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Quando dietro alle Cooperative di nasconde il caporalato

Una piaga incessante, socialmente distruttiva, che trova radici profonde come l’edera nei muri

Lo sfruttamento del lavoro, è noto come il  il fenomeno del caporalato che,  da un punto di vista sociologico, è quello squallido, dell’intermediazione a fini di sfruttamento dei lavoratori  in agricoltura, non necessariamente extracomunitari.

Il fenomeno oggi si nasconde, dietro le cooperative che reclutano connazionali, consapevoli del concetto di schiavitù.

È proprio per tali ragioni che è intervenuta una rivisitazione della norma, attraverso la legge n. 199/2016, dove lo sfruttamento risulta svincolato dal requisito della violenza/minaccia/intimidazione, ed è addebitabile, oltre che al caporale, anche al datore di lavoro.

Ebbene, il reato oggi individua una fattispecie multipla a forma libera, che comporta l’esercizio su di una persona di poteri di signoria corrispondenti al diritto di proprietà e la riduzione o il mantenimento di una persona in stato di soggezione continuativa, finalizzata al suo sfruttamento, con differenti modalità.

Dopo aver circoscritto la fattispecie del caporalato, la Corte ritornava sulla questione cruciale del procedimento, ossia la linea di demarcazione fra la fattispecie esaminata e quella della riduzione in schiavitù (posto che l’art. 603 bis c.p. recita espressamente “salvo che il fatto non costituisca più grave reato). Le due figure infatti prevedono sostanzialmente gravi condotte costrittive legate al lavoro.

Circa l’ambito di operatività del reato di cui all’art. 600 c.p., la Cassazione con sentenza 20.11.1996, n. 261, ha optato per una concezione più estensiva, avevano in precedenza statuito che per “condizione analoga alla schiavitù” doveva intendersi: “qualsiasi situazione di fatto in cui la condotta dell’agente avesse per effetto la riduzione della persona offesa nella condizione materiale dello schiavo … soggezione esclusiva ad un altrui potere di disposizione, analogo a quello che viene riconosciuto al padrone sullo schiavo negli ordinamenti in cui la schiavitù era ammessa”.

I fatti si ripetono ogni anno, in concomitanza della vendemmia

Viene contattata una Cooperativa per la raccolta dell’uva: “Buon giorno devo procedere con la vendemmia, posso usufruire della sua cooperativa?” –  domanda il titolare dell’azienda agricola che non possiede sufficiente personale per la raccolta dell’uva in soli due giorni – “Certamente, nessun problema sono 10 euro all’ora, solo in contanti” – risponde il titolare della cooperativa sig. Rossi, nome di fantasia- …“non si preoccupi il DURC è in regola, noi siano una squadra di 10 , 20, 30 o 50 persone, di quante ne ha bisogno?” – il titolare dell’azienda risponde – ” me ne bastano 10, ma io ho bisogno della fattura” – irrigidito il sig.Rossi, risponde ” non se ne parla proprio , così fan tutti, altrimenti sono 15 euro più IVA, all’ora”.

Basta poco per capire che i conti non tornano quando, avvicinando uno dei tanti braccianti, il titolare dell’azienda agricola  entrando in confidenza scopre che il salario pagato è di  5,50 euro all’ora

I disperati arrivano con gli autobus in 40/60 ogni giorno, alcuni in condizioni disumane, vengono accompagnati dalle stesse cooperative nelle aziende private,  dove il lavoro inizia alle 6 del mattino e finisce alle 19 di sera,  dove  l’operaio può solo lavorare senza proferire il minimo disagio o disappunto che, in tal caso sarebbe causa di immediato rimpatrio, senza percepire i soldi maturati e senza essere chiamato l’anno successivo, per una nuova schiavitù che gli consente di portare a casa un “tozzo di pane”.

Fatti alla luce del sole, dove le autorità sono al corrente, i commercialisti, le associazioni di categoria, tutti.

Decapitare l’intero apparato di queste organizzazioni criminali, non è  complicato, tuttavia gli stessi professionisti del settore dovrebbero aiutare le istituzioni nella lotta contro la schiavitù.

L’assunzione del lavoratore con contratto di lavoro subordinato richiede, secondo l’art. 2098 cod. civ., l’osservanza delle disposizioni concernenti “la disciplina della domanda e
dell’offerta di lavoro”.

In sostanza si tratta di una serie di oneri posti a carico del datore di lavoro nei confronti della pubblica amministrazione (comunicazione dell’assunzione
e registrazione dei dati nei libri obbligatori) e del lavoratore interessato (comunicazione degli elementi essenziali del contratto individuale
stipulato).

Le annotazioni nel libro matricola, comprendono ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 1124/1965, per ogni lavoratore il numero d’ordine di iscrizione,  le generità, la data di ammissione in servizio e quella di risoluzione del rapporto di lavoro, la categoria professionale e la misura della retribuzione.

Inoltre, devono essere annotate il numero delle persone a carico per le quali sono corrisposti gli assegni familiari e l’eventuale autorizzazione dell’INPS alla quale è subordinata la corresponsione
degli stessi (art. 39, D.P.R. n. 797/1955).

Nel libro paga sono invece indicati, in riferimento ad ogni lavoratore iscritto sul libro matricola, gli elementi che compongono la retribuzione, le ritenute e
gli assegni familiari corrisposti.

Nel libro paga,  sono annotate le generalità, il numero delle ore in cui il lavoratore ha lavorato in ciascun giorno, con indicazione distinta delle ore di lavoro straordinario, oltre

alla retribuzione effettivamente corrisposta in denaro e la retribuzione corrisposta sotto altra forma.

Nel settore agricolo i libri matricola e paga costituiscono una sezione del registro d’impresa (D.Lgs. n. 375/1993), il cui modello è stato approvato con decreto del Ministero del lavoro del 29.9.1995.

Il registro viene rilasciato dall’INPS, vidimato e numerato in ogni foglio, a seguito della denuncia aziendale prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n.375/1993.

La vidimazione del libro matricola e del libro paga debbono essere legati e numerati in ogni pagina e, prima di essere messi in uso, debbono essere presentati all’INAIL,
se l’azienda occupa anche un solo lavoratore soggetto all’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro o all’INPS negli altri casi.

Se una azienda in possesso di un libro con vidimazione INPS occupa successivamente un lavoratore soggetto all’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, sarà tenuta a presentare tale libro all’INAIL per una ulteriore vidimazione.

L’Istituto assicuratore fa contrassegnare il libro in ogni pagina da un proprio incaricato, dichiarando nell’ultima pagina il numero dei fogli che compongono il libro e facendo apporre a tale dichiarazione la data e la firma dello stesso incaricato.

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