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TASSARE LA POVERTA’ NON CONVIENE*

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La riforma fiscale più seria ed importante che si possa fare non può prescindere dall’individuazione di quanto occorra ad una persona o ad una famiglia per vivere dignitosamente.

Una volta stabilito questo importo sarà quello il limite al di sotto del quale alcun reddito potrà essere tassato. È questione di dignità, ma soprattutto di libertà, perché se non si è in grado di soddisfare i propri bisogni primari che una società sempre più consumistica impone, non solo si precipita nell’indigenza, ma si diventa schiavi di quei bisogni, e quindi non si è liberi.

Allo stesso modo non si è liberi se non si dispone di una casa, piccola o grande che essa sia, di proprietà o anche tenuta in affitto. Per questo nessuno potrà toglierti quella casa, né pignorarla, espropriarla o vendere all’asta per debiti di qualsiasi natura, sia nei confronti di privati che dello Stato. Lo diceva Solone negli Arconti prima che Gesù nascesse.

Una volta stabiliti questi principi, allora potremo anche parlare seriamente di tasse e colpire quella parte di ricchezza che residua dopo aver tolto ciò che serve per vivere con dignità. In questo caso le aliquote fiscali potranno essere anche maggiori di quelle attuali. E ciò per due ragioni: per un principio di solidarietà nei confronti di chi non ha redditi o ha redditi appena sufficienti a vivere decorosamente, e per un principio di perequazione sociale. Chi guadagna di più e a volte anche molto di più di altri, deve questa maggiore ricchezza non solo alle proprie capacità, ma anche e soprattutto ai servizi forniti dallo Stato (dall’istruzione alle infrastrutture, dalla sanità ai servizi pubblici ecc), oltre a al concorso della comunità in cui vive.

Ed allora, se oggi per vivere dignitosamente un individuo ha bisogno di almeno 15.000 euro l’anno, quella sarà la sua “no tax area”, ossia il limite al di sotto del quale egli non dovrà versare nulla allo Stato. Se ad una famiglia di due persone di euro ne occorrono almeno 21.000, quella sarà la sua “no tax area”. E così via via ad aumentare per i casi di famiglie più numerose.

Oggi i limiti di esenzione reddituale ci sono, ma sono troppo bassi, per cui vengono di fatto tassati redditi che potremmo definire di sopravvivenza e che costringono le famiglie a vivere in una sorta di schiavitù sociale, come tali soggette a ricatti sia sociali che politici non più tollerabili in un paese che vuole definirsi civile.

A chi dovesse obiettare che alzando il limite di reddito non tassabile lo Stato vedrebbe ridursi le entrate tributarie faccio rilevare che questo è un falso problema.

Ed infatti oggi molte famiglie, a causa della tassazione fiscale, restano con un reddito che non permette loro di arrivare a fine mese, per cui hanno bisogno di aiuti diretti o indiretti da parte dello Stato o di altri enti pubblici territoriali sotto forma di esenzioni, agevolazioni o sussidi. In questo modo ciò che entra dalla porta con le tasse, poi necessariamente esce dalla finestra attraverso i costi dell’assistenza sociale, per cui il conto per lo Stato torna sostanzialmente in parità.

Ed allora, se non vi sono aggravi per lo Stato, perché tassare i cittadini meno abbienti per poi umiliarli a chiedere sussidi ed assistenza per consentirgli di vivere dignitosamente?

Ma c’è di più. Disponendo di maggiori risorse finanziarie le famiglie potrebbero poi anche spendere di più. L’aumento dei consumi familiari produrrebbe a sua volta un aumento della produzione dei beni e servizi che a loro volta si tradurrebbero in maggiori entrate tributarie per lo Stato, grazie all’aumento del gettito IVA che colpisce proprio i consumi.

Insomma, tassare non sempre è un buon affare per lo Stato se ad essere colpiti sono i redditi medio bassi.

Bisogna tassare la ricchezza, ossia ciò che resta dopo che abbiamo soddisfatto i nostri bisogni (mangiare, pagare l’affitto, vestirsi, curare i figli, vivere in maniera decorosa) e non la povertà.

Aggiungerei che, sotto diverso profilo, allo Stato non conviene nemmeno tartassare le imprese e gli autonomi. Ma di questo mi occuperò in un prossimo post.

Tratto dal libro IL VACCINO RIVOLUZIONARIO di Raffaele Avallone

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