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Mostra dei Pink Floyd al MACRO, Museo di Arte Contemporanea di Roma

Il MACRO, Museo di Arte Contemporanea di Roma, ospita una mostra particolare. Si tratta di The Pink Floyd Exhibition: their Mortal Remains, una retrospettiva interamente dedicata alla band di Cambridge che ha cambiato per sempre la storia della musica.

Non è un caso che la mostra sia così attenta ai dettagli. Le curatrici sono infatti Aubrey “Po” Powell Paula Webb Stainton, rispettivamente la direttrice creativa della band e un’esperta del lavoro dei Pink Floyd, dal momento che aveva avuto occasione di lavorare a stretto contatto con Nick Mason.

La mostra inizia proprio dalle origini, con una cronologia e tutti i vari cambi di nome, prima di arrivare a quello che li ha resi famosi. Il nome che, a detta di Syd Barrett, gli era stato suggerito dagli alieni.

 

Syd Barrett

L’atmosfera è buia. Le audioguide trasmettono la parte strumentale di Shine on You Crazy Diamond. Insieme alla cronologia, c’è una lettera di Syd Barrett alla fidanzata dell’epoca. Le racconta di come hanno dipinto il pulmino della band. Allega un disegno. Lui non si vede perché sta dietro. Nella sala successiva tutto è dedicato a lui. La mente creativa dell’inizio dei Pink Floyd. Roger Keith Syd Barrett. Viene raccontato di come in lui convivessero due persone. Se fosse dipeso da Syd, sarebbe diventato un musicista. Se fosse stato per Roger, sarebbe diventato un pittore. Quando il gruppo inizia a guadagnare abbastanza, decide di lasciare la scuola di pittura. Non torna mai più. Si racconta di come fosse il prototipo del solista. Pronto ad improvvisare, sempre con idee nuove. Non era fatto per coordinarsi con altre menti. L’unico estro doveva essere il suo. Poi nel ’65 decide di lasciare anche i Pink Floyd. Decide che non ne può più di ricevere attenzione. Vuole scrivere la sua musica in santa pace.

 

Da Ummagumma a Pompei

Andando avanti, iniziano ad esserci i primi album. Il primo che salta all’occhio è Ummagumma. Per la copertina di questo album, Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, ha utilizzato la tecnica della ricorsività. In altre parole, la foto sullo sfondo contiene la foto iniziale, ma con gli artisti in posizione diverse. Come se ruotassero come le lancette di un orologio. Più avanti c’è la teca dedicata al live dei Pink Floyd a Pompei. L’idea iniziale del regista era di unire la musica della band alle opere di artisti come Magritte e De Chirico. I Pink Floyd però avevano declinato l’offerta. Poi l’idea del concerto a Pompei. Un concerto a porte chiuse per liberare tutto il potenziale della band. Nessuno prima di loro aveva mai suonato nelle rovine della città distrutte dal Vesuvio. Suonarono tutto dal vivo, senza nessun playback. Autentici in ogni atomo della loro essenza.

 

The Dark Side of The Moon

Si tratta dell’album più conosciuto dei Pink Floyd. Il prisma più conosciuto della storia della musica. Il lato oscuro della luna. Definirlo stupendo forse sarebbe inflazionato e poco originale. Però sarebbe la verità. Nella teca a lui dedicato c’erano tutti gli schizzi preparatori e il concept dell’album. Disegni, frasi, persino appunti di testi di canzoni. Come se dietro al capolavoro che noi tutti conosciamo ci fossero davvero dei comuni esseri umani. Subito dopo, c’è un lungo corridoio nero. All’inizio lo si percorre titubante, chiedendosi dove porterà. Poi, ci si trova davanti ad un video con il prisma in tre dimensioni che vaga nello spazio. Il tutto accompagnato dalle note di Shine on You Crazy Diamond. Si potrebbe rimanere per ore a guardare quel triangolo, a cercare di capire dove arriverà. Ad un certo punto, però, bisogna proseguire. Alla fine del corridoio c’è il mosaico realizzato per i trent’anni dell’album. Si tratta di un’opera in vetro che ritrae il prisma.

Wish You Were Here

Poi accade una magia. Appena si voltano le spalle al prisma, nelle cuffie si sente un’intro che conosciamo tutti. L’intro di Wish You Were Here ci porta in una sala dalle pareti bianche, dedicata appunto all’omonimo album. Chi ha pensato il percorso mostra ha avuto un’ottima idea. Chi conosce i Pink Floyd in realtà, se lo può aspettare. Ma quell’intro, colpisce sempre il cuore. Per non parlare poi dei video con Roger Waters and David Gilmour. Raccontano di come Wish You Were Here sia nata per caso. Un giorno Gilmour stava strimpellando e Waters lo sentì. “Ricordati la melodia, adesso pensiamo al testo.” Così è nata una delle canzone più belle e toccanti della storia della musica. Intorno ad essa è stato creato un album meraviglioso. Per quanto riguarda questo concept, Storm Thorgerson si ispirò a Magritte. Creò così the sales man, l’uomo ritratto sul retro dell’album. Capiamo la sua occupazione dall’abbigliamento, dalla sua valigetta. Ma lui non c’è. È rappresentato dai suoi oggetti. Non è più neanche un essere umano.

 

The Wall

La sala dedicata a The Wall è impressionante. Assomiglia ad un parco a teme dedicato interamente ai Pink Floyd. Ci sono tutti, c’è il Pink, c’è il professore, c’è la giustizia. C’è tutta la narrativa che è stata creata con cura. C’è anche il progetto del tendone in cui sarebbe dovuto avvenire il concerto. Progetto poi abbandonato perché troppo complesso da portare in tour. C’è la storia del maiale gonfiabile che è volato via mentre si facevano le foto per la copertina del disco. Un momento in cui sono stati messi in pericolo diversi aerei che volavano sulla zona.

Andando avanti dentro al MACRO c’è tutta la storia dei Pink Floyd, dalle loro intuizioni più geniali, passando a quelle che sono passate più in sordina. Il viaggio si conclude con The Endless River, il loro ultimo album. Forse non molto apprezzato. Probabilmente guardato con perplessità dagli intenditori. Cronologicamente, però rimane l’ultimo.

Prima però di concludere l’esposizione, c’è un video dell’esibizione dei Pink Floyd al Live 8, mentre cantano Comfortably Numb. Non importa che sia una canzone immensamente triste. Tutte le persone che sono lì, e anche qualcuno che assiste alla mostra, sta cantando come se fosse il più bel messaggio di speranza. Forse è questa la magia della musica dei Pink Floyd, lasciare incantati anche ad un dolore straziante.

 

A cura di B.P.

 

 

 

 

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