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Ponte Morandi inchiesta, indagati e testimoni si sono traditi

Qualcuno si contraddice e si tradisce, qualche altro inizia a raccontare e non si rende conto di dire qualcosa di importante sul crollo del ponte Morandi

Nessuno degli indagati e dei testimoni, interrogati dai pm Massimo Terrile e Walter Cotugno ed anche dagli investigatori della Guardia di Finanza, finora ha parlato “chiaro”, ma ciascuno ha descritto un frammento di verità, e tutti questi pezzettini “come un puzzle sono stati messi insieme”. Così, è sorto il secondo filone di inchiesta, quello che riguarda cinque viadotti considerati in condizioni critiche e sui quali la Procura sospetta che i report di monitoraggio siano stati taroccati, inserendo “indici di degrado” inferiori a quelli di allarme, in modo da non chiudere le infrastrutture al traffico o quantomeno limitarne il flusso veicolare.

Basta leggere i numeri. Già nel novembre scorso sul viadotto Pecetti, nel territorio di Mele, i monitoraggi di Spea (società di Atlantia come Autostrade ma delegata al monitoraggio della rete autostradale) avevano attribuito un punteggio di 60. Secondo i criteri che si è data la concessionaria, con 70 si chiude il traffico, con 60 scatta la limitazione. Non a caso che negli scorsi mesi sia stato vietato il transito ai carichi eccezionali di peso superiore alle 75 tonnellate, sulla tratta compresa tra la diramazione A10- A26 e lo svincolo di Masone. E sulla stessa autostrada criticità sono state scoperte sul viadotto Gargassa, in territorio di Rossiglione. Anche questo avrebbe un punteggio vicino a quello del “Pecetti”. L’indice di 60 non vuol dire che la struttura è a rischio crollo, ma si trova in una situazione di criticità. Attenzione, però: al ponte Morandi prima del disastro era stato attribuito un punteggio di 50. Il 14 agosto ha fatto 43 morti.
I controlli disposti dal procuratore capo Francesco Cozzi all’indomani del crollo del “Morandi” hanno evidenziato degrado del cemento armato e delle armature di acciaio anche sul “Sei Luci”, la rampa che nei pressi del “Morandi” collega la A- 7 Milano-Genova alla galleria di sbocco con lo svincolo di Sampierdarena. Non basta. Le testimonianze hanno portato l’attenzione anche su due viadotti situati lontano da Genova: sul “Moro”, sulla A-14 Bologna-Taranto, in territorio di Ortona; e sul Paolillo, sulla A-16 Napoli-Canosa, in Puglia.
Secondo quanto sostiene la magistratura e il Primo Gruppo della Guardia di Finanza, lo stato di criticità di queste strutture è provato. Tanto che è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e la stessa società Autostrade. Quest’ultima assicura che questi viadotti non sono a rischio. I sospetto degli investigatori è che Spea – su input di Autostrade – abbia tenuto gli indici (ritoccando i report di monitoraggio) sotto una certa soglia, in modo da poterli tenere aperti. La società, però, respinge le accuse e dice di “avere agito sempre con correttezza e trasparenza”.

Agli atti dell’inchiesta, però, non risulta che Aspi – a parte la chiusura di una corsia sul Pecetti e quella temporanea di una corsia sul “Sei Luci” – negli scorsi mesi abbia adottato restrizioni sugli altri viadotti “critici”. Va ricordato che due dei nuovi 12 indagati di falso – Andrea Indovino e Marco Vezil – sono due dirigenti di Spea ed a loro è demandato il compito sulle verifiche tecniche della transitabilità dei trasporti eccezionali.

 

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