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Hanno incastrato monti?


Gli inquirenti hanno riaperto il processo grazie alla presentazione di una nuova prova che ha dimostrato le responsabilità di Stefano Monti: è stata utilizzata un’innovativa tecnica di comparazione tridimensionale, ‘analysis of virtual evidence’
BOLOGNA – La famiglia di Valeriano Poli, buttafuori bolognese di 34 anni ucciso il 5 dicembre 1999 sotto casa, ha dovuto aspettare 20 anni prima di conoscere il nome dell’omicida. Solo ieri infatti la polizia di Stato ha arrestato un bolognese di 59 anni, Stefano Monti, ritenuto l’autore materiale dell’omicidio, nei cui confronti è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere. Un altro uomo è stato invece indagato per favoreggiamento personale. Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Bologna e dall’Udi, l’Unità delitti insoluti della Direzione anticrimine centrale della Polizia, si sono sviluppate in un ambiente pervaso da profonda omertà.

Secondo gli inquirenti il movente dell’omicida risaliva a una rivalsa a seguito di una discussione avvenuta con Poli circa nove mesi prima dell’omicidio, all’esterno di una nota discoteca bolognese.
Quella notte, Poli, responsabile del servizio di sicurezza del locale, ebbe una discussione (per futili motivi) con Monti stesso e altri suoi amici. I due vennero alle mani e il buttafuori colpì duramente Monti che, quasi svenuto, lo minacciò ripetutamente di morte, dicendo esplicitamente: «Tanto torno con il cannone». Da quel momento Poli fu bersaglio di atti intimidatori: spilloni funebri sulla propria auto, bossoli e proiettili sparati dalla stessa arma che l’avrebbe poi ucciso, lettere minatorie. Fino all’omicidio, avvenuto nella tarda serata del 5 dicembre del 1999 sotto casa, in via della Foscherara, alla periferia di Bologna.

Poli era appena sceso dall’auto quando l’assassino gli sparò 8 colpi di pistola calibro 7.65: uno lo colpì alla testa, uno al cuore e gli altri sei in diverse zone del corpo.
Poco lontano dal corpo, nei pressi di un cavalcavia, gli inquirenti trovarono un caricatore di pistola contenente complessivamente 11 proiettili cal.7,65, mentre attorno alla vittima ritrovarono complessivi 8 bossoli dello stesso calibro. Il giorno seguente l’omicidio, all’interno di un orto lungo la via Della Foscherara, fu rinvenuta e sequestrata l’arma del delitto: una pistola Carl Walther Spec Ausf calibro. 7,65 completa di silenziatore e con caricatore inserito privo di munizioni. Venti anni fa il però gli investigatori non riuscirono a dare volto al responsabile dell’omicidio e il caso fu archiviato

L’anno scorso si è avuta la svolta che ha permesso di riaprire il caso, grazie anche all’utilizzo di sofisticate tecnologie
A incastrare Monti, una nuova prova: una macchia di sangue sugli scarponcini indossati dalla vittima, il cui profilo genetico conduce dritto dritto al sospettato. Questo risultato è stato raggiunto grazie all’utilizzo di una innovativa tecnica di comparazione tridimensionale, ‘analysis of virtual evidence’, applicata per la prima volta in Italia in ambito forense. Questa nuova tecnica ha consentito di dimostrare scientificamente che il sangue presente sulle calzature di Valeriano Poli era stato trasmesso dall’autore del reato la sera dell’omicidio. Grazie infatti a una ricostruzione tridimensionale di alcune immagini estrapolate da un video in cui Poli indossava i medesimi scarponcini, gli inquirenti sono riusciti a determinare che quella macchia risale proprio al giorno del delitto.

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