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Bullismo: Quando i cancelli di una scuola diventano carceri

Un angolo per piangere. Un cancello come le sbarre di una cella. Un cespuglio, un banco, un distributore di merendine dove può accadere di tutto, con o senza gli occhi dei docenti. Questa è la scuola vista dalle vittime di bullismo, non è questo un luogo sicuro. Non è questo l’ambiente in cui deve trascorrere gran parte della sua adolescenza un ragazzo, una ragazza, che può essere vittima di bullismo. Perché se a casa ci pensano i social, tra pagine, post e commenti di compagni di scuola che “per scherzo” insultano, ridono e prendono in giro, lì, a scuola, non si combatte solo con i libri per prendere un 7 piuttosto che la sufficienza. Lì si combatte come si stesse in trincea. Una battaglia che ogni giorno milioni di giovani in Italia combattono con i propri coetanei, e soprattutto contro se stessi. Perché quando vincono “loro” – gli altri, i più grandi, i più popolari, i bulli – la vittima di turno si sente uno schifo. “Cosa c’è che non va in me?”, “Se di me dicono tutti così, forse è vero”. Frasi che girano e rigirano nelle teste adolescenziali, forse le migliori, forse semplicemente più sensibili.
Dall’indagine SOS condotta da Telefono Azzurro e DoxaKids emergono dati sconcertanti. In Italia un adolescente su cinque è vittima di bullismo a livello fisico, e l'80% di questi episodi avviene proprio a scuola. Il che è inaccettabile. Dovrebbe essere la scuola, come istituzione, ad insegnare ai ragazzi e alle ragazze come comportarsi. L’educazione, il rispetto, il valore della diversità – perché la diversità non è relegata al nerd, al diversamente abile, o al figlio di immigrati, la diversità è una realtà connaturata all’essere umano – la pacifica convivenza, la solidarietà, l’amore, l’integrazione, e chi più ne ha più ne metta. Questi sono i veri valori che la scuola dovrebbe promuovere, ma non aspettando le giornate della memoria – che anche quelle sono importanti – bensì ogni giorno, con l’attenzione a questo fenomeno purtroppo in espansione nelle nostre aule, e con la repressione di atti e fatti volti alla discriminazione e alla violenza. La prevaricazione dell’essere umano sui suoi simili – Homo hominis lupus scrisse l’autore latino Plauto, l’uomo è lupo per l’uomo – è un dato di fatto che già rovina il mondo per quello che è, se si vuole cambiare qualcosa bisogna partire dalle nuove generazioni.

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