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Referendum Atac: un po’ di chiarezza

Il prossimo 11 novembre, i cittadini romani saranno chiamati a votare per esprimere la propria opinione sul destino di Atac.

Partendo dall’inizio, è doveroso rendere chiaro un aspetto base: non si tratta di un referendum sull’Atac. In realtà, è un referendum sulla forma del contratto di servizio di trasporto pubblico locale. In altre parole, a chi deve essere affidato il trasporto pubblico a Roma? E soprattutto, come?

La situazione attuale

Attualmente, Atac è la società che ha in affidamento il trasporto pubblico della città di Roma. Non è l’unica azienda, c’è anche Roma TPL, che gestisce alcune linee in periferia. Atac però ha un problema: un debito di 1,3 miliardi di euro. Per questo motivo, nel 2017 viene richiesta l’ammissione alla procedura di concordato preventivo al tribunale fallimentare. Il sindaco di Roma Virginia Raggi ritiene che il concordato sia l’unico modo per mantenere l’azienda pubblica. Peccato che questo non sia l’unico dei suoi problemi. Ci sono anche numerose inefficienze del servizio, che costringono i romani ad evitare i mezzi pubblici come la peste e a preferire i mezzi privati. Peccato che questo comportamento non piaccia alla prima cittadina, che vorrebbe ridurre l’uso dei mezzi privati. Ma come si fa a rinunciare alla propria macchina se i mezzi non passano, o peggio, vanno a fuoco?

Il referendum

Il referendum sulla forma del contratto di servizio di trasporto pubblico locale è consultivo. In altre parole, non è vincolante per chi governa. È uno strumento per conoscere il parere dei cittadini su una determinata questione. In questo caso, il referendum è stato promosso dai Radicali Italiani, attraverso la campagna Mobilitiamo Roma, che ha raccolto 33.000 firme. Sarà possibile votare domenica 11 novembre dalle 8 alle 20, nei seggi elettorali dove ci si reca di solito, con documento e tessera elettorale.

All’interno del referendum, ci saranno due quesiti:

“Volete voi che Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”

“Volete voi che Roma Capitale, fermi restando i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia comunque affidati, favorisca e promuova altresì l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza?”

Il fronte del sì

I Radicali hanno detto di non poter più sopportare un trasporto non a livello con quelle delle altre capitali europee. Un servizio, oltretutto, molto costoso considerata la resa. I mezzi non passano con le tempistiche richieste, alcune zone sono completamente sprovviste sia di servizio di terra che di servizio sotterraneo. In tutto ciò, l’amministrazione non fornisce riposte adeguate alle domande dei cittadini. Per queste ragioni, i Radicali vogliono un referendum che, alla fine, assegni il trasporto pubblico ad un’altra azienda, che lo faccia finalmente funzionare come dovrebbe. Un’azienda che, al contrario di Atac, non gravi sul Comune di Roma con i suoi debiti. Dunque, il trasporto pubblico dovrebbe essere messo a bando e affidato all’azienda più meritevole. Non si tratterebbe quindi di una privatizzazione, ma di una liberalizzazione. Nel caso in cui ci fosse quindi una pluralità di operatori, il Comune riuscirebbe a monitorare ciò che accade con il trasporto pubblico, senza essere ricattato dall’unico operatore monopolista. Anche se ci dovesse essere una liberalizzazione, il costo dei biglietti rimarrebbe monitorato dal Comune, come è sempre stato. Infine, i Radicali sono contro il tentativo di risanare Atac perché sembra un’impresa disperata. Atac ha 1,3 miliardi di euro di debito, con un deficit che aumenta ogni anno di 100 milioni. Non solo, l’azienda non riesce ad erogare al 100% il servizio che dovrebbe, come stabilito dal contratto che ha con il Comune di Roma. È dunque improbabile che Atac riesca a tornare operativa. Per questo motivo, l’unico modo per il Comune di uscire da questa situazione, sarebbe venderla.

Il fronte del no

Come per ogni questione, ci sono sempre almeno due facce della stessa medaglia. In questo caso, la controparte di Mobilitiamo Roma è Meglio di No. Il fronte per il no si oppone alla liberalizzazione perché a servizio invariato, la liberalizzazione altro non è che la scelta di dove posizionare un debito. Dal punto di vista del no, tutte le problematiche che adesso esistono, rimarrebbero invariate. Non solo, l’inserimento di un regime di concorrenza non farebbe altro che accelerare la riduzione del servizio erogato. L’opzione proposta da Meglio di No è un contratto in house a una società pubblica. In questo modo, si eviterebbe la situazione in cui una società privata, in un settore di interesse pubblico, lucrerebbe sui costi sostenuti dai cittadini. Non esisterebbero guadagni interni al sistema ma solo guadagni dovuti alla spesa pubblica. Affidare il trasporto pubblico ad un’azienda privata vorrebbe dire far ricadere sulla collettività le spese per sostenere un’azienda che non è della collettività. Secondo Meglio di No, in questo modo si potrebbe garantire un costo standard ai cittadini. Non solo, si impedirebbe la riduzione del servizio universale. Il problema vero, quindi, è un problema infrastrutturale che si può risolvere completando le opere previste dal Piano Regolatore Generale.

Quindi sì o no?

È una situazione complessa, aggravata dal fatto che, per anni, non è stata considerata degna di attenzione. Fino a quando è diventata ingestibile. Non solo a causa delle inefficienze del servizio, ma anche perché c’è stato un momento in cui sembrava che un autobus andasse a fuoco un giorno sì e l’altro pure. Roma non è una città facile da gestire. Questo ormai è apparso chiaro a tutti, indipendentemente dal colore politico. Adesso però occorre fare una scelta per renderla più vivibile. In nessuno dei due casi Roma raggiungerà gli standard di una capitale nord europea dall’oggi al domani. Tuttavia, se è possibile agire per cambiare la situazione attuale, è importante farlo. Perché per arrivare a questo referendum sono state necessarie 33.000 firme. Indipendentemente dal sì o dal no, è importante dire come la pensiamo. Votare è un privilegio. Sfruttiamolo.

 

A cura di B.P.

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