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Tra fake news e disinformazione, Facebook minaccia la democrazia

Ingerenza nelle elezioni, privacy e notizie false: Facebook è nel mirino del Digital, Culture, Media and Sport Committee del parlamento britannico.

La Commissione sul Digitale, la Cultura, Media e Sport della Camera dei Comuni del parlamento britannico ha pubblicato un’indagine sull’attività di Facebook, concentrandosi su disinformazione e fake news. Nel bel mezzo del caos per la brexit, a poco più di un mese dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, il Digital, Culture, Media and Sport Committee (DCMS) pubblica il risultato di un’inchiesta durata 18 mesi, che indaga sui diritti alla privacy e su come le scelte politiche vengono influenzate dall’informazione online. Secondo la Commissione, Facebook avrebbe infranto di proposito la legge sulla privacy e sulla concorrenza e dovrebbe essere urgentemente sottoposto ad un regime legislativo più stringente.

L’indagine sottolinea come il social network più famoso del mondo stia approfittando del suo predominio per azzerare la concorrenza e schiacciare le altre piattaforme. La Commissione britannica si concentra poi sul ruolo di Facebook nel diffondere notizie false, e sul peso che il sito di Zuckerberg ha avuto nel referendum per la Brexit del giugno 2016. Non sono stati anni facili per Facebook, dopo le accuse di interferenza russa tramite il social nelle elezioni del presidente Donald Trump nel 2016, e lo scandalo Cambridge Analytica, secondo cui i dati di milioni di utenti sarebbero stati sfruttati per scopi politici. Il Digital, Culture, Media and Sport Committee ha bollato il social e i suoi dirigenti come “gangster digitali”.

“L’età di inadeguata autoregolamentazione deve finire”, dice il presidente del DCMS

Il report pubblicato dalla Commissione sul Digitale, la Cultura, Media e Sport del parlamento britannico indaga su interferenze in elezioni politiche nel Regno Unito e nel resto del mondo, “esercitate da forze maligne intenzionate a causare disordine e confusione”. Il DCMS è entrato in possesso di documenti interni a Facebook che mostrano come il social abbia usato la sua tecnologia per violare le leggi e vendere i dati privati degli utenti senza il loro consenso. “Abbiamo sempre sperimentato la propaganda e il pregiudizio politicamente allineato, che pretende di essere notizia, ma questa attività ha assunto nuove forme ed è stata enormemente amplificata dalla tecnologia dell’informazione e dall’ubiquità dei social media”, si legge nelle prime pagine del report. “In questo ambiente, le persone sono in grado di accettare e dare credito alle informazioni che rafforzano le loro opinioni, non importa quanto distorte o inaccurate, mentre respingono i contenuti con cui non sono d’accordo come ‘notizie false’. Ciò ha un effetto polarizzante e riduce il terreno comune su cui può svolgersi un dibattito ragionato, basato su fatti oggettivi”, continua l’indagine.

“Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale nel rapporto di forza tra queste piattaforme e il pubblico. L’età di inadeguata autoregolamentazione deve finire”, ha dichiarato Damian Collins, il presidente del DCMS. “La democrazia è a rischio per via del targeting maligno e implacabile dei cittadini con disinformazione e pubblicità occulta e personalizzata, provenienti da fonti non identificabili, fornite attraverso le principali piattaforme di social media che usiamo ogni giorno”, ha aggiunto. L’indagine sostiene poi che “Facebook continua a scegliere il profitto rispetto alla sicurezza dei dati, assumendosi dei rischi al fine di dare priorità al proprio obiettivo di ricavare denaro dai dati degli utenti”: “alle aziende come Facebook non dovrebbe essere permesso di comportarsi come ‘gangster digitali’ nel mondo online, ritenendo di essere al di sopra e oltre la legge”.

Facebook come minaccia alla democrazia, la corsa ai ripari

L’effetto polarizzante delle dinamiche da social network ha effetti evidentemente nocivi per il dibattito pubblico. Quando queste distorsioni iniziano a influenzare le campagne elettorali e il comportamento degli elettori al momento del voto, i principi democratici vengono minacciati. Per questo l’indagine del Digital, Culture, Media and Sport Committee lancia un appello, e invita a una maggiore trasparenza nella sfera digitale, in modo che l’utente conosca sempre la fonte dell’informazione, chi ha pagato per la diffusione della notizia e perché quel contenuto compare proprio sulla sua bacheca. Gli utenti hanno il diritto di sapere quali algoritmi, e in base a quale logica, i nostri dati vengono analizzati per gestire la diffusione dei contenuti.

“Dobbiamo applicare princìpi democratici ampiamente accettati per garantirne l’applicazione nell’era digitale”, avvisa il report. “Le grandi tech-companies non devono potersi espandere in modo esponenziale, senza costrizioni o una corretta supervisione regolamentare. Solo i governi e la legge sono abbastanza potenti per contenerle. Gli strumenti legislativi esistono già”. Nell’ottica di costruire una rete più grande ed efficace di regolamentazione e controllo, bisogna ricorrere a leggi sulla privacy, protezione dei dati e leggi per garantire la competizione equa.
Il DCMS ha invitato “i rappresentati democraticamente eletti di otto paesi a unirsi alla nostra commissione nel Regno Unito per creare un ‘International Grand Committee’ (Grande comitato internazionale, ndr), il primo del suo genere, per promuovere un’ulteriore cooperazione transfrontaliera nell’affrontare il dilagare della disinformazione e la sua perniciosa capacità di distorcere, disgregare e destabilizzare”. Da una parte internet ha espanso le capacità di comunicare, unire e creare legami, che non hanno precedenza nella storia dell’umanità. Dall’altra parte, però, questa libertà incontrollata e potenzialmente illimitata ha il potere di distorcere, polarizzare e creare tensioni sociali che difficilmente vengono tenute sotto controllo. Il web ha aperto la strada ad una nuova epoca storica, penetrando nelle nostre vite e cambiandole radicalmente. Ora il mondo delle istituzioni deve adattarsi ai cambiamenti che hanno stravolto la società così rapidamente. “In una democrazia, abbiamo bisogno di sperimentare una pluralità di voci e, criticamente, di avere le capacità, l’esperienza e le conoscenze per misurare la veridicità di quelle voci”, ammette il report. “Dobbiamo fare in modo che le persone rimangano al comando delle macchine”.

Di A.C.

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