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Pignatone: “Mafia e corruzione condizionano Roma”

L’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone commenta la sentenza Mondo di Mezzo: “Mafia e corruzione condizionano Roma, la prova c’è”.

Giuseppe Pignatone, ex Procuratore di Roma e oggi presidente del Tribunale Vaticano, commenta su La Stampa la lunga trafila del processo per l’inchiesta Mondo di Mezzo: “Roma non è una città mafiosa, ma è una città in cui operano più associazioni mafiose. Lo abbiamo detto in ogni occasione nei sette anni in cui sono stato il titolare della Procura.

Roma non è una città mafiosa perché, a differenza di Palermo, Reggio Calabria e, in modo diverso, di Napoli, non vede la presenza egemone di una delle mafie tradizionali ma vi sono, come affermano le sentenze di numerosi giudici e della stessa Cassazione, diverse associazioni per delinquere di tipo mafioso e numerosi gruppi di soggetti che operano con metodo mafioso. Alcuni di questi sodalizi criminali sono formati da siciliani, calabresi, campani.

Altri, invece, da romani, da soggetti provenienti da altre regioni o da stranieri, ma non sono, nei loro ambiti, meno temibili di quelli ‘tradizionali’. Basta chiedere agli abitanti di Ostia o delle altre zone della Capitale o del Lazio che ne subiscono la forza intimidatrice.

Secondo il codice penale, per integrare un’associazione mafiosa bastano tre persone e l’uso del metodo mafioso, cioè la disponibilità della violenza e la capacità di usarla, così da determinare assoggettamento e omertà per il raggiungimento dei fini indicati dalla legge, che possono essere anche di per sé leciti, ma che diventano illeciti se perseguiti con la forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo.

Non sono invece necessari il controllo del territorio né il ricorso continuo a forme eclatanti di violenza. Per il diritto penale, quindi, non ha senso affermare, come è stato invece fatto in questi anni per criticare il nostro operato, che non c’è mafia se non ci sono omicidi, attentati, uso di bombe e raffiche di kalashnikov.”

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