ITALIA

dall'

Solo notizie convalidate
[wpdts-weekday-name] [wpdts-date]

EDIZIONI REGIONALI

Solo notizie convalidate

EDIZIONI REGIONALI

Sovraffollamento carceri: tra diritti e incertezze

ROMA – Rimane in costante aumento il sovraffollamento delle carceri nella Regione Lazio, dove il numero totale di detenuti è pari a 6.247, che risultano reclusi in 14 Istituti del Lazio al 30 giugno 2017. Un dato che evidenzia un sovraffollamento di circa 1.008 detenuti, considerando i 5.239 previsti.

Le cifre non sono sufficienti a definire il concetto di sovraffollamento o meglio cosa significhi accogliere in struttura più persone di quante le possibilità consentano.

Molti detenuti non hanno un posto letto e la maggior parte di loro vive in meno di 4 metri quadri a testa. Spazio che determina da un lato la violazione degli standard minimi previsti dal Consiglio d’Europa, ma allo stesso tempo, seppur estremamente limitato, un costo esorbitante per lo Stato. Ogni detenuto infatti costa allo Stato circa 140 euro al giorno. La Spagna per fare un esempio, paga tre volte di meno. A svelare come si viva dietro le sbarre è l’associazione Antigone, con il rapporto annuale “Galere d’Italia”, che aiuta a comprendere non solo lo stato di salute di chi vive dietro le sbarre, ma chi effettivamente si diventi.

La situazione sembrava migliorata rispetto al 2010, quando i detenuti erano circa 68mila e 258. Nel 2016 i dati risultavano ancora in discesa, 53 mila e 495 detenuti ma quest’anno sembra essersi verificato un “rimbalzo”. I dati raccolti dal Ministero di Giustizia suggeriscono che l’inversione di tendenza abbia avuto inizio già lo scorso anno. A gennaio 2016 infatti si registrava già un 6,2% in più, con un numero di detenuti pari a 55.381. Il problema è che la differenza tra detenuti e posti letto disponibili non aumenta e per poter supplire a una mancanza di capienza si è dovuto fare ricorso a dei cambiamenti: limitare gli ingressi in carcere; agevolare le “uscite” favorendo la possibilità di far scontare alcune pene in abitazione. I numeri dell’attuale sovraffollamento della Regione Lazio sono pari a: Viterbo (+187) ; CC Cassino (+94); CC Frosinone (+51); NC Civitavecchia ( +86); CCF Rebibbia ( +76); NC Rebibbia ( + 252); CC Regina Coeli (+299); Velletri (+161) , CC Latina (+ 55) NC Rieti( +70).

Ma quali sono le condizioni previste per i detenuti dalla legge?

La Cassazione ha interpretato la giurisprudenza di Strasburgo favorendo i detenuti (Cass., Sez. I, sent. 9 settembre 2016 n. 52819). Secondo la Cassazione, nel rispetto dei parametri fissati dalla Corte EDU, per la verifica dell’ampiezza della cella è necessario prendere in considerazione l’area in cui il detenuto ha effettivamente libero di muoversi. È importante che lo spazio non sia ristretto al punto da rappresentare un trattamento inumano e degradante. Gli spazi occupati dai servizi igienici, dal letto e da ulteriori arredamenti essenziali fissi devono essere dunque sottratti da tale misurazione (gli arredi amovibili sono inclusi). Questo criterio viene scelto al fine di tutelare i detenuti tra i diversi orientamenti della giurisprudenza nazionale e sovranazionale. Ci si propone di assicurare una tutela maggiore rispetto ai limiti fissati dalla Convenzione e probabilmente dalla Corte di Strasburgo stessa.

