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Santino di Matteo fa causa allo Stato: “Mi ha dimenticato, non mi protegge più”

E’ il padre di Giuseppe di Matteo, tredicenne sciolto nell’acido dalla mafia

PALERMO – Balza nuovamente alle cronache la vicenda del pentito Santino Di Matteo. Ieri, in un’intervista a Repubblica tv, il collaboratore di giustizia ha raccontato il suo calvario giudiziario contro lo Stato. Da alcuni anni infatti è impegnato in una battaglia legale per far revocare il provvedimento che prevede la sua esclusione dal programma di protezione. “Lo Stato si dimentica di me, non mi protegge più”, ha sentenziato. Santino è il padre di Giuseppe, il tredicenne rapito da Cosa Nostra, il 23 novembre 1993, come garanzia  ai boss per far ritrattare le dichiarazioni del genitore sulle stragi mafiose. L’11 gennaio del 1996, dopo 779 giorni di prigionia, il ragazzo fu strangolato e sciolto nell’acido. Ad ordinarne l’omicidio fu il boss Giovanni Brusca, capo mandamento di San Giuseppe Jato. Gli esecutori materiali del delitto furono Vincenzo Chiodo, Enzo Salvatore Brusca e Giuseppe Monticciolo. Per il sequestro e l’omicidio sono stati condannati all’ergastolo circa 100 mafiosi tra cui Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro, Gaspare Spatuzza.

Santino di Matteo invece è stato condannato per detenzione di armi ed è stato espulso dal programma di protezione (all’epoca dei fatti fece ritorno in Sicilia per provare a liberare da solo il figlio).

Tre anni fa la procura di Palermo ne aveva chiesto il reinserimento. La richiesta ha trovato il parere negativo della Procura nazionale antimafia. Di Matteo si è così rivolto al Tar che gli ha dato ragione. L’avvocatura di Stato ha però impugnato il provvedimento al Consiglio di Stato, riuscendo ad ottenere il ribaltamento della decisione del tribunale amministrativo regionale, nonostante i giudici abbiano ribadito che il pentito necessiti di protezione. La sua vita è ancora a rischio. “Andrò fino alla corte europea dei diritti dell’uomo per avere ciò che mi spetta. È vero, nel 1996 sono tornato in Sicilia per cercare mio figlio. Vorrei sapere chi sarebbe rimasto a casa ad aspettare”, ha dichiarato nell’intervista a Repubblica.

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