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Borsellino – “Il depistaggio dello Stato”

La dichiarazione arriva dalla deposizione di Vincenzo Scarantino, collaboratore di giustizia, nel corso delle udienze per il processo noto come “Borsellino Quater”, ma più si va avanti, più la matassa si aggrovioglia e si perde di vista in baldolo. Insomma, anziché fare luce, aumentano le tenebre.
Scarantino, fra interruzioni e crisi di pianto, accusa polizia e pm: “Tutti sapevano che ero un falso pentito, lo dicevo anche ai pm che con il delitto Borsellino io non ho mai avuto nulla a che fare, ma Tinebra diceva che dovevo considerarlo una specie di incarico, la Palma diceva che comunque avrei accusato dei criminali, e i funzionari di PS come il dottor Bo volevano che mi incolpassi dell'omicidio Agostino… E La Barbera insisteva invece su faccia da mostro”.
Insomma, il pentito parla senza mezzi termini di un clamoroso quanto evidente depistaggio organizzato da coloro che invece avrebbero dovuto manifestare massina trasparenza, cioè lo Stato. Le parole di Scarantino coinvolgono il procuratore generale di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, nonché la dottoressa Anna Maria Palma e il dottor Bo, il quale avrebbe insistito perché Scarantino si accolllasse l'omicidio di un poliziotto, Nino Agostino, e della moglie incinta. Vi sarebbe poi Arnaldo La Barbera che nel 1990 avrebbe convocato il padre del poliziotto ucciso, per mostrargli alcune foto segnaletiche di pregiudicati e possibili killer dell'omicidio del figlio, e che tutte le volte indicava con maggiore insistrenza la foto di una persona dai capelli biondi. “Quella persona – dichiara il padre di Nino Agostino – non l'avevo mai vista, e solo dopo aver visto in tv le riprese di alcune fasi del processo Borsellino ho riconosciuto di chi si trattava, era Vincenzo Scarantino…”.
Dalle udienze del processo Quater emergerebbe la figura di Scarantino come pedina sacrificabile in una losca trama di giochi di potere, occultamento e depistaggio, messa in pratica dagli stessi organismi dello Stato. Sono le stesse parole di Scarantino, pronunciate nella sua deposizione.
Il prossimo 19 luglio sarà il 23° anniversario della strage di via D'Amelio. C'è solo da sperare (e nemmeno con tanta fiducia) che non si assista alle solite requisitorie di sconcertante e banale retorica,perché la verità sta solo aspettando di essere portata alla luce. Una luce che si intravvede dietro un velo che aspetta solo di essere rimosso. Chi si prenderà questa gravosa responsabilità?

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