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Strage di Christchurch, Alberto Negri parla di “internazionale del suprematismo bianco”

Il giornalista esperto in Medio Oriente e analista geopolitico Alberto Negri parla della strage di Christchurch, in Nuova Zelanda.

La Nuova Zelanda è terra di accoglienza, integrazione, dialogo. Il cuore di questo paese esempio di ospitalità è stato colpito quando quarantanove persone sono morte a Christchurch per un attentatore che in diretta streaming voleva fare una strage di fedeli che si recavano alla moschea. La premier Jacinda Ardern ricorda che la Nuova Zelanda è un paese “rappresentante della diversità, della compassione, della gentilezza”, e per questo un gesto tanto efferato quanto gratuito e insensato risulta ancora più difficile da accettare e comprendere.

Cosa può spingere un uomo ad accanirsi così violentemente contro degli innocenti? Quale folle ideologia, oggi, può spingere a tanta brutalità? E perché la necessità di trasmettere tutto in diretta Facebook? Il giornalista esperto in Medio Oriente e analista geopolitico Alberto Negri ha provato a dare la sua risposta a queste domande al giornale online In Terris. “C’è un fenomeno, quello del suprematismo bianco, che è stato largamente sottovalutato negli ultimi anni”, esordisce Negri. “Nel 2017, secondo i dati americani, il 60-70% degli omicidi di stampo politico, ideologico o religioso, sono stati messi in atto da suprematisti bianchi o da gruppi di estrema destra, neonazisti. E sono largamente superiori a quelli commessi dagli estremisti islamici. Da qui la sottovalutazione del fenomeno”. Il fenomeno del suprematismo bianco e dell’estremismo di destra, aggiunge Negri, resta marginale nella società, ma ciononostante è “molto esteso dal punto di vista globale”.

Ciò che contraddistingue i suprematisti bianchi è la convinzione che “che il radicalismo islamico e l’immigrazione siano da combattere anche con la violenza”. Si tratta quindi di un fenomeno prodotto nel nostro secolo, da una società che ha paura di chi porta il velo o professa religioni diverse dalla nostra. “L’attentatore di Christchurch, ad esempio, ha un documento che non solo inneggia a Trump (anche se lo critica da altre parti) ma che in qualche modo fa riferimenti a fatti ed eventi, recenti o del passato, che si rifanno a correnti islamofobe. Quindi ci troviamo di fronte ad attentatori singoli ma che, attraverso la rete, hanno dei contatti di tipo globale”. “Questa dimensione fa pensare a una sorta di internazionale del suprematismo o di grande e violenta patria bianca che non conosce confine e che prende ispirazione da gesti compiuti anche molto lontano da dove avvengono poi le stragi”.

Il ruolo di internet come strumento veicolante, per il suprematismo così come per il jihadismo

Il suprematismo bianco sembra avere dei tratti in comune con il jihadismo, almeno nell’uso della rete per attirare proseliti e seguaci. “In parte possiamo avvicinare le due cose, proprio perché anche questi gruppi sfruttano molto internet. Questo attentato, peraltro, ha la novità quasi assoluta di essere stato trasmesso in streaming. Internet è un po’ la base su cui corrono e scorrono le idee di questi gruppi”. Per diffondere estremismi e ideologie, internet sembra perfetto. Lancia un messaggio a milioni di persone, è facile mantenere l’anonimato, annulla gli spazi e le distanze e ti mette in contatto con persone che la pensano come te. “Internet amplifica moltissimo la diffusione di documenti che si rifanno a ideologie non solo suprematiste ma anche antisemite, islamofobe e di difesa della razza bianca”. Possono sembrare episodi isolati, negli Stati Uniti, in Europa o in Australia, ma “se andiamo a vedere i dati della loro diffusione globale, ci rendiamo conto che non si tratta solo di fatti locali ma sono una spia di malessere generale, innescato da diversi fattori che si rifà a ideologie razziste, neonaziste e antisemite di cui conosciamo molto bene le origini”.

“Fino a poco tempo fa la Nuova Zelanda sembrava immune dai malesseri che c’erano in altre zone del mondo, anche in Australia. Gli inquirenti dovranno capire, sulla figura di questo Tarrant, perché è accaduto lì. Sarà necessario capire se l’attentatore aveva fin dall’inizio l’intenzione di colpire a Christchurch o se prima aveva progettato di farlo in Australia, o se era già un elemento sotto la lente delle autorità. Il fatto che sia andato in Nuova Zelanda mi fa pensare che potesse essere già sotto osservazione da parte degli inquirenti. Forse potrebbe essere una spiegazione ma qui siamo nel campo delle ipotesi. Ora dovranno dirci le autorità locali chi sono questi personaggi, Tarrant e gli altri arrestati, se sono connessi e in che modo a questa strage. Saranno loro che dovranno arricchirci di dettagli e informazioni utili a ricostruire il quadro”, conclude Alberto Negri.

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