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Morti e incidenti sul lavoro in aumento nel 2019. I numeri di una strage silenziosa

Nel 2018 sono stati denunciati all’Inail oltre 645.000 infortuni, di cui 1.218 mortali (+6% sul 2017) con una media di oltre 3 morti ogni giorno.

«Troppe vittime di incidenti sul lavoro. Vi chiedo sin d’ora di confrontarci quanto prima, insieme ai ministri competenti, per individuare soluzioni mirate per evitare che continui questa strage silenziosa che considero intollerabile». È l’appello che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha rivolto ai costruttori presenti all’Assemblea dell’Ance, mercoledì scorso.

Nell’ultimo triennio sono stati 3.180 i morti sui luoghi di lavoro in Italia, con una tendenza all’aumento che ha registrato 1.018 vittime nel 2016, 1.029 nel 2017 e 1.133 nel 2018.

E il 2019 sta confermando in maniera preoccupante questo trend in crescita. 

A “sostegno” dell’allarme lanciato dal premier arriva infatti l’ultimo rapporto dell’Inail sugli infortuni sul lavoro (gennaio-settembre). Secondo quanto diffuso dall’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, infatti, nei primi 9 mesi del 2019, le denunce di infortunio presentate all’Inail entro lo scorso settembre sono state 468.698, 227 in più rispetto alle 468.471 dei primi nove mesi del 2018 (+0,05%). Calano invece le denunce di infortuni mortali sul lavoro (-6,5% rispetto al 2018): sono 780, 54 in meno rispetto alle 834 dei primi nove mesi del 2018. Il dato, seppur minimamente rassicurante, è però poco significativo: lo scorso anno si sono verificati due incidenti plurimi con molti morti, tra cui il crollo del ponte Morandi a Genova, che hanno “falsato” la classifica.

“La flessione delle denunce di infortunio mortale – comunque non rassicurante – è legata soprattutto agli ‘incidenti plurimi’, con cui si indicano gli eventi che causano la morte di almeno due lavoratori”, spiega l’Inail in una nota.

Tra gennaio e settembre dello scorso anno, infatti, gli incidenti plurimi hanno causato 67 vittime, contro i 34 morti dello stesso periodo di quest’anno. Oltre la metà di questi 67 decessi è avvenuta nel solo mese di agosto, stravolto dai due incidenti stradali occorsi in Puglia, a Lesina e Foggia, in cui hanno perso la vita 16 braccianti, e dal crollo del ponte Morandi a Genova, con 15 casi mortali denunciati all’Inail.

L’incremento più significativo è legato agli incidenti avvenuti in “in itinere”, verificatisi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro: da 70.180 a 72.199 (+2,9%), mentre quelli “in occasione di Lavoro”, registrano un calo dello 0,4% (da 398.291 a 396.499).

Sono in aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 45.158 (+2,4%): incrementante nettamente nella gestione Industria e servizi, da 34.739 a 36.189 (+4,2%), diminuite in Agricoltura, da 8.831 a 8.505 (-3,7%), e nel Conto Stato, da 513 a 464 (-9,6%)

L’analisi dei dati

I settori più colpiti. Nei primi nove mesi di quest’anno il numero degli infortuni denunciati è diminuito dello 0,3% nella gestione Industria e servizi (dai 373.247 casi del 2018 ai 372.286 del 2019), mentre è aumentato dello 0,2% in Agricoltura (da 24.579 a 24.633) e dell’1,6% nel Conto Stato (da 70.645 a 71.779).

La situazione territorio per territorio. Prendendo in considerazione le diverse regioni italiane, dall’analisi emerge come siano diminuite le denunce di infortunio sul Lavoro nel Nord-Ovest (-0,1%), nel Nord-Est (-0,5%) e al Sud (-0,6%), mentre nel Centro e nelle Isole l’aumento è stato pari, rispettivamente, all’1,3% e allo 0,7%. Tra le regioni che hanno fatto registrare le flessioni percentuali maggiori spiccano il Molise (-6,0%) e la Valle d’Aosta (-2,7%). Gli incrementi più evidenti sono invece quelli della Sardegna (+3,4%) e dell’Umbria (+2,3%).