Inizialmente lo spazio veniva calcolato sulla base di altri fattori: condizioni igieniche, rischio di diffusione di malattie. La prima svolta è giunta con la celebre pronuncia Sulejmanovic c. Italia, quando la Corte stabilì che uno spazio inferiore a 3 mq avrebbe rappresentato una presunzione assoluta di trattamento inumano e degradante, non integrabile con altri parametri. La presunzione diventa relativa nel momento in cui lo spazio oscilla tra i 3-4 metri, prevedendo quindi il calcolo di altre condizioni di detenzione. Stesso orientamento ha abbracciato la Corte nella sentenza-pilota Torreggiani e altri c. Italia, relativa alle problematiche strutturali delle carceri italiane che impose alle autorità competenti di munirsi di rimedi idonei ad offrire forme di ristoro a coloro che ne rimangono vittime.

Nonostante si ritenesse che il metodo fosse orami consolidato, nello scorso anno la Grande Camera lo ha nuovamente disatteso nella sentenza Muršić c. Croazia. I requisiti minimi richiesti per ogni cella sono una superficie di almeno 3 mq per detenuto, la disponibilità di uno spazio individuale per dormire e la possibilità di muoversi liberamente all’interno. Qualora una o più delle condizioni non sia soddisfatta, si integrerà la presunzione di violazione dell’art. 3 CEDU, non assoluta. La breve durata della detenzione, la possibilità di svolgere delle attività all’esterno della cella, le adeguate condizioni di detenzione della struttura carceraria, quindi l’illuminazione, l’areazione, lo stato dei servizi igienici, etc. possono vincere la presunzione bilanciando la gravità della condizione. In conclusione, se lo spazio supera i 4 mq eventuali violazioni saranno determinate sulla base di altri fattori, escluso il sovraffollamento.

Tra le principali conseguenze del calcolo suddetto c’è il risarcimento che può essere eventualmente richiesto all’autorità statale, oltre alle ricadute sull’edilizia carceraria.

Nonostante il criterio del calcolo esposto dalla giurisprudenza della Corte EDU sembri univoco, non c’è di fatto una soluzione certa. È possibile rinvenire sentenze in cui il calcolo dello spazio esclude dal conto i mobili; in cui la Corte non specifica quali siano i criteri da seguire per determinare lo spazio netto e lo spazio lordo; sentenze in cui invece  specifica l’esclusione degli arredi; una sentenza che rimane esclusa sottrarrebbe dal calcolo solo lo spazio dei letti considerando quello dei mobili restanti. Infine, come detto, talvolta sono indicati dei requisiti minimi come una superficie di 3 mq e la possibilità di muoversi liberamente (formula sicuramente ambigua).

A livello nazionale non è possibile sfruttare i suggerimenti di nessuna fonte a causa delle lacune legislative che caratterizzano il nostro ordinamento. La stessa legge sull’ordinamento penitenziario (l. 354/1975) rimane muta, come anche gli articoli 6-8 del regolamento di attuazione (d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230). Sebbene non espressamente rivolti alle carceri, è possibile trovare delle indicazione circa la metratura per tutte le abitazioni civili: “le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq. 9, se per una persona, e di mq. 14, se per due persone”, aggiungendo 5 mq in più per ogni ulteriore detenuto (art. 2, comma 2 d.m. del Ministero dalla Sanità del 5 luglio 1975, n. 399000). È evidente il contrasto con i criteri fissati dalla Corte EDU. Ad ogni modo il criterio in Italia è ampiamente disatteso. Nella giurisprudenza italiana non si segue un andamento certo, escludendosi e includendosi i mobili necessari nelle varie sentenze.

Nonostante non ci sia ancora una conclusione è bene sottolineare che le pronunce si dirigono verso provvedimenti sempre più favorevoli ai detenuti al fine di tutelarne i diritti. Ciò lo suggerisce l’esclusione sia degli spazi occupati dal letto che dagli armadi dal calcolo della superficie netta a disposizione dei detenuti.

L’unico auspicio, forse utopistico, è che il Legislatore intervenga quanto prima, seguendo la linea guida tracciata non solo dalla giurisprudenza della Corte EDU, chiaramente incerta, ma anche dalle interpretazioni più evolutive della giurisprudenza nazionale, oltre che dalle corti sovranazionali, considerando di estendere la tutela dei soggetti deboli come i detenuti.

 

Facebook