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Speranza: ‘I dati internazionali Covid sono ancora preoccupanti’

 

I dati internazionali del Covid sono ancora preoccupanti. Gli ultimi segnali da Francia, Spagna e Germania ci dicono ancora una volta che la battaglia non è vinta, Neanche in Europa”. Lo afferma su Fb il ministro della Salute, Roberto Speranza, sottolineando che “per questo dobbiamo insistere con la forza della prudenza”. Intanto, il governatore veneto Zaia sollecita che i pieni poteri siano dati alle Regioni: “Hanno dimostrato di poter gestire l’emergenza meglio di chiunque altro”,  ha detto a Vo’ parlando delle polemiche nate dal prolungamento dell’emergenza Covid deciso dal Governo. “La prossima che emanerò sarà un’ordinanza di mantenimento rispetto alle misure che verranno prese – ha concluso – In ogni caso mi confronterò col ministro Speranza”.

“Per quanto riguarda l’Europa serve una strategia comunitaria. Avere mille casi al giorno in Spagna e 700 in Germania significa che servono restrizioni che devono partire dal Paese d’origine, quando vengono da noi servono indicazioni come la quarantena. Serve una mappatura del virus e un’organizzazione comunitaria”. Lo ha affermato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri a Radio Cusano Campus. Per chi arriva da un’area fuori Schengen, invece, “ho proposto tamponi all’arrivo, quarantena breve e altro tampone perché solo quello all’arrivo non basta”. Questo virus “ormai esiste, dobbiamo controllarci e controllare gli altri, dobbiamo conviverci perché ancora per diversi mesi -ha concluso – non ci sarà un vaccino”.

In 7 giorni +23% nuovi casi di Covid-19 rispetto alla settimana precedente, a fronte di un lieve aumento del numero di tamponi diagnostici: in particolare nella settimana 22-28 luglio, rispetto alla precedente, i numeri sono in aumento, +328 nuovi casi, +361 “attualmente positivi”. Confermata quindi la circolazione endemica del virus con rilevanti differenze regionali: dei 12.609 attualmente positivi il 53% è in Lombardia, il 37,4% si distribuisce tra Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Veneto, Campania e Toscana e il 9,6% nelle altre regioni.

Questi i dati principali del monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe. Un aumento dei casi che, insieme a un incremento dell’ospedalizzazione di casi con sintomi, afferma il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, rappresentano “due spie rosse che confermano la necessità di mantenere alta la guardia, senza allarmismi ma con senso di grande responsabilità individuale e collettiva”.

Nel dettaglio, rileva la Fondazione Gimbe: decessi 50 (+0,1%); terapia intensiva: -9 (-18,4%); ricoverati con sintomi +17 (+2,3%); nuovi casi totali: +1.736 (+0,7%); tamponi diagnostici: +17.859 (+10,4%); tamponi totali: +28.080 (+9,3%). Inoltre nel quadro di un netto incremento dei nuovi casi nella settimana 22-28 luglio rispetto alla precedente (+328) si rilevano notevoli variazioni regionali: solo in 6 Regioni i casi sono in riduzione, mentre in 15 sono in aumento. Incremento moderato in Emilia-Romagna (+70), Prov. Aut. Trento (+65) e Campania (+56), netta riduzione in Veneto (-73). Parametrando i nuovi casi alla popolazione residente, tra le Regioni che fanno registrare il maggior incremento per 100.000 abitanti, svetta la Provincia Autonoma di Trento (13,86), seguita da Valle D’Aosta (7,96), Emilia-Romagna (7,56), Molise (7,53) e Basilicata (7,28).

Dal monitoraggio emerge che per la prima volta dopo mesi di costante riduzione si registra un lieve incremento dei pazienti ricoverati con sintomi Covid-19. Se i pazienti in terapia intensiva diminuiscono, -9 in una settimana pari a una riduzione del 18,4% per un totale di 40 contro i 49 precedenti, “per la prima volta – afferma Gimbe – si registra un’inversione di tendenza nel trend dei pazienti ospedalizzati con sintomi, che era in costante discesa da inizio aprile”. Rispetto alla settimana precedente l’incremento di questi casi è stato di 17 (+2,3%) per un totale di 749 contro i 732 del precedente monitoraggio. “Una ragione in più per rendere disponibile il numero dei nuovi pazienti ricoverati e dimessi dall’ospedale e dalle terapie intensive quotidianamente, visto che i dati si riferiscono solo al ‘saldo’, ovvero al numero dei posti letto occupati, quale indice del sovraccarico ospedaliero”, rileva la Fondazione.

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