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Paziente morì, ‘manomessa prova’

 

La paziente non morì per avvelenamento da potassio, né acuto né sub-letale. Il tubicino della flebo contenente potassio non era suo. E le modalità di raccolta dei reperti recuperati da personale ospedaliero quando già l’infermiera era stata individuata quale “possibile autore del reato”, hanno “disatteso ogni garanzia prevista” dal codice di procedura penale arrecando “alle indagini un vulnus di correttezza e di genuinità”. È questo il nucleo delle motivazioni con cui la Corte d’Assise d’Appello di Bologna il 23 maggio ha nuovamente assolto l’ex infermiera Ausl Daniela Poggiali, perché “il fatto non sussiste”, dall’accusa di avere ucciso la paziente 78enne Rosa Calderoni con un’iniezione di potassio praticata l’8 aprile 2014 a poche ore dal ricovero all’ospedale di Lugo, nel Ravennate.
I giudici hanno anche trasmesso gli atti alla Procura competente per vagliare, nei confronti di alcune persone, calunnia e simulazione di reato.

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