Da fuori, nel buio, sembra una minuscola libreria chiusa, ma l’indirizzo è quello: se suoni con circospezione e aspetti pazientemente, ad un certo punto si materializza un signore alto, tutto vestito di nero. Ti guarda e sta in silenzio fino a che tu non dici la parola d’ordine, che cambia ogni settimana. «Il monello», «la rivincita», e così via. Se la azzecchi, sei ammesso: la finta libreria si apre – è una porta in realtà, una sorta di doppio fondo. Scendi di un piano e entri in un piccolo bar «clandestino» e nascosto che in tempo di Covid tiene aperto fino a tarda notte in barba alle regole e ai divieti, richiamando decine di avventori. In zona arancione, col buio, dentro c’era parecchia gente seduta ai tavolini che beveva drink e cocktail e chiacchierava (ovviamente senza mascherina) e in «arancione rinforzato» è cambiato poco.
Lo spettacolo era uguale. Al piano inferiore, quello ancora più segreto, c’era pure una piccola bisca. Da una ennesima parete (finta?) si sentiva musica altissima – ma lì dietro non era dato accedere. Bocche cucite. Siamo in zona Isola, dietro a piazza Archinto dove dopo le 18 c’è sempre un sacco di gente. «Le scuole della città, luoghi controllati dove si insegna tra l’altro il rispetto delle regole, vengono chiuse senza evidenza scientifica che siano luogo di contagio. Bambini e ragazzi restano a casa a fare lezione ma al pomeriggio la gente si sfoga. Luoghi così, all’aperto e al chiuso, si tollerano? Tutti nel quartiere sanno che ci sono, e non è per fare la caccia alle streghe, è solo per evidenziare le contraddizioni di questa situazione. Siamo al paradosso», protesta Filomena Scotti, mamma, residente e imprenditrice. Quello clandestino dell’Isola non è l’unico locale di questo tipo: ce ne sono uno in zona Ripamonti e uno a Città Studi.