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Sentirsi una risorsa per il Paese: il coraggio di un rifugiato politico

“Non sono un peso per l’Italia. Io mi sento una risorsa”, questo è il pensiero che Alì continua a ripetere. Alì nasce a Kabul, in Afghanistan, negli anni peggiori della storia di questa terra, ed è ancora un bambino quando, nel 1997, la sua casa viene distrutta durante un bombardamento. Quello era un giorno come tanti: tornava da scuola, giocava con un pallone tra la polvere, pensava alla bambina di cui era innamorato, sognava come tutti i suoi coetanei. Non vedendo più la sua casa, Alì teme di essersi perso, ma si convince che saranno i suoi genitori a cercarlo. Lo farà suo fratello maggiore, che lo convincerà a seguirlo in un viaggio della speranza, ad attraversare il Pakistan, l’Iran e la Turchia, in cerca di un mondo migliore, privo della guerra che è diventata compagna delle giornate piene di terrore; in cerca di un mondo in cui regnasse la libertà e non la disperazione e l’oppressione: in cerca dell’Europa, quella terra promessa, dove il sole splende di più.

Alì è uno dei tanti ragazzi che sono riusciti a raggiungere l’Europa, che studiano e lavorano, che fanno bene alla nostra nazione, anche nel ricordo di chi, come suo fratello, non è riuscito a sopravvivere. Nonostante le tante difficoltà (una lingua diversa, un nuovo Paese, nuove relazioni da intrecciare), ora vive a Roma, ha conseguito una laurea e continua a studiare, certo che la cultura possa donargli un futuro migliore. Ha pubblicato la sua storia nel libro “Stanotte guardiamo le stelle”, edito da Feltrinelli, per diffondere il suo messaggio di speranza e coraggio: “Ho deciso di pubblicare la mia storia per far capire ai ragazzi che solo con i sacrifici è possibile ottenere risultati e invitarli a non fidarsi di chi promette loro il contrario. Ognuno di noi dovrebbe aiutare l’altro, perché dietro ciascuno di noi c’è una storia di dolore, di sofferenza, di sacrifici”.

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