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Spese pazze in Regione Liguria, condannato vice ministro Edoardo Rixi

 

Il tribunale di Genova ha condannato in primo grado a 3 anni e 5 mesi per falso e peculato il viceministro alle Infrastrutture, il leghista Edoardo Rixi, imputato nel processo sulle cosiddette “spese pazze” insieme con altre 21 persone. Per Rixi è stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Il pubblico ministero Francesco Pinto aveva chiesto una condanna a 3 anni e 4 mesi: per l’accusa, diversi consiglieri regionali avrebbero utilizzato fondi pubblici per finanziare spese private, tra cui cene, viaggi, acquisti di vario genere e persino gratta e vinci. A Rixi, in particolare, è stata contestata una mancata vigilanza sulle spese (oltre 30mila euro, secondo gli inquirenti) in quanto capogruppo del Carroccio in Regione, e spiegazioni sui conti legati ai viaggi in occasione dei raduni a Pontida. Il periodo preso in considerazione è quello che va dal 2010 al 2012.

Nel processo, oltre a Rixi, sono coinvolti anche l’altro ex consigliere leghista, Francesco Bruzzone, e poi Matteo Rosso ( eletto con Forza Italia, oggi in Fratelli d’Italia); Michele Boffa, Nino Miceli e Renzo Guccinelli ( Pd); Raffaella Della Bianca ( passata al Gruppo misto e poi tornata in Fi); Franco Rocca e Alessio Saso ( Ncd), Rosario Monteleone e Marco Limoncini ( Udc), Aldo Siri ( Lista Biasotti), Armando Ezio Capurro ( ex Noi con Burlando, il secondo passato a Direzione Italia), Matteo Rossi ( per quasi tutto il mandato in Sel), Alessandro Benzi ( da Sel al Gruppo misto), Giacomo Conti ( Fds), Luigi Morgillo, Marco Melgrati e Roberta Gasco ( Fi); Marylin Fusco per la militanza in Diritti e Libertà (accusa aggiuntiva a quella per il periodo trascorso nell’Idv).

La condanna di Rixi ha inevitabile conseguenze anche a livello nazionale, così come accaduto nel caso di Armando Siri, per cui i 5 Stelle avevano chiesto e ottenuto le dimissioni. Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva ripetutamente ribadito l’intenzione di mantenere Rixi al suo posto, mentre i deputati pentastellati avevano subito fatto riferimento alle dimissioni in caso di condanna.

 

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