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Polizia giudiziaria, Consulta: “Illegittimo l’obbligo di riferire ai superiori”

 

Procuratore Volpe: “Si è sventato il rischio concreto di fughe di notizie legittimate”

BARI – Sentenza storica: agenti e ufficiali di polizia giudiziaria non devono più riferire ai propri vertici, in via gerarchica, le notizie di reato inoltrate all’autorità giudiziaria. Lo ha deciso la Corte Costituzionale. Euforia e soddisfazione per il procuratore di Bari Giuseppe Volpe che in merito aveva sollevato il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.

Questa sentenza cancella così l’obbligo, introdotto dal governo Renzi nel decreto con cui nel 2016 la Forestale venne accorpata all’Arma dei carabinieri, in pieno scandalo Consip.

La norma aveva suscitato non poche preoccupazioni nei procuratori e nel Csm e alimentato tensioni tra il Palazzo dei marescialli e il capo della polizia Franco Gabrielli. Oggi però la Consulta ha stabilito che la norma in questione “lede le prerogative costituzionali del pubblico ministero, che in base all’articolo 109 della Costituzione, dispone direttamente della polizia giudiziaria”.

Il procuratore di Bari Giuseppe Volpe si è visto così accogliere dalla Consulta il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato che aveva sollevato, unico tra i capi delle procure, come ricorda lui stesso: «Una sentenza storica, un grandioso successo perché si è sventato il rischio concreto di fughe di notizie legittimate». «Notizie riservate potevano arrivare dove non dovevano con il rischio di compromissione delle indagini», spiega Volpe, evidenziando che la legge rischiava di «compromettere il segreto istruttorio e la stessa obbligatorietà dell’azione penale».

La legge imponeva l’obbligo per la polizia giudiziaria di riferire ai superiori, anche a organi che non sono di polizia giudiziaria, «fino ai vertici nazionali che sono di nomina politica, in dipendenza diretta dal Governo». Anche il Consiglio Superiore della Magistratura aveva mosso le medesime perplessità, sollevando inoltre il problema del rischio di “interferenze” nelle indagini dei magistrati con la trasmissione di notizie sulle inchieste a “soggetti che non rivestono la qualifica di polizia giudiziaria e che, per la loro posizione apicale, vedono particolarmente stretto il rapporto di dipendenza organica dalle articolazioni del potere esecutivo”. Fu proprio questo il passaggio che fece offese Gabrielli, come spiegò in un’intervista: «come se il sottoscritto e i vertici delle forze dell’ordine non avessero giurato fedeltà alla Costituzione, ma alla maggioranza di governo del momento».

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