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Quattro euro l’ora per lavorare a yacht lusso, arresti

 

La Gdf del Comando provinciale della Spezia ha eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare di cui 7 in carcere e uno ai domiciliari e hanno sottoposto a sequestro preventivo oltre 900 mila euro in un’operazione condotta tra Spezia, Savona, Ancona e Carrara, disarticolando una banda dedita al caporalato. La Gdf è partita da una serie di controlli in materia di lavoro nei confronti di una società con oltre 150 dipendenti, perlopiù extracomunitari di provenienza bengalese, operante presso importanti cantieri spezzini che realizzano yacht di lusso individuando lo sfruttamento di decine di operai bengalesi che venivano minacciati, picchiati e offesi e pagati 4 o 5 euro l’ora.

Le indagini, svolte anche grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno confermato gravi condizioni di sfruttamento a cui erano assoggettati gli operai messo in atto da un sodalizio di altri connazionali e di un italiano.

I ‘capi’, approfittando dello stato di bisogno dei cittadini bengalesi, li pagavano al massimo 4-5 euro l’ora impiegandoli in turni massacranti fino a 14 ore al giorno in attività lavorative pesanti e pericolose, come la saldatura, e la verniciatura di imponenti super-yacht. Ovviamente gli operai non avevano permessi o riposi e venivano sorvegliati a vista dai “caporali” e spesso minacciati, offesi e picchiati. In caso di malattia, compresi i casi di positività al Covid, i lavoratori bengalesi non percepivano alcun pagamento. Grazie alle indagini capillari, la Gdf ha scoperto il particolare sistema adoperato dai caporali: tutte le buste paga e i relativi versamenti risultavano, ad un primo controllo, conformi ma una volta pagate le buste paga con bonifici bancari, pretendevano, anche con l’uso della violenza e la minaccia della perdita del posto di lavoro, la restituzione, in contanti, di parte dello stipendio costringendo gli operai a continui prelievi al bancomat. Il meccanismo era stato studiato da un consulente del lavoro di Ancona che predisponeva false buste paga con il minimo dei contributi previdenziali. Al termine delle indagini, su proposta della locale Procura, il gip ha disposto la custodia cautelare nei confronti degli 8 membri della banda e il sequestro dei beni a loro riconducibili, per un valore di circa 1 milione di euro, tra quote societarie, immobili e autovetture. Misura cautelare del “Controllo giudiziario” nei confronti dell’azienda che sfruttava gli operai, per salvaguardare la posizione lavorativa delle maestranze

Gli operai bengalesi reclutati dall’azienda Gs Painting srl con sede a Ancona e finita nell’indagine sul caporalato conclusa dalla Guardia di finanza della Spezia con 8 arresti, erano costretti a andare a lavorare anche con la febbre alta. Lo si apprende da fonti investigative che ricordano l’importanza del cluster di Covid 19 che si e’ sviluppato a settembre nella zona dei cantieri navali della Spezia e che aveva coinvolto molti cittadini stranieri.

“Ti do un calcio, ti butto dall’alto della nave”: così la banda di ‘capi’ terrorizzava i lavoratori impegnati con turni infiniti e paghe da fame nei cantieri nautici spezzini, banda disarticolata dopio una complessa indagine dalla Gdf della Spezia. Il modus operandi dei caporali, arrestati questa mattina all’alba dalla Gdf, è finito nella fitta rete di intercettazioni ambientali e telefoniche disposte dalla Procura nell’ultimo anno. Tra queste, quella captata nel marzo scorso. La voce è quella di un 36enne del Bangladesh, finito in carcere perché ritenuto uno dei più fedeli collaboratori del ‘capobanda’: al telefono con un operaio si rivolge con tono minaccioso a altro lavoratore presente in cantiere. “bisogna preparare in questa maniera… ti do un calcio, ti butto dall’alto della nave”. “Dopo averlo attaccato ammazzalo… non capisce niente quell’uomo” rilancia un altro operaio. Una condotta nel segno del terrore che lo stesso 36enne era solito mettere in atto. “Guarda che adesso vengo da te e ti do un calcio” il tenore delle frasi del trentenne. “Detti episodi rappresentano la consueta modalità di gestione delle maestranze – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari, Mario De Bellis -, e che le stesse siano assuefatte a dette vessazioni”

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