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Latina – Grosso guaio al Tribunale Fallimentare

Latina – “Edizioni Oggi” se ne era occupato un paio di anni fa con un articolo (che senza dubbi avrà seguito) che potrebbe essere all'origine, fra diversi altri elementi, di quanto avvenuto alla Sezione Fallimentare del Tribunale di Latina, che ha avuto origine da una segnalazione-denuncia in cui si supponeva un fatto di bancarotta nell'ambito di un concordato preventivo, che ha poi aperto un filone d'indagine ben più profondo. Otto persone sono state arrestate con accuse che, a vario titolo, comprendono la corruzione in atti giudiziari, falso, turbativa d'asta e concussione, induzione indebita, rivelazione di segreto d'ufficio, accesso abusivo a sistema informatico. E sono solo alcuni dei più pesanti capi d'imputazione, in seguito a provvedimenti di custodia cautelare messi in atto dalla Squadra Mobile del capoluogo pontino guidata da Tommaso Niglio, su ordinanza dei giudici di Perugia e della stessa Latina. Degli otto arrestati, quattro sono in carcere, gli altri ai domiciliari. Fra loro il giudice Antonio Lollo (FOTO), in carcere per la vicenda che ruota intorno a presunte tangenti. Insieme ad Antonio Lollo sono state fermate la moglie Antonia Lusena e Angela Lusena Sciarretta, 78enne suocera del magistrato nonché ex vice-questore ed ex capo-gabinetto della Questura, sembra con l'accusa di detenzione di munizioni da guerra. Oltre a queste persone, nella lista compaiono anche alcuni professionisti (il consulente del Tribunale Vittorio Genco, i commercialisti Marco Viola e Massimo G. – ancora latitante – nonché l'imprenditore calabrese Luca Granato), il Cancelliere del Tribunale Rita Sacchetti e un sottufficiale della Guardia di Finanza, Roberto Menduti, ritenuto responsabile degli accessi abusivi ai registri telematici della Procura.
Secondo le indagini, il magistrato avrebbe percepito una percentuale sui compensi che, in sede di udienza, lui stesso riconosceva ai consulenti. Da alcune indiscrezioni pare che sarebbe stato accertato che detti consulenti erano nominati dal giudice Lollo per ogni singola procedura e corrispondevano normalmente a questo una percentuale dei compensi loro liquidati dal giudice medesimo, in seguito ad atti illeciti durante lo svolgimento delle aste pubbliche del Tribunale di Latina per la vendita di beni sottoposti a liquidazione. Oltre a questo, sarebbero state commesse numerose violazioni del sistema informatico del Registro Generale della Procura, tramite le quali le persone coinvolte venivano a conoscenza delle procedure o delle indagini a loro carico e agivano di conseguenza. Grazie a tale sistema, erano stato accumulati notevoli beni e un “tesoretto” che ammonta a oltre un milione di euro.
Particolarmente compromessa sarebbe la posizione del giudice Antonio Lollo, che sarebbe stato intercettato, rivelando importanti dettagli. Fra le conversazioni all'esame degli inquirenti, alcune dichiarazioni come “Porca troia, qui abbiamo mosso un milione di euro fra un cazzo e l'altro!” – “Ora dove li metto tutti 'sti soldi? Se avessi potuto mi sarei già comprato una casa o due…Non lo posso fare…A chi cazzo li intesto adesso? In qualche modo li devo riciclà…Come faccio senno?”, oppure altre esclamazioni del tipo “Me merito o no un bell'orologio? Un Rolex…Ho scelto un Daytona“, o ancora “I miei amici mangiano tutti alla stessa tavola, e comunque io sono un capo dalle spalle larghe e dalle palle sotto, e devono fare quello che dico io…“- frasi intercettate durante una delle conversazioni che il magistrato avrebbe avuto con uno o più complici. E sempre fra le conversazioni intercettate, viene evidenziato dell'altro: “A me mi frega dei soldi… Non mi sento per niente sporco, e mia moglie è dalla parte mia! Gli volevo fa' pure a lei un regalo, con gli smeraldi…orecchini e un anello, se c'hai i rubini preferisco però lo smeraldo…Tutti smeraldi, un bel bracciale magari…“.
A seguito delle intercettazioni, scatta quindi il pedinamento, e il giudice Lollo viene fotografato, dagli investigatori della Squadra Mobile di Latina, in una rinomata gioielleria di via Cavour, a Roma. Sentendosi braccato, aveva inoltre predisposto di portare tutto oltre confine, ma gli agenti lo hanno preceduto.
Secondo una prima ricostruzione, l'attività dell'organizzazione funzionava in questo modo: Lollo e il commercialista Viola, considerato il principale complice, individuavano le procedure che comprendevano le cifre più alte e facevano in modo di portarle al Tribunale di Latina, proponendo scambi di sede legale o mistificazioni che facevano apparire il Tribunale Fallimentare di Latina, presieduto dallo stesso Antonio Lollo, come sede competente. Il giudice quindi incaricava i propri complici, consulenti e liquidatori, oppure pare costringesse dietro minaccia di ritorsione, ad accettare di prendere in carico la procedura, con pianificazione meticolosamente studiata a tavolino, a quanto pare anche nel corso di riunioni private nella propria casa. Le procedure venivano accelerate e pilotate in cambio di parcelle a diversi zeri. Successivamente il finanziere R.M., accedeva  al sistema informatico e quindi teneva al corrente i complici sullo sviluppo di indagini e procedure varie.

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