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Popolazione italiana ancora in calo: 116mila in meno. Poche nascite

Cala ancora la popolazione italiana: al 1° gennaio 2020 i residenti ammontano a 60 milioni 317mila, 116mila in meno su base annua. Un trend negativo che va avanti da cinque anni. Lo rivela l’ultimo rapporto annuale sugli indicatori demografici dell’Istat, secondo cui aumenta il divario tra nascite e decessi: per 100 persone decedute arrivano soltanto 67 bambini (dieci anni fa erano 96). 

Nel 2019 si è riscontrato il dato più basso mai riscontrato nella storia del Paese per quanto riguarda le nascite: solo 435mila. Per contro, il numero dei decessi647mila, pur di poco inferiore al record riscontrato nel 2017 (649 mila), “rispecchia in pieno le tendenze da tempo evidenziate”. Il ricambio naturale della popolazione in Italia dunque appare “sempre più compromesso”: nello scorso anno si registra un saldo naturale pari a -212 mila unità.  Si tratta “del più basso livello mai espresso dal Paese dal 1918”

Positivi, ma in rallentamento, i flussi migratori netti con l’estero: il saldo è di +143mila, 32mila in meno rispetto al 2018, frutto di 307mila iscrizioni e 164mila cancellazioni. Dai dati dell’Istituto di statistica emerge anche che Il numero medio di figli per donna è di 1,29, mentre è di 32,1 anni l’età media al parto. Cresce poi La speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,3 anni, mentre è di 81 anni per gli uomini. Si registra poi un ulteriore rialzo dell’età media: 45,7 anni al 1° gennaio 2020.

Calo della popolazione al Sud

Il calo della popolazione si concentra prevalentemente nel Mezzogiorno (-6,3 per mille) e in misura inferiore nel Centro (-2,2 per mille). Al contrario prosegue il processo di crescita della popolazione nel Nord (+1,4 per mille). Lo sviluppo demografico più importante si è registrato nelle Province autonome di Bolzano e Trento, rispettivamente con tassi di variazione pari a +5 e +3,6 per mille. Rilevante anche l’incremento di popolazione osservato in Lombardia (+3,4 per mille) ed Emilia-Romagna (+2,8). La Toscana, pur con un tasso di variazione negativo (-0,5 per mille) e’ la regione del Centro che contiene maggiormente la flessione demografica e comunque l’ultima a porsi sopra il livello di variazione medio nazionale. 
Totalmente contrapposte le condizioni di sviluppo demografico nelle quali versano le singole regioni del Mezzogiorno, la migliore delle quali – la Sardegna – viaggia nel 2019 a ritmi di variazione della popolazione pari al -5,3 per mille. Particolarmente critica, invece, la dinamica demografica di Molise e Basilicata che nel volgere di un solo anno perdono circa l’1% delle rispettive popolazioni.

Gli stranieri in Italia

Inoltre, sempre al 1° gennaio, gli stranieri residenti in Italia sono 5 milioni 382mila, in crescita di 123 mila unità (+2,3%) rispetto a un anno prima: si tratta dell’8,9% della popolazione complessiva (a fronte dell’8,7% di un anno prima). 

Gli italiani all’estero

Sono invece 120mila, 3mila in più rispetto all’anno precedente, i residenti di nazionalità italiana cancellati per l’estero nel 2019.  Il dato risulta in evidente calo se confrontato con quello del biennio precedente (in media oltre 180mila unità aggiuntive annue) e persino al di sotto della media degli ultimi cinque anni (+156mila). Dal lato delle iscrizioni si assiste a una sostanziale riduzione del volume complessivo se confrontato con quello del biennio precedente, con 25mila ingressi in meno rispetto al 2018 e 34mila sul 2017. Parallelamente, si assiste a un nuovo rialzo delle cancellazioni per l’estero, il cui volume totale, sfiorando le 164mila unità, raggiunge il livello più alto da che sono disponibili statistiche omogenee sul fenomeno (1981).
La regione con la più vivace dinamica per migrazioni internazionali è l’Emilia-Romagna (3,8 per mille), che precede Toscana (3,7) e Lombardia (3,5), mentre appaiate per livelli minimi risultano Sicilia e Sardegna (0,6 per mille).

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