Il caso Sicilia

In Sicilia, nel solo mese di settembre 2019, sono state registrate 2.020 denunce d’infortunio; erano state 1.857 nello stesso periodo del 2018. A Palermo si è passati dalle 402 denunce del settembre 2018 alle 478 del settembre 2019. L’impennata riguarda anche i casi mortali che in Sicilia, dai 49 del periodo gennaio-settembre 2018, passano ai 56 registrati nello stesso periodo del 2019. A PALERMO i caduti sul lavoro nel periodo gennaio-settembre 2019 sono stati 17; furono 13 nello stesso periodo del 2018. «La situazione – sostiene Michelangelo Ingrassia, presidente comitato consultivo provinciale dell’Inail – è drammatica pure sul fronte delle malattie professionali». Nel territorio regionale, infatti, si e’ passati dalle 1.123 denunce del periodo gennaio-settembre 2018 alle 1.193 nello stesso periodo del 2019; a Palermo i casi di malattia professionale sono pari a 195 per il periodo gennaio-settembre 2019; erano stati 155 nel medesimo periodo del 2018.

Nessuna differenza di genere. Il lieve aumento delle denunce che emerge dal confronto dei primi nove mesi del 2018 e del 2019 è legato esclusivamente alla componente femminile, che registra un +0,4% (da 164.950 a 165.686 denunce), a differenza di quella maschile, in diminuzione dello 0,2% (da 303.521 a 303.012).

Nazionalità. Per i lavoratori extracomunitari si registra un incremento degli infortuni denunciati pari al 4,4% (da 58.414 a 60.957), mentre le denunce dei lavoratori italiani sono in calo dello 0,5% (da 391.392 a 389.280) e quelle dei comunitari dell’1,1% (da 18.662 a 18.449).

Età. Dall’analisi per classi di età emergono aumenti tra gli under 30 (+2,5%) e tra i 50 e 69 anni (+1,8%). In diminuzione del 2,8%, invece, le denunce dei lavoratori della fascia 30-49 anni, nella quale rientra oltre il 40% dei casi registrati.

I casi mortali del 2019

A livello nazionale, dai dati rilevati al 30 settembre di ciascun anno emerge una riduzione di 36 denunce per i casi mortali occorsi “in itinere” (da 253 a 217) e di 18 per quelli avvenuti “in occasione di lavoro” (da 581 a 563). Il decremento ha interessato tutte le gestioni, a partire dall’Industria e servizi, con 45 denunce in meno (DA 715 a 670), seguita dall’Agricoltura, con cinque casi in meno (DA 105 a 100 casi), e dal Conto Stato, con quattro decessi in meno (DA 14 a 10). L’analisi territoriale mostra una diminuzione delle denunce di infortuni con esito mortale nel Nord-Ovest (DA 223 a 199), nel Nord-Est (DA 211 a 184) e al Sud (DA 179 a 168), e un aumento nel Centro (DA 156 a 161) e nelle Isole (DA 65 a 68). A livello regionale spiccano i decrementi rilevati in Liguria e Veneto (-21 casi mortali denunciati per entrambe) e gli incrementi nel Lazio (+12) e nella provincia autonoma di Bolzano (+10). L’analisi di genere, nel confronto tra i primi nove mesi del 2019 e del 2018, mostra un andamento decrescente per entrambi i sessi: 43 casi mortali in meno per gli uomini (DA 760 a 717) e 11 in meno per le donne (DA 74 a 63). Segno meno anche per le denunce di infortunio con esito mortale dei lavoratori italiani (DA 698 a 637) ed extracomunitari (DA 97 a 96), mentre tra i comunitari si registrano otto casi in più (DA 39 a 47). L’analisi per classi di età mostra flessioni tra gli under 20 (-6 decessi), nella fascia 30-44 anni (-29) e in quella 55-69 anni (-73), a fronte di due morti in più per i lavoratori tra i 20-29 anni e di 55 in più per quelli tra i 45 e i 54 anni

