della STASI dal 1979, ancor prima di entrare nella Gendarmeria Vaticana. In veste di spia, “Werder” avrebbe redatto e consegnato ai propri superiori almeno sette rapporti, fra il 1981 e l’84. Dopo avere concesso l’intervista la giornale polacco “Super Express”, Markus Wolff ritrattò tutto in un’altra intervista al quotidiano italiano “Repubblica” nell’aprile 2005, dicendo che l’agente “Werder” non era il colonnello Estermann ma un monaco benedettino inserito nella redazione de “L’Osservatore Romano”.
Perché quindi il colonnello Estermann, morto appena nove ore dopo essere stato nominato comandante della Guardia Svizzera, sarebbe stato ucciso con un’operazione preparata a tavolino, e studiata nei minimi particolari? Ha forse a che vedere con il fatto che seguiva il papa in ogni suo spostamento e che la promozione a comandante della Gendarmeria gli avrebbe consentito di esercitare maggiore potere e più libertà, pericolosa per qualcuno? O forse che, se è vero che era un agente della polizia segreta della Germania Est, poteva essere informato sui progetti di attentato al pontefice e sul previsto rapimento di un cittadino vaticano? Oppure, paradossalmente, forse esserne addirittura parte? Forse era semplicemente un testimone scomodo, tanto da doversi assicurare che mai avrebbe potuto rivelare informazioni scottanti.
In ogni caso, una delle ipotesi più fondate è quella secondo cui, durante tutto il tempo trascorso al servizio nella Guardia Svizzera, Estermann sarebbe stato una spia della STASI infiltrata nel Vaticano e, proprio per questo, avrebbe avuto parte nell'attentato a Giovanni Paolo II e nel caso Orlandi. Il movente del triplice delitto avvenuto in Vaticano la sera del 4 maggio 1998, sarebbe quindi da ricercare nell'attività di spionaggio svolta da Estermann. Secondo questa versione Cédric Tornay sarebbe stato a sua volta una vittima, coinvolta forse per caso nell'assassinio dei due coniugi per mano di uno o più assassini mai identificati.

                                                                                                                                                 Roberto Roggero

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