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Morti sul lavoro, aziende in crisi, migranti: siamo un Paese bloccato, e la politica (ancora) dorme

 

Un quarto d’ora. Quindici minuti. Tanto è durato il secondo consiglio dei ministri del governo giallorosso Conte bis. All’ordine del giorno: leggi regionali e provvedimenti del testo unico sugli enti locali. Niente nomine di sottosegretari e viceministri. La materia è ancora bollente, gli accordi ancora non ci sono. Tutto slittato, cdm riconvocato questa mattina alle 9.30 per chiudere la partita. Ma senza distribuzione delle nomine, intanto, non si tocca palla. E tutto si ferma nell’attesa.

Non tocca palla il governo. Tant’è che il cdm è durato giusto il tempo per i neoministri di vedersi e sedersi intorno allo stesso tavolo. Per poi salutarsi e tornare all’occupazione principale: riempire le tabelle per la spartizione delle poltrone tra Cinque Stelle e Partito democratico. Il resto, per il momento, non si tocca.

Non tocca palla il Parlamento, dove pure tutto è fermo. Dopo il voto di fiducia del 9 e 10 settembre, sia alla Camera sia al Senato la ripresa dei lavori è prevista per il 17. A Palazzo Madama, quel giorno, sono previste le comunicazioni del presidente, dopo la riunione della conferenza dei capigruppo. A Montecitorio è all’ordine del giorno la ratifica di protocolli di convenzioni e accordi con altri Stati. La questione politica cruciale, l’ultimo voto della riforma costituzionale con il taglio di un terzo dei parlamentari, è rimandata a fine mese. Non prima.

Finché non saranno riempite tutte le caselle di sottosegretari, capi di gabinetto, segretari e membri di commissioni, dovremo aspettarci almeno dieci giorni di vuoto politico. Le tabelle con i nomi vengono aggiornate di ora in ora come una battaglia navale. E il nodo ruota tutto intorno ai Cinque Stelle, con le caselle accanto ai rispettivi ministeri che si riempiono man mano di nuovi nomi di aspiranti sottosegretari. Al Viminale, i candidati “finalisti” grillini, in 24 ore, sono passati da quattro a sette. Alla Cultura da uno a tre. Nel Pd sembrano avere le idee più chiare, ma anche tra i Dem si sposta ancora qualche pedina. Ci sono poi ancora le poltrone contese da un lato e dall’altro, tra economia ed editoria.

Intanto si aspetta. E anche la discussione dei decreti ereditati dal governo gialloverde Conte I sono tutti con il freno a mano tirato. A partire da quel “decreto imprese” approvato “salvo intese” nell’ultimo consiglio dei ministri gialloverde prima della crisi agostana, dove sono state inserite materie scottanti, dall’immunità per l’Ilva ai rider, dalle crisi aziendali ai precari di Anpal. Inviato il 6 agosto in Senato, dovrebbe essere discusso nelle commissioni congiunte Lavoro e Industria (dieci e undici). Ma la Commissione Lavoro è rimasta senza presidente dopo che la Cinque Stelle Nunzia Catalfo è stata promossa a ministra. Quindi la discussione sul decreto potrà entrare nel pieno solo quando sarà individuato un successore di Catalfo, che con molta probabilità dovrebbe essere il senatore Pd Tommaso Nannicini. La nomina potrebbe arrivare già la prossima settimana.

Ma nelle altre commissioni resta il problema della «guerriglia» annunciata dalla Lega. Il Carroccio ha la presidenza di cinque commissioni alla Camera e sei al Senato. Ecco perché anche la revisione del decreto sicurezza bis, secondo le indicazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non sarà una passeggiata. E pure su questo si prende tempo, mentre le navi delle ong che chiedono di sbarcare in Italia restano ferme in mare. Senza che dal Viminale arrivi neanche una risposta davanti alla richiesta di sbarco di una donna incinta al nono mese.

Per il momento, nei Palazzi, rimbomba il vuoto politico. Ma fuori è il caos.

La scuola è cominciata con migliaia di cattedre vuote e il record di supplenze.

Sul lavoro, non si fa altro che applaudire ai numeri per dire che i Cinque Stelle hanno fatto bene – dimenticando che invece andrebbero letti tra le righe (vedi il calo delle ore lavorate) – mentre dai luoghi di lavoro arriva un bollettino di guerra giornaliero. Con gli ultimi quattro operai morti a Pavia, annegati in una vasca di liquami.

E poi c’è tutto l’elenco delle crisi aziendali in corsoAlitalia, per la quale si prospetta il sesto rinvio per la presentazione del piano industriale e la cassa straordinaria. E ancora Ilva, Whirlpool, Almaviva, Blutec, Embraco.

Centinaia di migliaia di lavoratori in attesa che la politica abbassi il freno a mano, studi i dossier e si metta al lavoro. Senza più equilibrismi cromatici, gialloverdi o giallorossi che siano.

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