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Raciti, concessa semilibertà per ultrà Daniele Micale. Delusione della vedova

Micale era stato condannato a 11 anni per omicidio preterintenzionale

CATANIA – Potrà uscire dal carcere al mattino per andare a lavorare in un supermercato, ritornerà in prigione la sera finito il turno, per trascorrervi la notte. Il tribunale di Catania ha accolto infatti le richieste dei legali di Daniele Natale Micale, uno dei due ultrà condannati per la morte dell’ispettore Filippo Raciti, concedendogli la semilibertà. Micale, oggi trentenne, nel novembre del 2012, era stato condannato definitivamente a 11 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Il giovane ha già scontato oltre metà della condanna in carcere a Catania, fruisce regolarmente di permessi premio e ha svolto anche volontariato all’esterno del penitenziario. Il provvedimento va letto nell’ottica «del graduale reinserimento sociale», come prescrive l’ordinamento penitenziario e previsto tra i massimi obiettivi dell’ordinamento – riformato recentemente su proposta del ministro Orlando –  in base ai principi fondanti del diritto penale. Come poi hanno sottolineato i giudici, Micale non ha precedenti né carichi pendenti e, secondo i rapporti della polizia, è possibile ritenere che non sussistano suoi attuali collegamenti con la criminalità.

Sconforto e delusione da parte della vedova dell’ispettore Raciti, Marisa Grasso.

In un’intervista all’Ansa ha dichiarato: “Sono entrata in un’aula di giustizia cercando giustizia. Sono uscita da un incubo con una verità, una sentenza. Era importante per me, la famiglia e per tutti i poliziotti che rischiano la vita, come ha fatto mio marito. Sono orgogliosa di lui e della sua divisa, ma oggi sento amarezza e non giustizia”. “Questa mattina– ha proseguito la donna – ho ricevuto decine e decine di telefonate di colleghi di mio marito. Anche loro amareggiati e delusi, hanno voluto condividere con me la loro amarezza. Da cittadina dico che una condanna deve essere eseguita e una sentenza rispettata. Altrimenti si rischia di fare perdere la fiducia nella giustizia. Adesso come farò a dire a mio figlio, che aveva sei anni quando è avvenuta la tragedia, che può incontrare per strada uno delle due persone condannate per la morte di suo padre, che è in permesso, invece di stare in carcere? Capirà che è la legge? Ma è giusta questa legge? Io mi sento sconfitta”.

Resterà invece in carcere Antonino Speziale

Il secondo ultrà coinvolto nell’uccisione dell’ispettore è stato condannato a otto anni con l’accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e omicidio preterintenzionale. Per lui non è prevista alcuna riduzione di pena, anzi. Nonostante, infatti, avrebbe dovuto uscire di prigione il prossimo novembre, Speziale è stato condannato a un altro anno di reclusione per avere assistito a un allenamento del Catania nonostante fosse ancora sottoposto a Daspo e nel carcere di Favignana è stato trovato in possesso di un telefonino. Attualmente è detenuto a Palermo, nell’istituto penitenziario di Pagliarelli.

L’omicidio

Il 2 febbraio del 2007 allo stadio Massimino di Catania si disputava il derby Catania-Palermo. L’ispettore Raciti era in servizio, impegnato a sedare con i colleghi della polizia di Stato i disordini creati da alcuni tifosi ultrà del Catania al termine dell’incontro. Raciti, nella confusione, viene raggiunto da un corpo contundente, che gli inquirenti hanno identificato come un sottolavello, scagliatogli contro da Antonio Speziale, all’epoca dei fatti minorenne, aiutato da Daniele Micale. Il militare è morto due ore dopo.

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