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Una rara sindrome infiammatoria sta colpendo i bambini di tutto il mondo

Il coronavirus tende a colpire maggiormente la popolazione anziana, da quando la pandemia ha iniziato a diffondersi è apparso evidente che i bambini e gli adolescenti coinvolti rappresentano una piccolissima frazione dei contagiati. Basti pensare che in Europa, secondo i dati diffusi dal Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC) e basati sulle analisi del The European Surveillance System (TESSy), del totale delle persone infettate soltanto il 2,1 percento ha un’età compresa tra 0 e 14 anni. Ma ciò non significa che giovani e giovanissimi non possano ammalarsi anche seriamente, e purtroppo anche morire a causa della COVID-19, l’infezione provocata dal patogeno emerso in Cina.

Lo studio

Lo dimostra uno studio condotto da scienziati dell’Università di Shanghai Jiao Tong e i dati clinici che giorno dopo giorno vengono diffusi da tutto il mondo. Adesso si sta scoprendo che un piccolo numero di bambini e adolescenti infettati dal coronavirus potrebbe sviluppare una nuova condizione infiammatoria molto simile alla sindrome di Kawasaki, ovvero una rara “sindrome multisistemica infiammatoria pediatrica” (PIMS) che gli scienziati devono ancora ben definire. Ad oggi, come spiegato dagli ECDC in un comunicato stampa, diversi Paesi colpiti dalla pandemia di SARS-CoV-2 stanno segnalando casi di bambini ricoverati in terapia intensiva a causa di questa particolare sindrome. I sintomi sviluppati sono una combinazione tra quelli della già citata sindrome di Kawasaki (una vasculite, cioè un’infiammazione dei vasi sanguigni), e la Sindrome da Shock Tossico (TSS): tra essi si segnalano febbre, dolori addominali e problemi cardiaci. È noto che sia nell’intestino che nel cuore ci sono cellule che esprimono il recettore ACE2 cui si lega la Proteina S o Spike del coronavirus quando aggredisce l’organismo; gli scienziati ritengono che proprio la massiccia presenza di queste cellule sia alla base dei disturbi cardiaci e intestinali che molto spesso la COVID-19 determina. L’associazione tra la nuova sindrome infiammatoria multisistemica (cioè che colpisce più organi) e l’infezione del SARS-CoV-2 è stata ipotizzata poiché molti piccoli che l’hanno sviluppata sono risultati positivi al tampone rino-faringeo o al test sierologico (hanno gli anticorpi). Ma non tutti, quindi ancora non vi è l’assoluta certezza di questo legame, sebbene venga ritenuto “plausibile”. L’allarme sulla possibile associazione e sulla definizione della condizione è stato lanciato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Come sottolineato dagli ECDC, di questa nuova sindrome multisistemica sono stati registrati circa 230 casi in Europa, con due esiti fatali, uno in Francia e uno nel Regno Unito. Il rischio complessivo della COVID-19 e della PIMS è considerato comunque basso nei bambini, e non c’è alcun motivo di allarmarsi. Ciò nonostante, gli ECDC ritengono molto importante avvisare operatori sanitari e genitori di questa potenziale associazione, indicando di intervenire tempestivamente nel caso in cui dovessero emergere sintomi sospetti.

 

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