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“Zingari delinquenti”: per la Cassazione è razzismo

Roma – Definire gli zingari come “delinquenti”, “assassini” o “canaglie” è una chiara espressione di discriminazione razziale. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza con cui la Corte d'appello di Trento aveva assolto un imputato, all'epoca dei fatti consigliere comunale del capoluogo trentino, finito sotto processo per un intervento, tenuto durante una seduta consiliare, con cui, secondo l'accusa, aveva diffuso “idee fondate sull'odio e sulla discriminazione razziale nei confronti delle comunita' Rom e Sinti”.
I giudici del merito avevano assolto l'imputato ritenendo che, nel caso in esame, non si potesse parlare di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale ed etnico, ma piuttosto di diffamazione.
Ma la Cassazione è stata di tutt'altro avviso, ritenendo che, nell'intervento del consigliere comunale, vanno evidenziate note razziste, come sollecitato dal pg di Trento il cui ricorso è stato accolto dalla Suprema Corte.
Il discorso tenuto in Consiglio comunale dall'imputato riguardava, in particolare, la mancata frequenza della scuola da parte dei bambini nomadi. e, in un punto del suo intervento, il consigliere aveva parlato di “sedicente cultura” e “discutibili tradizioni”, manifestando l'idea di fondo secondo cui “l'unica possibilità di salvezza per i bambini di detta etnia era quella di sottrarli alle famiglie d'origine”, operando un vero e proprio “sequestro di Stato”.
Per la Suprema Corte, “l'elemento che caratterizza la fattispecie sarebbe la propaganda discriminatoria, intesa come diffusione di una idea di avversione tutt'altro che superficiale, non già indirizzata verso un gruppo di zingari, magari quelli dediti ai furti, ma verso tutti gli zingari indicati come assassini, ladri, pigri, canaglie, aguzzini e via dicendo, quindi verso il loro modo di essere, verso la loro etnia evocata espressamente, avversione apertamente argomentata sulla ritenuta diversità e inferiorità”.

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