Le denunce di malattia professionale

Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi nove mesi di quest’anno sono state 45.158, 1.075 in più rispetto allo stesso periodo del 2018 (+2,4%). . A livello territoriale, l’aumento ha riguardato il Nord-Est (+0,9%), il Centro (+2,1%), il Sud (+2,9%) e le Isole (+11,4%). Il Nord-Ovest, invece, si distingue con un calo pari al 2,1%. In ottica di genere le denunce di malattia professionale sono state 415 in più per le lavoratrici, da 11.821 a 12.236 (+3,5%), e 660 in più per i lavoratori, da 32.262 a 32.922 (+2,0%). In crescita sia le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 41.237 a 42.037 (+1,9%), sia quelle dei comunitari, da 910 a 1.051 (+15,5%), ed extracomunitari, da 1.936 a 2.070 (+6,9%). Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (27.899 casi), del sistema nervoso (4.891, con una prevalenza della sindrome del tunnel carpale) e dell’orecchio (3.155) continuano a rappresentare le prime tre malattie professionali denunciate, seguite da quelle del sistema respiratorio (2.015) e dai tumori (1.786). Le denunce di malattie di origine professionale legate ai disturbi psichici e comportamentali e di quelle della cute e del tessuto sottocutaneo sono più di 300, mentre i casi di patologie del sistema circolatorio sono 187.

I dati del 2018

Nel 2018 sono stati denunciati all’Inail oltre 645.000 infortuni, di cui 1.218 mortali (+6% sul 2017) con una media di oltre 3 morti ogni giorno.

Insomma una vera e propria piaga che non sembra trovare cura. Gli oltre 700 decessi dall’inizio dell’anno hanno contribuito in maniera decisa a raggiungere l’incredibile cifra di 20.000 lavoratori defunti negli ultimi 10 anni. Quindi, no, non continuiamo a chiamarle “morti bianche”. La situazione è nera, e di bianco c’è solo il lenzuolo che avvolge le vittime.

L’iniziativa di Marco Bazzoni

L’ultima vittima in ordine di tempo è stato un agricoltore di 32 anni travolto nel cuneese da un macchinario per la raccolta dei fagioli sul terreno di un’azienda di famiglia. Un altra, l’ennesima. La trecentotrentaudesima (332! Non considerando le morti in itinere) da gennaio. Un giovane con la sua vita, il suo futuro spezzato, la sua dignità. Trecentotrentadue persone che non possono e non devono finire nel dimenticatoio. Da questo assunto è partito Marco Bazzoni, un operaio metalmeccanico di Firenze e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell’azienda in cui lavora, che ha deciso di dare voce e un nome a tutti coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro, raccogliendo tutte le loro storie. Come ricorda lo stesso operaio toscano «non si tratta di numeri di una statistica, ma di persone». «Il termine “morti bianche” – spiega Bazzoni – umilia, sminuisce le tante, troppe morti sul lavoro, quasi non ci fossero mai dei responsabili. Ma questi eccome se ci sono e molto spesso sono più di uno. Per questo, le morti sul lavoro non sono mai “morti bianche”, ma dipendono dall’avidità di chi si rifiuta di rispettare anche le minime norme per la sicurezza sul lavoro. È anche partendo dal linguaggio che si combatte una battaglia per una maggiore sicurezza sul lavoro». E così a questo indirizzo marco.bazzoni01@libero.it è possibile inviare nominativo, azienda, qualifica e città della vittima. Qui l’elenco aggiornato.

