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Inceneritori: alto rischio mortalità, la soluzione è il riciclo

Roma – Gli inceneritori aumentano la mortalità: degli studi hanno condotto a un rapporto tra le emissioni e l'aumento dei casi di tumore.
Secondo Giuseppe Giorgio, professore ordinario di Medicina interna all’Università degli Studi di Perugia, solo il 2% delle polveri emesse dagli inceneritori ricade sulle superfici circostanti, mentre il resto raggiunge il suolo penetrando nelle acque, nella terra e negli allevamenti. E' così che le polveri si immettono nell'organismo, alterando il Dna e trasformando le cellule in cancerogene. 
Questi dati non ci arrivano solo dagli studi compiuti sull'inceneritore di Terni e sugli altri italiani, ma anche dall'estero. 
Emblematico è il caso di Coriano, in provincia di Rimini, dove due inceneritori che bruciano rifiuti ospedalieri e generici hanno causato, dal 1990 al 2004, l'aumento della mortalità per tumore delle donne residenti dal 17 al 54%. Uno studio eseguito nel 2011 sempre in Emilia Romagna ha evidenziato un aumento della mortalità del numero di neonati prematuri, aborti spontanei e malformazioni congenite proporzionate al numero di anni di esposizione alle emissioni. Questi dati hanno allarmato molto l'amministrazione che ha deciso che in Emilia Romagna non si costruiranno più inceneritori e che quelli esistenti verranno progressivamente smantellati. 
Dall'estero invece ci perviene il caso di Kirklees, nel nord est dell’Inghilterra, dove nel 2010 il livello di mortalità infantile nei distretti posti sottovento rispetto all’inceneritore è del 9,6 per mille, mentre nei distretti sopravento il tasso era fermo all’1,1. 
La soluzione al problema perviene dall’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova e si trova nel riciclo e in una maggiore precisione e puntualità negli studi sull'inquinamento.
Caso esemplare è il comune di Capannori, in Toscana, che ha applicato una tassa sui rifiuti a tariffa puntuale e ha una raccolta differenziata all’80%.

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