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Nessun Happymeal in Cisgiordania

E le destre chiamano al boicottaggio

Il capo della Mc Donald’s dello stato di Israele, ovvero fondatore del movimento “Peace now” si rifiuta di aprire nei territori occupati da coloni.  Per Omri Padan, capo di Mc Donald’s in Israele il problema non si pone nemmeno: la multinazionale statunitense “non h mai ottenuto la licenza per aprire le sue filiali in Cisgiordania” perchè i territori occupati in Giudea ed in Samaria non fanno parte di Israele. E’ sin dalla prima richiesta avenuta nel 2013 che Padan nega l’apertura negli insediamenti della Cisgiordania.

La linea verde dei confini precedenti alla guerra dei 6 giorni del 1967 è la sua linea rossa, e d’altronde in Israele l’imprenditore è famoso anche per essere tra i fondatori del movimento “Peace now” , che ha come pilastro il rifiuto della colonizzazione della Palestina. Così, ora che Mc Donald’s si è fatta avanti per un appalto all’aereoporto Ben Gurion, i coloni hanno deciso di mettergli i bastoni tra le ruote. Per protesta, in queste settimane il gruppo dei veterani disabili ddell’Israeli’s defence forses ha piazzato alle porte dei Mc Donald’s di Tel Aviv dei cartelli di “Alt” simili a quelli del divieto di accesso per gli israeliani nelle aree A della Cisgiordania. che sono sotto il controllo dell’Anp: guai a varcare anche le nuove ” Aree M” del grande  marchio di fast food. Il capo regionale degli insediamenti della Samaria, Yossi Dagan, ha scritto ai ministeri israeliani delle Finanze e dei Transporti e dell’autorità degli aereoporti per chiedere che si applichi anche a Mc Donald’s la legge di stato contro il boicottaggio di Israele, cioè che si bandisca la multinazionale dalle gare pubbliche.

Entrambi i ministeri hannp declinato però ogni responsabilità, e l’authority ha precisato di attendersi unicamente alle norme sulle gare d’appalto.  Il patron di Mc Donald’s Israele ha poi precisato che è proprio al quartier generale di Chicago che non vogliono filiali in Cisgiordania: non per un boicottaggio, ma per il rispetto della legalità dettata dalle risoluzioni dell’Onu. Una politica diversa da quella di gran parte delle multinazionali, inclusa Airbnb, che nelle colonie israeliane conta circa 200 locali in affitto: nel 2018, dopo le proteste palestinesi e della comunità internazionale, il colosso della sharing economy comunicò che gli avrebbe rimossi, salvo poi cambiare di nuovo idea lo scorso aprile. Viva Mc Donald’s , scrivono entusiasti tanti palestinesi sui social, e gli israeliani nemici degli insediamenti come Padan approvano: l’opinionista di Haretz, Gideon Levy, invita i coloni ad “aprire McDavid’s” mentre nei fast food della catena c’è chi indossa le kefiah in onore dei palestinesi.

 

Articolo a cura di Francesca Tinelli

 

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