Siamo di fronte ad una strage silenziosa, come più volte è stato ricordato anche in occasione della 69/a edizione della giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro promossa dall’Anmil, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, a metà ottobre. Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha evidenziato come ancora “tanto resta da fare per colmare lacune, contrastare inerzie e illegalità, per sconfiggere opportunismi”. Ed è necessaria “Una corretta attività di vigilanza cui devono essere assicurate le risorse necessarie”.

Una sonora tirata d’orecchie a legislatore e politica.

“Serve – ha proseguito Mattarella – un’azione continua, rigorosa, di prevenzione. L’applicazione e il rispetto delle norme”. La sicurezza di chi lavora non solo è “una priorità sociale” ma è anche, ha sottolineato Mattarella, “uno dei fattori più rilevanti per la qualità della nostra convivenza. Non possiamo accettare passivamente le tragedie che continuiamo ad avere di fronte”.
Secondo sindacati, le morti bianche sono causate anche dal calo dei controlli sul rispetto delle norme di sicurezza nelle aziende. In questa direzione va anche la critica del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, secondo cui «sul posto di lavoro si continua ancora a morire come negli anni Settanta». Si potrebbe piuttosto istituire una «patente a punti per le imprese così come esiste una patente a punti per chi guida». «Se la mia impresa – chiarisce Landini – è una impresa in cui ci sono tanti infortuni e non la miglioro ci deve essere un elemento di punteggio che mi porti anche a non esser in grado di partecipare ad un appalto e lavorare». «I numeri sono drammatici, stiamo parlando quasi di una strage. Negli ultimi 12 anni – ha argomentato – se si considerano anche le persone che sono morte mentre andavano al lavoro o tornavano a casa dal lavoro stiamo parlando di circa 17.000 persone che sono morte nel nostro Paese: stiamo parlando di una strage non di una sfortuna», ha concluso Landini.
Servono, insomma, degli interventi urgenti e immediati per arginare il fenomeno. Il Piano strategico per la prevenzione di infortuni e malattie professionali’, cui ha fatto seguito la convocazione di un tavolo di confronto tra ministero del lavoro, ministero della salute e parti sociali, è senza dubbio un primo passo che però deve essere seguito da azioni concrete ed incisive. Il neo ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha ribadito più volte il proprio impegno per sanare al più presto questa ferita e ha annunciato che sarà avviato il coordinamento delle banche dati sulla sicurezza e attivato una sorta di rating per privilegiare e selezionare le imprese più virtuose nell’accesso ad appalti e commesse pubbliche.

Da quanto appena esposto emerge una questione incontrovertibile. I dati apparentemente incoraggianti mostrano in realtà un’altra faccia della medaglia. In Italia si investe poco e male in materia di sicurezza sul lavoro, mentre ci sia accontenta di titoloni da prima pagina e denunce presentate solo in occasione di incidenti gravi.

Il tasto dolente è senza dubbio quello legato alla prevenzione e ai controlli di Asl e ispettori del ministero che sono dimezzati e sotto dimensionati. Non è accettabile che un Paese sviluppato che fa del lavoro la sua bandiera, tanto da cristallizzarlo tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, all’articolo 1, accetti che nel 2019 si possa ancora morire di Lavoro. Manca una cultura della sicurezza, della prevenzione e della tutela della vita. Si dovrebbe restituire dignità alla figura del lavoratore, i cui diritti oggi sono svuotati a tal punto che sono disposti ad accettare condizioni professionali peggiori, a volte anche tanto rischiose quanto pericolose. Faccio mie quindi le parole del presidente del Senato Elisabetta Casellati: «Il grado di civiltà e di sviluppo di un Paese si giudica anche dalle politiche che vengono adottate per il Lavoro. Investire sulla sicurezza dei lavoratori è un’esigenza sociale ed etica ma anche una misura per aumentare la competitività del sistema-Paese».
A cura di Giovanni Cioffi
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